Vincenzo Buccheri nel libro “Lo stile cinematografico” ripercorre e analizza l’evoluzione di diversi stili del cinema tradizionalmente identificati dai più importanti teorici del settore. Il termine “stile” viene introdotto come un “concetto ombrello”, diffuso sin dal Medioevo, al quale vengono attribuiti diversi significati e al quale si fa riferimento in vari ambiti: letteratura, storia dell’arte, sociologia, antropologia, sport e moda. In particolare, con stile cinematografico si intende “un processo organico che coinvolge tutti i codici e i modi della significazione, dunque non solo la “veste visuale” del film ma anche la sua struttura narrativa … tempo del racconto, modo di far muovere i personaggi, di articolare i punti di vista, di modulare la comunicazione con lo spettatore….”. Secondo l’autore vi sarebbe l’intenzione di riportare il concetto di stile sotto i riflettori nell’ambito della teoria del cinema e proprio all’interno di quest’ultimo vengono evidenziati i quattro principali filoni di ricerca sull’oggetto dell’analisi: il primo è quello delle teorie classiche, che parte dalla domanda “che cos’è il cinema?” e si focalizza sui caratteri formali del cinema; il secondo è quello del formalismo e neoformalismo, che si concentra prevalentemente sulla narratività; il terzo è l’approccio semiotico e il quarto l’approccio sociologico e storiografico che si apre a una visione pragmatica. Vengono poi illustrati alcuni suggerimenti per analizzare lo stile cinematografico con un metodo che tiene in considerazione il contesto storico e culturale. In questa prospettiva l’indagine dovrebbe infatti essere sistemica, integrata, consapevole del contesto di un film, e sintomatologica. Il libro si sofferma su due principali stili cinematografici: quello classico e quello moderno con l’intenzione di fondo di evitare “di ricondurre uno stile a una precisa fase della storia del cinema”. Mentre in generale si considera classico un film con “la pellicola datata, un’atmosfera sofisticata e glamour, appassionanti storie di genere interpretate da grandi divi”, per gli storici del cinema è classico “il cinema della Golden Age, dello studio-system e soprattutto della presenza di uno stile standard”. Il dibattito dei teorici sullo stile classico si è manifestato sulla scia di tre principali interpretazioni: una materialista-formalista, una semio-psicanaltica e infine una culturalista-mediologica. L’idea dell’autore, tuttavia, è che la tradizionale “categoria monolitica” di classico dovrebbe essere ripensata, dato che più che descrivere uno stile, sembra delineare le dinamiche della maggior parte dei film di narrazione proponendosi come una “definizione meta storica”. Focalizzando l’attenzione su alcuni film, viene esaminato lo stile moderno diffusosi tra gli anni cinquanta e sessanta in Francia e in Italia. Se “il “classico” è la forma del passato (organica, armonica, equilibrata, immobile…) … il “moderno” è la forma del presente (dinamica, aperta, squilibrata …)”. Quest’ultimo appare contraddistinto da autoriflessività, tensione verso il reale, polistilismo da considerare come sistema e che si propone anche come una forma culturale, un’ideologia. Intrigante il focus posto da Buccheri sul ruolo della recitazione all’interno della Nouvelle Vague, ossia di come questo elemento possa influenzare lo stile moderno: l’idea avanzata sembra essere quella di un rapporto diretto tra la regia e una recitazione che prende “sul vivo i personaggi”.
L’analisi effettuata nel volume parte dalla considerazione di stile in quanto “schema conoscitivo”, “politica della rappresentazione”, e “formazione discorsiva” in grado di dialogare con la società e allo stesso tempo tiene in considerazione non solo gli strumenti utilizzati per realizzarlo, ma anche il contesto socio culturale all’interno del quale si articola.

Lo stile cinematografico
Vincenzo Buccheri
Carrocci Editore 17,00€
ISBN: 9788843054930