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Della 12. Biennale di Architettura di Venezia, in corso dal 29 agosto al 21 novembre 2010, il titolo è di certo efficacemente suggestivo: People meet in Architecture, denso di significati perché molteplici sono i modi in cui si declina il rapporto tra gente e architettura. Ma lo scenario in cui questo tema viene sviscerato è una bolla magica di città, la cui architettura è protagonista, catalizzatore o repulsore della vita comunitaria. Modello ideale di città storica e concentrata, che astrae da quei tratti tipici del vivere urbano contemporaneo: primo fra tutti l’automobile.
Cosa accade invece fuori dall’eccezionalità urbana di Venezia? Come si intreccia e si trasforma il rapporto tra comunità e architettura, tra vita e luoghi urbani fuori dalla città storica, in quello che è oggi il cuore pulsante del quotidiano?
È a partire da questi presupposti che prende vita “Provincia Italiana”, una delle attività collaterali della 12. Biennale di Architettura di Venezia. Proprio nella provincia, in tre province venete, quelle di Padova, Treviso e Vicenza, la Biennale andrà a “infiltrarsi” per indagare questo rapporto. Attività che si presenta oggi come necessaria, per dare un immaginario alla provincia che esuli dalla retorica di periferia culturale tanto quanto da quella di sobborgo omologante, al fine di prendere coscienza dello stato attuale e di accompagnare con spirito critico le trasformazioni urbane in corso. Provincia Italiana – promosso da C4 – Centro Cultura Contemporaneo Caldogno, ideato e organizzato da Fuoribiennale in collaborazione con Centro Studi Usine e curato dal team CulturAli composto da Flavio Albanese, Pier Luigi Sacco, Cristiano Seganfreddo, Catterina Seia – si definisce a questo proposito come “Laboratorio di Ripensamento territoriale”. Laboratorio proprio perché propone per tre mesi, dal 2 settembre al 19 novembre 2010, un programma di incontri, workshop, talk, conferenze, convegni e riflessioni, nei quali si discuteranno ed elaboreranno idee e visioni che rivedano il territorio nella sua attualità.
La provincia, veneta e non solo, corrisponde al territorio della città diffusa, città infinita, città mobile, città diramata; ora miraggio di una metropoli policentrica. È portatrice in questo senso di fenomeni urbani, più e meno emergenti, in cui si sono intrecciate dinamiche dal basso e interessi economici sovranazionali. Realtà territoriali che, per essere comprese e rappresentate, richiedono nuovi paradigmi e un nuovo linguaggio, da negoziare tra architetti, urbanisti e comunità, amministratori locali, attori politici. Perché questa nuova città non continui a disperdersi secondo spinte centrifughe e individuali, c’è bisogno che i suoi molteplici protagonisti si coordinino e condividano un lessico insediativo comune e una stessa immagine di provincia. È questo un ambizioso, ma anche concreto, obiettivo di Provincia Italiana: quello di offrire un modello operativo per le amministrazioni. Il progetto rappresenta il territorio delle quattro province come una rete di centri urbani, di ciascuno dei quali valorizza l’identità specifica, ma che accomuna entro una riflessione condivisa sul proprio abitare, con l’intento dichiarato di “definire le linee guida di una piattaforma comune”.
Anche in questo sta il carattere sperimentale dell’iniziativa, che tenta di integrare diverse scale, comunale intercomunale e provinciale, e diversi comparti del territorio – cultura politica e cittadinanza. In questo intreccio avranno un ruolo chiave le personalità del mondo della cultura, dell’arte, dell’architettura e dell’economia invitate a stimolare il pubblico nel pensare il proprio futuro urbano, tra i quali l’architetto Flavio Albanese, Giandomenico Amendola, ordinario di Sociologia urbana, Massimiliano Bucchi, sociologo della scienza, Riccardo Marini, design city leader di Edimburgo, Franco Zagari, architetto paesaggista.
Un’iniziativa promettente, dunque, anche per il concetto più ampio e poliedrico con cui parla e pensa il territorio: il programma di attività tratterà non solo le trasformazioni urbane e il paesaggio, ma anche il tema della creatività e quello della cultura e dell’arte, quello dell’innovazione e della sostenibilità sociale. Per esempio, le Gallerie di Palazzo Leone Montanari, sede museale di Intesa Sanpaolo di Vicenza, realizzeranno il seminario “I poli museali del Nord Est: verso la candidatura a Capitale Europea della Cultura 2019” tenuto da Guido Guerzoni, docente Università Bocconi e Roberto Daneo, ideatore del progetto Expo 2015. A Schio, in provincia di Vicenza, un complesso di archeologia industriale unico al mondo, che ha deciso di re-inventare il proprio passato industriale, ospiterà tre incontri sui temi del Place making, dell’Innovation Cluster e del progetto Ruhr Capitale Europea della Cultura 2010.
Oltre a complessi di archeologia industriale e fabbriche dismesse, anche ville palladiane e centri storici: i luoghi che faranno da scenario al calendario di incontri sono in questo senso interpretabili come occasioni in cui il pubblico si incontra nell’architettura. Ne può risultare valorizzato il patrimonio storico-architettonico, riattualizzandolo con un uso contemporaneo.
Tentando di connettere presente e passato architettonico e sociale, i temi sono stati pensati con le amministrazioni locali in base alle peculiarità dei luoghi partecipanti al progetto: i comuni di Vicenza, Bassano del Grappa, Caldogno, Montorso Vicentino, Schio e Valdagno per la provincia di Vicenza; Possagno nel trevigiano; i comuni padovani aderenti all’Unione del Camposampierese; mentre la provincia di Venezia patrocina l’iniziativa. Per esempio a Montorso Vicentino, che grazie a Villa da Porto e grazie al legame con la figura di Luigi da Porto, autore della prima versione inedita della storia di Romeo e Giulietta, si sta affermando come città delle attività performative e della scrittura, verrà realizzato un workshop sulla scrittura contemporanea.
Altro aspetto interessante di Provincia Italiana è la proposta di consegnare un lascito ai luoghi coinvolti, sotto varie forme: progetti preliminari e documenti, attraverso i workshop; idee e relazioni, durante gli incontri pubblici; buone pratiche e tavoli di concertazione per la pubblica amministrazione e le associazioni locali. Dunque un passo avanti per la Biennale, o meglio un passo nell’entroterra e nel quotidiano, per tramutarsi da evento, seppur straordinario, temporaneo, a piattaforma radicata nel territorio che possa attivare processi sul lungo periodo, che si protraggano anche sui due anni che separano una edizione dalla successiva.