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Intervista a Paola Sobrero – direttrice dell’Istituto Cultura di Savignano
Savignano Immagini è il rinnovato percorso che la Città di Savignano sul Rubicone intende intraprendere indagando la fotografia quale linguaggio connaturato alle espressioni e necessità della nostra contemporaneità.
Percorso d’arte fra le arti, ma anche di relazione e di incontro, di conoscenza e di esperienza, di consapevolezza e sentimento, è la volontà di costruire un’identità intorno alla fotografia che da diciannove anni si ritrova e si riconosce nei luoghi e nei tempi della città, respira il clima conviviale del settembrino Si Fest Savignano Immagini Festival che diviene ogni anno una fucina dove idee, gusti, opinioni si fondono e si confondono.
Quest’anno l’evento si terrà dal 10 al 12 settembre nella ormai celebre cornice romagnola di Savignano. Per l’occasione, Daniele Federico ha intervistato la direttrice del’Istituto Cultura di Savignano, Paola Sobrero, responsabile inoltre dell’organizzazione del SIFest che segue dalla sua nascita, nel 2001.
Prima di tutto proviamo a fare un po’ di chiarezza attorno al SI Fest e Savignano Immagini. Qual è la differenza tra i due marchi?
Savignano Immagini è il contenitore più ampio. Sono diversi anni che la fotografia è presente fra le attività del nostro comune con una certa continuità anche se con intensità diverse. Il SI Fest per noi rappresenta l’impegno collettivo, l’appuntamento centrale. Iniziammo quasi vent’anni fa con una prima collaborazione tra i nostri servizi culturali e il circolo fotografico locale che ha avuto sempre una certa grinta: persone molto attive, che nel tempo si sono anche affermate professionalmente. Credo che la nostra forza sia stata questa continuità a fronte di risorse non sempre adeguate. Ci sono stati periodi in cui il festival ha avuto più forza e visibilità, come periodi in cui le attività durante l’anno e al di fuori del festival sono cresciute enormemente. Ad esempio le collaborazioni e i lavori da noi prodotti insieme a fotografi di rilievo internazionale. Molti progetti sono stati pensati con l’attenzione al territorio e la comunità, collaborando con l’università di Bologna. Altri partner sono stati le agenzie fotografiche e le istituzioni culturali come la nostra. In questi quasi vent’anni abbiamo raccolto un patrimonio di cui probabilmente neppure noi stessi ci rendiamo conto. Un archivio notevole.
Quest’anno il festival non ha un direttore, artistico, bensì un Comitato organizzativo. Come siete giunti a questa decisione?
Noi, come festival, siamo stati tra i primi, con le letture dei portfolio, a costruire un rapporto stretto tra fotografi e pubblico. In passato una manifestazione come Portfolio in Piazza era molto meno diffusa. Qui si è conservato un aspetto vicino al pubblico, amatoriale in senso buono. Se pensiamo al panorama italiano, abbiamo festival come quello di Roma, molto più recente e Reggio Emilia sulla fotografia europea. Per il resto non credo che ci siano altri esempi particolarmente rilevanti e nello stesso tempo longevi come è il SI Fest. Qualche anno fa siamo riusciti a uscire dai confini locali e a far conoscere la manifestazione al di fuori del nostro paese. Lo abbiamo reso possibile grazie alle edizioni curate da Franco Colombo, Mario Cresci, Denis Curti e Laura Serani. Oggi abbiamo scelto di riprendere, noi che ci lavoriamo da sempre, la direzione totale del festival. Ci siamo resi conto, che avevamo maturato delle collaborazioni e una maturità tali da non dover ricorrere a un’altra personalità che in ogni caso esprime un proprio sguardo.
Sempre riprendendo alla presenza di un Comitato organizzativo, anziché un Direttore. Come sono state effettuate le scelte curatoriali e il tema di quest’anno?
Sicuramente hanno influito quella serie di collaborazioni e conoscenze da noi cementate negli anni. Un’influenza determinante, poi, l’hanno avuta i nostri colleghi dell’università che hanno deciso di concentrarsi sulla fotografia giovane ma con uno sguardo internazionale. Abbiamo avuto le edizioni del 2007 e del 2008, in cui scegliendo la direzione artistica di Laura Serani abbiamo voluto allargarci al panorama internazionale. E poi non bisogna nascondere che nel far fronte a una situazione economica e di risorse umane considerevolmente più carenti, abbiamo fatto di necessità virtù. Fino a due anni fa ci potevamo permettere di fare delle scelte anche più costose. Per fortuna la nostra storia ci ha reso abbastanza conosciuti e riconosciuti da una platea internazionale così da poter mantenere un alto standard curatoriale e muoverci con le nostre gambe. Certo le difficoltà ci sono e c’è chi decide di partecipare con noi in modo quasi gratuito.
Quindi la selezione degli allestimenti è stata collegiale o ci sono alcuni fra lo staff che hanno dato un’impronta più significativa a questo festival?
Il fatto che nel Comitato ci siano dei docenti universitari con un rapporto costante con la fotografia e uno sguardo molto ampio ha fatto sì che fossero loro a occuparsi delle proposte principali. Abbiamo fotografi da tutto il mondo. Siamo certi di portare un’ulteriore conoscenza, cose non viste e che spingono alla riflessione, a stimolare nuove idee. Chi viene al nostro festival deve poter cogliere qualcosa di utile. È il solo modo che conosciamo per crescere forti.
Sappiamo dei tagli economici alla cultura. Sembra di raccontarci la stessa storia ogni anno ma stavolta la situazione si è fatta parecchio più complessa. Come è stato strutturato il budget rispetto agli anni passati?
Abbiamo sempre avuto una partecipazione molto consistente del Comune fin dalla primissime edizioni. La cosa positiva è che nell’avvicendarsi delle varie amministrazioni politiche la città ha sempre creduto in questa manifestazione. E non sto parlando soltanto del ritorno d’immagine dato al Comune di Savignano, ma anche nel ruolo di ricerca e intervento sul territorio che la fotografia è in grado di dare. Purtroppo a questo punto mi sembra che una collaborazione a livello istituzionale sia praticamente indispensabile dal momento in cui viviamo questo territorio che è la Romagna con una suo statuto. Non solo, da noi ogni comune vuole fare da solo, non siamo mai riusciti ad avere un momento unitario, cosa che avviene altrove. È vero che siamo andati avanti con gli aiuti della provincia e della regione, ma sostanzialmente è il Comune di Savignano che in prima istanza ci ha sempre appoggiato. Altra cosa degli ultimi anni, e in ritardo rispetto a regioni come Piemonte, Lombardia o Veneto: le imprese stanno sviluppando una sensibilità verso la cultura e non solo dei grossi eventi. I Comuni non possono più affrontare da soli questo aggravio. Fatto inedito: quest’anno l’apporto dei privati è nettamente superiore a quello del pubblico. Direi che questo è fondamentale nel cambiamento in corso. Il legame tra pubblico e privato di Savignano Immagini si fa ancora più stretto se consideriamo che l’organizzazione del SI Fest è sempre stata pubblica. Forse il fatto che quest’anno abbiamo toccato con mano come questi rapporti siano completamente cambiati ci sta portando a modificare le nostre scelte.
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