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Pochi giorni fa Palazzo Marino ha bloccato il lancio promozionale della mostra milanese di Maurizio Cattelan a Palazzo Reale: il logo del Comune accanto all’immagine di Adolf Hitler genuflesso in preghiera, una delle opere più famose di Cattelan, avrebbe potuto urtare la sensibilità della comunità ebraica, prevalendo sul messaggio sarcastico del pentimento di Hitler.
Contro le ideologie è stata oggetto di polemica fin dalla progettazione. A cominciare da maggio, quando arrivarono le prime anticipazioni sulle opere in esposizione: oltre alla nota scultura del dito medio alzato, pensata per piazza Affari, era stata annunciata una personale con una decina di opere. Alla fine a Palazzo Reale ne saranno in mostra solo tre: La Nona ora (1999), Il tamburino (2003) e La donna crocifissa (2008).
Non è la prima “provocazione” dell’artista veneto; nel 2004, in piazza XXIV Maggio a Milano aveva esposto i fantocci di tre bambini impiccati, rimossi dopo qualche ora da un cittadino.
Allora come oggi l’Italia si dimostra un paese alquanto “bigotto” nei confronti dell’arte contemporanea, una nazione che, in modo discutibile, si scandalizza davanti a soluzioni artistiche non nuove. La polemica è assicurata nel caso del tema della crocifissione, come per La donna crocifissa, opera nella quale Cattelan rappresenta una donna crocifissa con la schiena rivolta verso il pubblico, all’interno di una cassa di legno. Il sistema dell’arte italiano si era scagliato anche contro Zuerst die Füße (Prima i piedi), opera dell’artista tedesco Martin Kippenberger, esposta presso il Museion, il museo d’arte contemporanea di Bolzano, nato nel 2008. La scultura rappresenta una rana crocifissa, che stringe nella mano destra un boccale di birra e nella mano sinistra un uovo, espressione di una società ipocrita, nella quale l’uomo è ridotto ad animale che beve fino all’abbrutimento e non riesce a liberarsi dalla croce dell’alcool. Non diverso il caso dell’immagine definita “vergognosa” della Madonna del Terzo Reich di Giuseppe Veneziano, esposta quest’anno a Pietrasanta, citazione della Piccola Madonna Cowper, rivisitata con Hitler al posto di Gesù, oggetto di decisa condanna, anche da parte di associazioni partigiane oltre che di autorità religiose.
Per la mostra di Cattelan differente è la posizione dell’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Massimiliano Finazzer Flory, che ha sempre sostenuto le scelte delle opere dell’artista, poiché “il ruolo dell’arte contemporanea è quello di rompere l’ovvietà dello spazio urbano e uccidere i nostri pregiudizi”. Opinione sostanzialmente condivisa da Franco Giulio Brambilla, vicario episcopale per la Cultura della diocesi di Milano, che vede nella statua del Papa un lavoro spirituale che parla di sofferenza, la nona ora di Cristo sulla croce.
Cattelan seleziona il “trittico perfetto” per raccontare la sua famiglia, dove “il padre fa il Papa, la madre sostituisce il figlio in croce e il figlio non riesce a comunicare se non battendo il tamburo”.
In La Nona ora la statua di Papa Wojtyla appare colpita da un meteorite, modo “mitologico” per abbattere la figura paterna. Montato sul cornicione della sala delle Cariatidi compare Il tamburino, una figura che c’è e non c’è, il punto di vista esterno e sospeso, che è quello dell’autore. Ne La donna crocifissa, infine, l’artista vede la madre: la donna non è più immagine della bellezza né raffigurazione della Madonna, ma sofferenza.
L’interrogativo rimane ancora lo stesso: genio o provocazione? Se i manichini impiccati del 2004 furono travolti da polemiche non per la reale dimensione artistica dell’opera, ma grazie ad alcuni opinionisti che si catapultarono sulla notizia, questa volta, quando “l’opera andrà in scena”, se ne sarà parlato a tal punto da chiedersi perché tanto rumore per nulla. E si creerà ancora confusione, pensando a Cattelan come artista o come pubblicitario di se stesso.