Intervista a Francesco Florenzano – Presidente UPTER
Prof. Florenzano, l’Upter ha da poco presentato “Invita un docente a casa tua” , un’iniziativa che permette di ospitare gratuitamente un docente Upter in casa per farlo incontrare ai propri amici per dibattere e approfondire diverse tematiche. Come è possibile partecipare e quali sono le principali tematiche che si possono affrontare durante l’incontro?
I temi affrontati durante gli incontri di “Invita un docente a casa tua” possono essere di tutti i tipi, tanti quanti quelli che hanno a che fare con la conoscenza, il sapere e la curiosità delle singole persone: si va quindi dalle tematiche storiche, artistiche a quelle riguardanti la scienza, la tecnica, le lingue e le culture straniere. In questa prima fase, sperimentale, gli incontri avranno carattere gratuito in modo da poter verificare se si riesce ad abbattere il muro di diffidenza che di solito si erge nel fare entrare una persona sconosciuta in casa propria. Di certo possiamo contare sull’affidabilità del nome UPTER che dà comunque una garanzia di alta qualità. Per prendere parte al progetto, chiediamo ai partecipanti di invitare amici, amiche, vicini, in modo da essere un gruppo di almeno 10 persone, e di offrire un piccolo rinfresco per rendere il tutto anche più informale. La nostra filosofia di apprendimento si basa infatti sull’imparare senza faticare, con gioia e armonia.

Fornite un supporto didattico durante l’incontro? Sono previsti dei materiali cartacei o grafici che possono aiutare la memorizzazione dei concetti?
Non avendo gli incontri valore di continuità nella stessa casa, non possiamo programmare veri e propri materiali didattici. Nel momento in cui viene richiesta la lezione a domicilio comunque, se così possiamo chiamarla, il docente incaricato porta in casa alcuni supporti didattici quali schemi o slide che possono aiutare i presenti a seguire il filo del discorso. Nel caso della storia dell’arte, ad esempio, il nostro docente ha sempre del materiale con sé, le lezioni vengono accompagnate da immagini di opere, che vengono mostrate e commentate. Inoltre siamo avvantaggiati e, paradossalmente, più attrezzati nelle case private che nelle aule perché in genere vi è più tecnologia rispetto alle sedi scolastiche. Basta portare un cavo o una memoria esterna per avere bellissime immagini riprodotte su un televisore al plasma, cosa che nelle aule non è pensabile.

Un po’ come dire: “Se le persone non approfondiscono, l’approfondimento va in casa delle persone”.
Questa è la differenza sostanziale che contraddistingue il nostro metodo d’insegnamento e, in particolare, questa iniziativa.

Crede che ci sia una carenza di approfondimento e di studio nella società contemporanea? Se sì, da che cosa è dovuta?
C’è un’accentuazione della carenza nell’approfondimento. Da quando abbiamo facilità di accesso all’informazione, abbiamo anche un accesso non controllato e superficiale verso l’informazione stessa. Le persone si informano attraverso internet, motori di ricerca, enciclopedie condivise non scientifiche, prendendo per buono tutto quello che viene scritto o detto, anche in tv. La televisione, in origine, è stata sicuramente un mezzo educativo: pensiamo al programma “Non è mai troppo tardi”, che fece prendere la licenza elementare a molti italiani. Oggi, invece, la televisione non possiede più quel ruolo, anzi, è diventata diseducativa per alcuni versi, portando avanti dei modelli che rasentano il degrado. Negli ultimi 50 anni, poi, non si imparano più le lingue e l’italiano stesso viene trascurato o insegnato malissimo: tante ore di lingue straniere a scuola con il risultato che quando su un curriculum si scrive “conoscenza dell’inglese – scolastica” sta a significare che quella lingua praticamente non la si conosce. Tutti lo sanno e nessuno fa nulla. Questo spiega, in parte, anche il successo che hanno gli insegnamenti delle lingue straniere fuori dalla scuola, in centri specializzati.

Lei si occupa da anni di formazione, apprendimento e inclusione sociale, anche per la terza età.  Ci sono differenze tra la formazione dei giovani e quella per la terza età?
La differenza sta nel fatto che con un giovane si può anche essere sostanzialmente meno preparati ma bisogna essere più attenti alle esigenze di quella generazione. Con gli adulti e gli anziani, invece, non puoi permetterti di sbagliare e bisogna aver raggiunto un approfondimento tale da riuscire a fronteggiare qualsiasi domanda. Il successo dei corsi dell’Università popolare in genere, sta poi anche nel fatto che i docenti non sono dei professori universitari: questa prerogativa, apparentemente insignificante, fa sì che non si venga a creare quella distanza timorosa, sentita da parte dei più giovani soprattutto, che ostacola un apprendimento sereno e spensierato.

Molte sono oggi le polemiche che riguardano il sistema scolastico, primario e universitario e agli insegnanti viene reclamata la scarsa passione, dovuta spesso all’insoddisfazione per la precarietà della loro posizione. Secondo lei,  quali caratteristiche dovrebbe avere un buon docente e quali sono i consigli che si sente di dare ad un giovane che ha voglia intraprendere questa professione?
Occorre dire che la quantità di insegnanti che ci sono oggi in Italia è molto alta e il sistema scuola è organizzato molto male. L’insoddisfazione odierna degli insegnanti inoltre, è data in parte dalla precarietà, ma credo anche sia dovuta ad errori che non si possono far ricadere esclusivamente sulla classe politica dirigente, qualunque essa sia. Da parte degli insegnanti c’è innanzitutto una riluttanza all’essere sottoposti a giudizio che, a mio parere, è molto negativa. L’insegnante deve essere lodato ma anche ripreso, spronato al confronto, non dai genitori, ma in primo luogo dai colleghi che hanno dei metodi diversi di insegnamento. Questo nella scuola italiana non avviene, semplicemente perché non si entra nella professione per merito, ma solo in base a dei punteggi stilati sulla base di graduatorie burocratiche. La demotivazione viene poi accentuata anche dal degrado degli edifici scolastici: diciamocelo francamente, le nostre scuole sono brutte, sono abbandonate e, con il tempo, ci si è assuefatti a questo ambiente. Tutto ciò crea trascuratezza, disinteresse, indifferenza per il luogo in cui si lavora.
All’interno della dirigenza scolastica ci sono poi molte figure che sono lontanissime dall’essere “manager” della scuola: in questo contesto, il problema principale dell’istruzione diventa il reperimento dei fondi, l’assicurare docenti durante tutto l’anno scolastico: le aspettative vengono disattese e si crea insoddisfazione, e degrado. Ma il degrado predispone l’abbandono, non solo della struttura, ma anche dei ragazzi. Ed è questo quello contro cui dobbiamo combattere.