Ripensarla, costruirla, difenderla

De Michele nella sua opera parte dalla considerazione che, se negli ultimi trent’anni si è andato disperdendo il tessuto sociale e solidale del paese, proprio nel momento in cui la trasformazione della società avrebbe richiesto maggiore socializzazione, più case famiglia, più piazze piene di gente, più centri di quartiere, più biblioteche, di tutte le criticità, dei fallimenti, viene incolpata la scuola. In tempi più recenti il conflitto sì è fatto più forte: da una parte il governo e le politiche del ministro Gelmini per una scuola con meno fondi, meno insegnanti, un diverso percorso didattico, dall’altro le proteste che ovunque in Italia hanno portato avanti professori, genitori e studenti.

Per quanto si dica che in questi anni si  sia vissuto all’ombra del  Sessantotto, in realtà, a ben vedere è avvenuto l’esatto contrario: la cultura e gli ideali del Sessantotto non sono mai penetrati nella società italiana. La cultura del ’68 era confronto, cambiamento, ragionamento. In questi quarant’anni si è posto in essere ogni tentativo  retorico, comunicativo, discorsivo per inquinare la capacità di giudizio, la facoltà di ragionare. Ne è un chiaro esempio la televisione, dove si è passati dall’informazione e dall’inchiesta alla telerissa, dai programmi educativi ai reality-show, eppure la scuola resiste, rimane uno dei pochi luoghi in cui esistono libri, in cui le parole sono strumenti di trasmissione culturale, in cui si pratica l’agire comune.
Con quella che il ministro Gelmini chiama “riforma”- ma che nella pratica è un tentativo di riordino, governato da motivazioni puramente economiche – accadrà che la scuola primaria, una delle migliori del mondo, verrà riportata a una didattica che cancella i risultati raggiunti nell’ultimo ventennio. La scuola media si ridurrà a predeterminare la distribuzione degli studenti tra un percorso liceale-universitario e un percorso di studio tecnico-professionale e i licei, privati di quel minimo di autonomia e di gusto della sperimentazione, perderanno quelle specificità che aveva permesso loro, con le variazioni dei piani di studio, di rispondere alle sfide di un mondo in cambiamento. La diminuzione delle ore effettive di scuola e delle materie di studio, inoltre, finirà per impoverire ulteriormente l’offerta formativa. Questi provvedimenti firmati Gelmini-Tremonti non muovono unicamente dal bisogno di tagliare il bilancio dell’istruzione, i due aspetti più evidenti di questi provvedimenti sono: risparmiare tagliando migliaia di posti di lavoro di docenti e far entrare i privati nelle scuole per renderle funzionali al mercato, sfornando giovani lavoratori sempre più precari e privi di istruzione e senso critico.
Considerando l’universo scuola dal suo osservatorio privilegiato, De Girolamo non ritiene che si possa parlare di emergenza educativa poichè, a suo avviso, i dati reali indicano che la scuola italiana svolge al di sopra dei propri mezzi il compito che le è stato assegnato. La rappresentazione della scuola come una trincea assediata da orde di studenti descritti come bulli semianalfabeti, teppisti irrecuperabili è un’operazione fondamentale ai fini di una riconfigurazione dell’immagine del mondo scolastico, nel quale “maestrine dalla penna rossa” si limiteranno a ricoprire il ruolo di strumenti di trasmissione e di recapito di nozioni elementari, rapide e per lo più preconfezionate. Ed è ovvio che in un mondo così banalizzato, rozzamente definito e comodamente semplificato, bullismo e analfabetismo si tengano la mano come categorie immutabili.
L’obiettivo è assicurare il mantenimento di una benestante élite del 10% con una cultura alta. Al di sotto di questa fascia, che potrà permettersi l’istruzione che la scuola pubblica non riesce più a offrire, ci saranno coloro che don Milani pronosticava non in grado di leggere i contratti di lavoro che dovranno firmare. E ancora più sotto coloro che frequentano gli istituti professionali e saranno principalmente figli di immigrati, futuri lavoratori in nero senza diritti. Il risultato sarà una società meno istruita, con meno capacità critica e ridotta ad un semianalfabetismo funzionale.
L’istruzione non è solo un diritto fondamentale, ma è un bene comune, difendere le istituzioni della formazione e dell’istruzione, sono due attributi della medesima sostanza. La loro difesa non può limitarsi alla difesa dell’esistente ma alla riappropriazione di essi da parte di tutti i soggetti coinvolti.
Contro i luoghi comuni, le banalità, le ingiustizie De Girolamo investe sulla responsabilità: ripensare la scuola a partire da quello che essa è veramente, costruirla  facendo ben attenzione alla sua reale funzione nella società, difenderla da tutto ciò che potrebbe alterare la sua autentica essenza democratica: la scuola ci appartiene, anche se non siamo più studenti, anche se non siamo insegnanti, perché è il “serbatoio” dei futuri cittadini.

Girolamo De Michele
La scuola è di tutti
Ripensarla, costruirla, difenderla
Minimum fax 15,00 €
ISBN: 9788875212711