Lo scorso 20 ottobre 2009 il Segretario della Cultura britannico Jeremy Hunt e il Ministro della Cultura Ed Vaizey, hanno annunciano che, per i successivi tre anni, sarebbe stata impostata dal Ministero per la Cultura, Media e Sport una politica restrittiva, con un taglio del 25% ai fondi stanziati per i beni culturali. I conservatori del Regno Unito, oggi, confermano la riduzione del budget riservato alla cultura, ma i grandi nomi dell’arte contemporanea non stanno a guardare.
Ecco dunque nascere a Londra “Save the arts“, una campagna organizzata dal “Turning Point Network”, consorzio nazionale delle organizzazioni di oltre 2.000 artisti, impegnato nel promuovere e trovare nuove e innovative modalità per sostenere le arti in Inghilterra. L’obiettivo della campagna è quello di rendere partecipe l’elettorato, incoraggiarlo a firmare una petizione on line che successivamente sarà portata all’attenzione del ministro della cultura, affinché non vengano ridotti drasticamente i finanziamenti alle arti.
Sostenuta da più di cento tra i più importanti artisti inglesi, tra cui David Hockney, Damien Hirst, Anthony Caro, Howard Hodgkin, Anish Kapoor, Richard Hamilton, Bridget Riley, Antony Gormley e Tracey Emin, ogni settimana la campagna prevede che venga presentato sul web il lavoro degli artisti impegnati nel progetto, con il fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tematica.

In opposizione alla legge finanziaria, Mark Wallinger realizza un’immagine straordinaria in cui mostra una copia del capolavoro di William Turner, The Fighting Temeraire, tagliato e rimontato con una didascalia che dice: “Se il 25% del finanziamento alle arti venisse tagliato, la perdita sarebbe incommensurabile”. L’ormai celebre rielaborazione del dipinto si fa portavoce e manifesto della campagna, insieme al video di animazione dell’artista David Shrigley, le cui spese di animazione sono state sostenute con il contributo della Paul Hamlyn Foundation (tra le più importanti fondazioni di erogazione nel Regno Unito, favorisce la ricerca delle relazioni tra le arti, l’istruzione, l’apprendimento e il cambiamento sociale), nel quale un agricoltore che parla al figlio mette in evidenza con ironia gli effetti negativi della manovra finanziaria. Importante si è rivelato anche l’intervento artistico di Jeremy Deller e Scott King: un manifesto-citazione di una celebre frase dell’artista socialista William Morris, “Non voglio un’arte per pochi più di quanto non voglia un’istruzione o la libertà per pochi.” Si inserisce all’interno della campagna anche il recente finanziamento di 25 milioni di sterline devoluto al British Museum ad opera di John Sainsbury (ex presidente dell’omonima catena di supermercati) con lo scopo di incrementare l’insufficiente intervento statale. Save the arts ricorda inoltre, con una serie di appelli al governo, che ci sono voluti piu di 50 anni per creare una cultura di eccellenza delle arti in Gran Bretagna, unica e riconoscibile in tutto il mondo; e pur riconoscendo che tagli ragionevoli siano in parte necessari, l’eccessivo 25% proposto dal governo, avrà un impatto particolarmente dannoso, soprattutto sulle organizzazioni artistiche più piccole, sui musei nazionali, regionali e sulle loro collezioni.

Ma la politica dei tagli alla cultura è un must che viene proposto anche dal governo italiano, il quale, nel maggio del 2010, presenta un decreto legge che sancisce una nuova disciplina per l’assegnazione dei fondi pubblici. L’articolo 7 comma 22 del “Decreto legge recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, caratterizza la manovra finanziaria del ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, e colpisce 232 enti e istituzioni culturali che non riceveranno più fondi statali: “lo Stato cessa di concorrere al finanziamento degli enti, istituti, fondazioni e altri organismi”. Come in Inghilterra, inevitabile la risposta degli addetti ai lavori italiani. La manifestazione nazionale, organizzata da ‘Movem09′ e promossa da Slc-Cgil, Sai, Fistel-Cisl-Fai, Uilcom-Uil, Unda, Ficls-Cisal, Usigrai e Fnsi, contro il decreto Bondi vede la partecipazione in piazza Navona di attori, registi, autori, lavoratori e maestranze del mondo dello spettacolo e della Rai, in favore della cultura e contro la riorganizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche. La cultura, in grado di risanare parte dei problemi economici dei paesi afflitti da una “proverbiale” crisi economica, è costretta a pagare un pesante dazio e a sostenere un gravoso fardello assegnatole da una politica che non coglie il potenziale valore economico, turistico e culturale degli enti e delle fondazioni. Il mondo dell’arte non può e non deve essere considerato come una lobby, ma come una risorsa economico-sociale da sfruttare al servizio del paese.

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Save the Arts