Il turismo, un settore che vale in Italia quasi il 10% del PIL nazionale, avrà un nuovo Codice. Il 7 ottobre, infatti, con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri si è conclusa la prima tappa del percorso che porterà all’entrata in vigore del decreto legislativo denominato “Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo”. Superata la fase preliminare, spetta ora al Consiglio di Stato, alle Commissioni parlamentari e alla Conferenza Stato-Regioni esprimere il proprio parere. Il nuovo Codice giunge quasi dieci anni dopo la riforma della legislazione nazionale del turismo che, con la Legge Quadro n. 135 del 29 marzo 2001, ha fissato un insieme di principi generali e di strumenti di coordinamento per la predisposizione di proprie normative da parte delle Regioni, che in seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione hanno acquisito un potere legislativo esclusivo in materia turistica.
Il Codice del turismo, costituito da 74 articoli suddivisi in 7 Titoli, individua le competenze statali in ambito turistico, propone un nuovo concetto di impresa turistica, disciplina le professioni turistiche, le strutture ricettive e le agenzie di viaggio, definisce le tipologie di prodotto turistico, e fissa alcune norme per la tutela del turista. Salutato dal Ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, come “una straordinaria occasione per la crescita e lo sviluppo di un settore strategico per l’economia del Paese”, il Codice non è stato accolto in maniera positiva da numerose associazioni di categoria che lo considerano lesivo degli interessi dell’industria turistica italiana. La presidente della Federazione Italiana Associazioni Imprese Viaggi e Turismo (Fiavet), Cinzia Renzi, in una lettera recapitata al ministro Brambilla il giorno precedente all’approvazione del Codice, ha espresso il proprio rammarico per il non coinvolgimento delle associazioni di categoria del settore durante la stesura del documento e ha manifestato il proprio dissenso per la maggior parte dei punti del provvedimento, chiedendo l’immediata sospensione dell’esame dello schema di decreto legislativo, pena “la chiusura di migliaia di aziende che si troverebbero da subito nell’impossibilità di operare e la conseguente messa in mobilità di decine di migliaia di addetti”, se la legge entrasse in vigore. Perplessità sono giunte anche dal presidente di Assobalneari Italia, Renato Papagni, che si è detto preoccupato per l’esclusione del comparto delle imprese balneari dal nuovo Codice del turismo, considerata l’importanza che riveste il turismo balneare nel nostro Paese.
Uno degli intenti del nuovo Codice del turismo è quello di stimolare lo sviluppo del settore. Un obiettivo molto simile e forse anche più ambizioso è stato proposto da Confindustria, Federturismo e PriceWaterhouseCoopers nel loro “Piano nazionale” del turismo che prevede di raddoppiare il PIL proveniente da tutta la filiera turistica entro il 2020, attraverso cinque azioni strategiche. Il Piano, presentato alla fine di settembre, parte dalla constatazione delle difficoltà incontrate dal settore nel corso degli ultimi anni, difficoltà dovute soprattutto alla perdita di competitività della destinazione Italia rispetto alle nuove mete mondiali, alla minore qualità dell’offerta, alla carenza di interventi infrastrutturali, e alla mancanza di omogeneità a livello territoriale. Dal 1990 ad oggi non solo è diminuita la presenza di turisti stranieri nel nostro Paese, ma si è progressivamente abbassato anche il rapporto qualità/prezzo, fattori che hanno fatto sì che l’Italia perdesse posizioni sul mercato internazionale, superata da competitor come la Spagna che fa registrare un’incidenza del turismo sull’economia complessiva pari al 16,3%, oppure la Francia che genera circa 100 miliardi di euro di PIL in più rispetto al nostro Paese. Le cinque linee di intervento individuate da Confindustria, Federturismo e PriceWaterhouseCoopers possono essere così schematizzate:
–    opzione strutturale, che si pone come obiettivo quello di incrementare la capacità di attrazione dei flussi turistici internazionali, attraverso la revisione degli strumenti di governance, la predisposizione di una nuova regolamentazione del settore e l’implementazione delle politiche di marketing;
–    destagionalizzazione, attraverso cui si intende portare l’indice di stagionalità del turismo italiano allo stesso livello dei maggiori competitor europei;
–    sviluppo del Sud, che punta ad un rilancio del Sud come destinazione turistica non solo di tipo balneare ma anche di tipo culturale;
–    opzione mercati, attraverso cui si vuole incrementare la quota di arrivi provenienti dal Regno Unito che rappresenta il quarto paese per arrivi in Italia, ma che al contempo è il secondo per importanza a livello europeo;
–    opzione eventi, che mira a trasformare coloro che partecipano a congressi e grandi eventi – come ad esempio l’Expo2015 – in turisti di ritorno.
In particolare il Piano prevede di portare la quota del PIL generata dal turismo dall’attuale 9,5% al 18,5% entro il 2020, con la creazione di 1,7 milioni di nuovi posti di lavoro e un gettito aggiuntivo per lo Stato di circa 100 miliardi di euro.
I prossimi 15 e 16 ottobre si terrà la V Conferenza Nazionale del turismo, ospitata nella splendida cornice di Villa Erba a Cernobbio sul Lago di Como. Crediamo possa essere l’occasione giusta per avviare un serio dibattito tra tutte le parti in causa – associazioni di categoria, regioni, ministero del turismo – che abbia quale obiettivo la reale ripresa del turismo in Italia.