Per la prima volta un romanzo comico si è aggiudicato il più importante premio letterario di lingua inglese. Jacobson, 68 anni, che nei suoi libri descrive cosa vuol dire essere ebrei nella Gran Bretagna di oggi. L’autore, ricevendo il premio, si e’ autodefinito ”the Jewish Jane Austen”, a voler evidenziare il suo impegno nel libro a ”descrivere il mondo con lo sguardo ebraico”. The Finkler Question racconta, infatti, la storia di tre personaggi, due vedovi ebrei, Libor e Sam, e il loro amico Julian, alle prese con crisi di identità e senso di smarrimento. Al momento della consegna del premio, un assegno di 50.000 sterline, donato all’autore durante la cerimonia al Guildhall di Londra, il presidente della giuria, il poeta Andrew Motion, ha sottolineato che il libro di Jacobson narra con ”grande ironia e al tempo stesso con verità una storia amara e molto sottile”.
Il Man Booker Prize, nato nel 1968, è uno dei più importanti premi letterari del mondo. Sponsorizzato da Man Group plc, leader mondiale nella gestione degli investimenti alternativi, che supporta molti premi, manifestazioni e iniziative di beneficenza in tutto il mondo, esso ha, da sempre, ha avuto il potere di trasformare le fortune degli autori e degli editori.
Il premio viene assegnato ad un’opera di narrativa, un lavoro originale in lingua inglese, scritto da un cittadino del Commonwealth o della Repubblica d’Irlanda e pubblicato nel Regno Unito per la prima volta nel corso dell’anno del premio.
Il Man Booker Prize è inoltre noto nel mondo per l’integrità del suo processo di giudizio. Non ci sono mai state polemiche o dubbi sull’aggiudicazione del premio, grazie anche ad un comitato consultivo, che fornisce pareri su eventuali modifiche delle norme e sulla selezione dei giudici. La giuria inoltre è composta da un critico letterario, un accademico, un editor letterario e uno scrittore e cambia ogni anno così che venga garantito un equilibrio tra le diverse tipologie di ruoli e i giurati, una volta nominati, restano in carica senza la minima interferenza da parte dell’amministratore o dello sponsor. Per questo, vincere il Man Booker Prize è il massimo riconoscimento per molti scrittori. Nel 1996 il vincitore Graham Swift ha commentato: “I premi non fanno gli scrittori e gli scrittori non scrivono per vincere i premi, ma nell’eccesso di premi letterari attualmente esistenti, il Booker resta speciale. E’ quello che, se volessimo essere del tutto onesti, è il miglior premio a cui aspirare “. Ogni anno al vincitore del Man Booker Prize è garantito un enorme aumento delle vendite e, oltre ad un sicuro vantaggio in termini economici, la fama e l’immagine del vincitore viene ulteriormente amplificata poiché l’autore è chiamato a partecipare a trasmissioni televisive, radiofoniche oltre ad essere citato sulla stampa di tutto il mondo.

In Italia l’esigenza di valutare il panorama della produzione letteraria, di operarvi una verifica e di selezionare, in maniera più o meno scientifica e con strumenti e in contesti più o meno canonici, esperienze, contributi, autori e opere trova un momento significativo nel Premio Bagutta, il più antico premio italiano, fondato l’11 novembre del 1926. Nato nel ristorante milanese Bagutta, ad opera di undici amici (Riccardo Bacchelli, Orio Vergani, Mario Alessandrini, Luigi Bonelli, Adolfo Franci, Paolo Monelli, Antonio Niccodemi, Gino Scarpa, Ottavio Steffenoni, Mario Vellani Marchi e Antonio Veretti) questi, avendo deciso di istituire un premio letterario e di autoeleggersi come giuria, ne redassero l’atto di fondazione su un foglio di carta e lo affissero ad una parete del locale. Il gruppo, eterogeneo e semplice, si è sempre distinto per il proprio pensiero autonomo ed indipendente ed è stato questo il motivo che, tra il 1937 e il 1946, ha portato a sospendere il premio, perché non subisse le pressioni del regime.

Al dopoguerra risalgono altri due premi che diventeranno tra i più noti nel panorama letterario italiano: il Premio Strega, nato nel 1947 all’interno del salotto letterario di Goffredo e Maria Bellonci, dove si riunivano gli “Amici della Domenica”, grazie anche al coinvolgimento di Guido Alberti, industriale con la passione per la letteratura, e il Premio Campiello, istituito nel 1962 per volontà degli Industriali del Veneto, con lo scopo di ritagliare un preciso spazio per l’imprenditoria veneta nel mondo culturale italiano, puntando alla promozione della narrativa e all’incentivazione della lettura. Mentre il Premio Bagutta viene assegnato ad opere italiane di narrativa, poesia, saggistica,  collezioni di opere ecc., per il Premio Campiello e il Premio Strega sono ammesse a concorrere solo opere di narrativa. I tre premi prevedono che l’autore sia vivente e vengono assegnati su base annuale.
Il premio milanese viene conferito l’ultima domenica di gennaio, nel corso di una cena organizzata al Ristorante Bagutta, da una giuria composta da personaggi rappresentativi del  mondo delle lettere e delle arti, il cui giudizio è insindacabile. Accanto al premio maggiore (12.000 euro), nella tradizione di familiarità e di indipendenza del Bagutta,  a partire dal 1990, è stato introdotto un riconoscimento per l’opera prima (2.500 euro).
Molto efficace si è rivelata nel tempo, per il Premio Campiello, la combinazione di una giuria tecnica (dei “letterati”, per la nomina dei cinque finalisti) e di una giuria popolare (300 lettori anonimi, per la scelta del vincitore assoluto), che ha inaugurato una formula poi esportata anche in altre manifestazioni.
Anche il Premio Strega si avvale da quest’anno di un sistema misto di selezione, che ai 400 membri del gruppo “Amici della Domenica” affianca una giuria di 30 lettori segnalati da altrettante librerie indipendenti in tutta Italia; la votazione si tiene presso casa Bellonci nel mese di giugno e il premio viene assegnato il primo giovedì di luglio presso il Ninfeo di Villa Giulia a Roma.
Non va, comunque, tralasciato il fatto che i premi letterari italiani, nonostante meccanismi più o meno oggettivi di selezione, siano spesso oggetto di polemiche a proposito di appetiti e strategie a breve termine di grandi colossi editoriali, non sempre attenti al dato qualitativo di fronte al risultato delle vendite. Accade che la giuria non valuti più la qualità e novità del lavoro letterario, ma sia influenzata dal diverso peso delle case editrici, penalizzando le più piccole e i rispettivi autori.
Un fenomeno, tuttavia, che merita di essere rilevato, è che a partire dagli anni ’90 nel mondo dei premi letterari si è affermata una vivace attenzione nei confronti del mondo giovanile. E’ il caso della Fondazione Il Campiello – Confindustria Veneto che nel 1994, dopo una fase di sperimentazione regionale, ha istituito il Campiello Giovani, non una sottosezione, ma un vero concorso letterario, dedicato a giovani tra i 15 e i 22 anni,  per la stesura di un racconto a tema libero in lingua italiana. Un premio, insomma, rivolto ai “giovani scrittori”, che, grazie anche alla collaborazione con scuole superiori e università, e recentemente con istituti italiani di cultura all’estero, punta a conquistare visibilità anche a livello internazionale. Una esperienza innovativa anche sul piano della gratificazione materiale e delle prospettive promozionali che si aprono ai concorrenti: i cinque finalisti, oltre all’invito alla serata finale, hanno diritto ad una dotazione di libri, i loro lavori sono raccolti in una collana curata dalla Fondazione Il Campiello e il vincitore assoluto si aggiudica una vacanza studio in un paese europeo.