Divertirsi impiegando il proprio tempo libero per visitare una fabbrica, oppure svagarsi andando alla ricerca di vecchi macchinari e ferrose strutture industriali, o ancora rilassarsi intrattenendosi con prodotti ed arnesi da lavoro: ecco le probabili antinomie che descrivono il turismo industriale.
Musei etnografici ed etnoantropologici, riconosciuti come contenitori di cultura materiale da quando, intorno agli anni Ottanta, il concetto stesso di bene culturale inizia ad ampliarsi oltre i tradizionali beni artistici e ambientali, mostrano costumi, cultura e tradizioni di norma tipici delle comunità rurali, legati al lavoro della terra o artigianale, in un certo senso manifestazioni relative all’auto-sussistenza di comunità medio-piccole. Esistono però altri musei, che proprio musei non sono, che mostrano e rappresentano essi stessi il lavoro di massa per le masse, il lavoro in serie, rivolto ad una comunità allargata, un tipo di lavoro che necessita di tecnologia al passo coi tempi piuttosto che competenze tradizionali e strutture complesse per essere svolto: sono le industrie ed il loro contenitore abituale, la fabbrica.
A questo punto, per effetto di un approccio teso a riconoscere nell’industria la testimonianza di un’epoca, la presenza delle conoscenze tecniche ad essa necessarie, il saper fare tecnico ma anche quello imprenditoriale (il cosiddetto know-how), ecco che le precedenti antinomie diventano soltanto apparenti. I luoghi del lavoro, le strutture che hanno contenuto in passato fatica e sudore o che ancora li contengono, spazi che rappresentano l’inevitabile amara lontananza dalla propria casa e dagli affetti, si trasformano in luoghi in cui passare anche parte del proprio tempo libero, in questo caso come spettatori, secondo una modalità, incredibile a dirsi, che rientra nelle attività ricreazionali, scelte per proprio diletto.
Le vecchie e conosciute sagome industriali diventano monumenti quando sono illuminate da questa nuova luce, si fanno capaci di raccontare storie solitamente non accessibili, consentono allo sguardo di spingersi oltre l’apparenza della scena conosciuta come avviene guardando da dietro le quinte di un teatro.
Il turismo industriale ha potuto crescere in questi ultimi anni grazie all’opportunità di abbinare il lato ricreativo e divertente del turismo con i contenuti educativi legati alla visita d’istruzione nei territori dello sviluppo delle società industrializzate. Infatti, a fianco di aspetti più tradizionali come documenti cartacei e archivi d’impresa, la fruizione turistica del patrimonio industriale consente di apprezzare anche edifici, siti e aree dismesse, così come impianti, attrezzature, macchinari e prodotti o infrastrutture residenziali, assistenziali e religiose variamente legate all’industria e al suo radicarsi sul territorio.
Evoluzione dell’offerta turistica e trasformazione della domanda turistica mostrano una profonda dipendenza reciproca, anche nel caso del turismo industriale, evidente soprattutto a partire dalla fine degli anni Novanta con l’identificazione del fenomeno “musei d’impresa”, quando l’esperienza della visita alla fabbrica si inserisce nella categoria del turismo culturale: da qui prendono corpo i primi progetti di itinerari storico-industriali urbani (ad esempio nelle città di Sesto San Giovanni (Mi), Schio (Vc), nella provincia di Terni, nella regione Piemonte, o il progetto “La via dell’energia” in Lombardia), guide turistiche ad hoc (ad esempio la guida al turismo industriale del Touring Club Italiano), corsi di formazione specifici e Master post-universitari in gestione e valorizzazione del patrimonio industriale (come il Master sul Patrimonio Industriale dell’Università di Padova).
In quasi tutte le maggiori città italiane, esistono cosiddetti luoghi-non-luoghi, aree originariamente esterne al nucleo cittadino ma nel tempo assorbite dalla conurbazione, dove in passato brulicavano attività industriali e grandi fabbriche mentre ora sono abbandonate e vuote: nel cuore delle città i “nuovi” monumenti chiedono ascolto. Il sito industriale dismesso ed il macchinario arrugginito possono rinascere, questa volta per produrre conoscenza, e con la loro forza sensibilizzatrice possono stimolare la visita anche ai contemporanei luoghi della produzione, nei distretti e nelle zone industriali, intorno alle cinture urbane, nei territori degli agriturismo e dei Bed & Breakfast, dove le moderne industrie si aprono ai visitatori per raccontare tecnologia e società.
Il 3° Congresso Europeo “Made in Europe: la Visita di Impresa come prodotto turistico” (Torino 18-20 ottobre), ha preso le mosse dalla constatazione di quanto l’eccellenza aziendale sia un’attrattiva turistica già in diverse città europee, nelle quali, accanto ai musei tradizionali, è possibile scegliere di visitare realtà imprenditoriali di rilievo.
Non va trascurato, inoltre, che distretti industriali, siti dismessi, fabbriche aperte e visite aziendali sono risorse turistiche disponibili 12 mesi l’anno, fattore strategico per gli operatori turistici impegnati nella destagionalizzazione dell’offerta turistica al fine di richiamare visitatori anche al di fuori dei canonici periodi di villeggiatura.
Le persone oggi sono più attive e più curiose: viene dunque da pensare che il turismo industriale, per l’attrattiva emozionale ed evocativa che possiedono le esperienze vissute nel proprio passato professionale, possa assumere un crescente peso nel bilancio complessivo della fruizione turistica.