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Come (continuare a) pensare nell’era digitale
Schirrmacher avvia il suo saggio, “La libertà ritrovata”, partendo dall’importanza dell’era digitale che ha innescato una vera e propria rivoluzione culturale favorendo la democraticità delle informazioni, la condivisione dei contenuti, l’azzeramento di qualsiasi distanza, ma al tempo stesso ha creato una sorta di malattia che ha messo fuori uso il “vecchio” cervello, ha trasformato il nostro apparato cognitivo facendoci adattare sempre più alle macchine.
A tal proposito l’autore cita alcuni episodi in cui storici, scrittori, docenti universitari, interrogandosi sull’importanza e sul valore del digitale sono arrivati a riflettere sulla pericolosità che essa può esercitare nei confronti dell’intelletto che l’ha creata, avendo un effetto negativo più che benefico e dando addirittura l’impressione di divenire più stupidi a causa delle tecnologie moderne.
Spesso queste ultime, anziché integrarsi, competono tra loro per ottenere attenzione causando in coloro che le utilizzano un graduale caos nella memoria a breve termine, tanto che ci troviamo a chiederci “Cosa stavo facendo un attimo fa?”. Questa graduale lacuna non è altro che una perdita di controllo, celata però dall’accattivante nome di multitasking, la capacità di svolgere più compiti contemporaneamente.
Non ci si rende conto che tale pratica è il tentativo dell’essere umano di diventare un computer ed è quindi condannato a fallire. Il pensiero, infatti, percependo continuamente i propri deficit cerca riposo abbandonando il cervello e trasferendosi gradualmente alle macchine. Già oggi molte persone che operano in rete commentano, bloggano, comunicano nei social network avvertendo uno strano distacco da se stessi. Inoltre, come sottolinea l’autore, il nostro comportamento nei confronti delle informazioni è ormai leggibile e chiaro come un libro aperto: siti come Amazon conoscono i nostri gusti letterari, Apple o Genius, le nostre preferenze musicali, e di volta in volta, di link in link è possibile ottenere qualsiasi informazione.
A questa prima parte, nella quale Schirrmacher indaga il “lato oscuro” di Internet e il rischio che esso possa portare l’uomo a disimparare ad interpretare criticamente, segue la parte dedicata al recupero del controllo del pensiero umano. Se improvvisamente dovessimo rinunciare a sms, e-mail, Twitter e Facebook cosa accadrebbe? Questo continuo flusso di informazioni è davvero indispensabile per la nostra vita o, effettivamente, siamo consapevoli di consumare e di avere bisogno solo di un minimo di questa enorme quantità di sapere? Parte da questi quesiti l’autore del saggio, ribadendo che è necessario scegliere le notizie, trascurarne alcune per dare precedenza ad altre, esercitando un minimo di autocontrollo.
Insistendo sull’importanza dell’intervento umano nella tempesta di informazioni e notizie da cui si è ogni giorno travolti, l’intellettuale tedesco sostiene che a differenza di quanto si insegna a scuola, la distrazione non è altro che un cambiamento di prospettiva, vagare con i propri pensieri ne libera di nuovi, il cervello non è una macchina fotografica che può focalizzare l’attenzione mettendo a fuoco, scattando o restando ferma, l’errore è il tratto peculiare della mente umana.
Schirrmacher conclude il suo saggio rintracciando nel computer la fine di un lungo periodo in cui gli organismi sono stati abituati ad immagazzinare le proprie informazioni negli archivi; partendo dal DNA, passando per le opere scritte fino alle grandi biblioteche. Oggi la tecnologia vuole convincere la società a non essere più costretta a conoscere certe cose. E’ quindi il momento di riprendere il controllo del proprio pensiero perché per quanti siti si possano consultare, nessuno di questi sarà è uguagliabile alla nostra coscienza.
Frank Schirrmacher
La libertà ritorvata
Come (continuare a) pensare nell’era digitale
Codice Edizioni €23
ISBN: 9788875781644