Intervista al prof. Luca Zan
Il crollo della Domus dei Gladiatori di Pompei ha risollevato agli occhi dell’opinione pubblica una questione di mala gestione che in realtà va avanti da diversi anni e in cui si sono susseguiti vari commissariamenti e soprintendenze i cui ruoli e le cui responsabilità sono tutt’oggi poco chiare…
La gestione del sito archeologico di Pompei è una questione molto più complessa di quanto possa sembrare.
Nel 1998, infatti, Pompei diventò l’area di sperimentazione della soprintendenza autonoma che, sotto la guida dell’archeologo Pietro Giovanni Guzzo, doveva conquistare una piena indipendenza  scientifica, organizzativa, amministrativa e finanziaria.
Questo processo di riconversione dell’area è stato però più volte ripensato, ostacolato e, alla fine praticamente smontato, da tutti i vari governi che si sono succeduti nel corso degli anni: nel 2006 Rocco Buttiglione dirottò 30 milioni di euro che erano destinati a Pompei, nel 2007 Rutelli abolì la figura del city manager introdotta da Walter Veltroni accorpando inoltre la sovrintendenza di Pompei a quella di Napoli e Campi Flegrei, fino a che non si è giunti, nel 2008, al commissarimento straordinario dell’area, con il prefetto Profili. Non dimentichiamoci, poi, che anche Renato Profili, al pari di Buttiglione, stornò 40 milioni di euro destinati a Pompei per investirli in altre voci della spesa pubblica. Eppure, sia nel 2006 che nel 2008, la casa dei Gladiatori avrebbe già avuto bisogno di quelle risorse per poter essere restaurata. Ma nessuno ne ha tenuto conto.
In questa sorta di confusione amministrativa, dunque, i problemi hanno cominciato ad accumularsi inesorabilmente e oggi ci ritroviamo ad avere difficoltà di risorse umane (che sono insufficienti e spesso non professionalmente adatte all’incarico), di risorse finanziare e un’enorme incertezza riguardante la gestione dell’area in generale.
I fondi, quindi, sono per il momento solo un problema marginale rispetto all’incapacità di spesa che investe l’assetto organizzativo di tutta la struttura: una struttura che avrebbe dovuto essere autonoma ma che in realtà è sempre rimasta legata al ministero e con esso, a tutti i cavilli burocratici che ne conseguono, rallentando quella riforma sistematica del management che avrebbe altresì permesso procedure di spesa più snelle.
Il commissariamento del 2008 poi, nato con lo scopo di risolvere questo problema di residui passivi non spesi, ha invece per alcuni versi complicato la situazione creando incertezze e ambiguità tra soprintendenza e commissario, tra incarichi assegnati e poi, nel giro di pochissimi mesi lasciati e sostituiti.

Il passaggio dalla soprintendenza autonoma al commissariamento straordinario è stato frutto di una riflessione mirata o di un’analisi delle criticità?
No, assolutamente. Alla fine dei 10 anni di sperimentazione della soprintendenza autonoma non è stato redatto alcun documento di riflessione, né un’analisi riguardante le azioni compiute e quelle ancora da espletare. Un decennio di sperimentazione di cui non è rimasta traccia.

Ma di cui abbiamo memoria storica…
L’autonomia di Pompei si è rivelata un fallimento, inutile nasconderlo. Non credo dovuto ai soprintendenti, quanto proprio ai ministri che si sono alternati in questi 12 anni: o si riparte da questo, o di nuovo si troveranno delle soluzioni che dureranno uno, al massimo due anni (sempre che non cadano altre case). Il problema di Pompei, ormai è chiaro, non è tecnico ma organizzativo.

Quindi, il problema più urgente mi sembra sia quello gestionale…
Già nel 1998, quando scrissi il mio saggio sull’area archeologica di Pompei “Rilanciare Pompei: anno zero. Le attese verso approcci manageriali e forme moderne di accountability”, dichiaravo, come una sorta di Cassandra, che si aveva fondamentalmente un problema di gestione della spesa.
Che i fondi ora vengano dallo Stato, dall’Europa con il Piano per il Mezzogiorno, poco importa: se anche avessimo oggi stesso 30 milioni o 40 milioni di euro per Pompei non sapremmo come spenderli.

C’è chi parla di intervento europeo immediato, chi chiede le dimissioni del ministro, chi propone la privatizzazione con una fondazione. Secondo lei, quale potrebbe essere la soluzione a questa incapacità di spesa?
Occorrerebbe mettere mano all’organizzazione del lavoro, all’assetto istituzionale, ai criteri di allocazione e di governance, rendendo più coerenti i ruoli di ognuno: l’amministrazione del personale, ad esempio, dovrebbe passare sotto la responsabilità locale e non rimanere al Ministero, in questa situazione poco chiara e anche poco responsabilizzante.
Inoltre, dovremmo smetterla di cercare in continuazione la soluzione straordinaria, di commissariamento, di emergenza. L’emergenza de L’Aquila si è spostata in pochi giorni a Pompei non badando neppure al fatto che a Pompei l’emergenza, se esiste, è di tipo amministrativo, non solamente fisico, e perdura da ormai oltre 10 anni. Non è quindi una questione di fondazioni, di privati, di fondi europei ecc.., ma di de-statizzazione, affinché si renda più semplice il lavoro all’interno di una pubblica amministrazione.

E quale sarebbe l’iter da adottare per una riforma amministrativa?
Bisognerebbe innanzitutto appurare che vi sia realmente la volontà di intervenire, a lungo termine, e in modo sistematico sulla riforma amministrativa di Pompei. Una volta assodato tutto ciò, bisognerebbe definire un modello di governance, ridefinire l’assetto istituzionale di Pompei e, solo a quel punto, ripristinare i flussi di risorse. Riattivarli ora, lasciando la struttura organizzativa in questo stato, ho l’impressione che risolva poco o niente.

Il ministro Bondi ha riferito ieri alla Camera o oggi al Senato riguardo il crollo dichiarando comunque di non avere responsabilità sull’accaduto…
Promessa l’autonomia, ostacolata dal ministero, commissariata l’area, data in mano a commissari esperti in terremoti e non in tutela: io trovo tutta la vicenda una follia. Se le case crollano, non sarà tutta colpa del ministro, sono d’accordo, ma se nel suo incarico vi è espressamente la voce riguardante la tutela dell’area archeologica di Pompei che se ne assuma le responsabilità.

Luca Zan è docente all’Università di Bologna e Professor presso lo European Institute for Advanced Studies in Management (EIASM), Brussels. Insegna General Management e Controllo delle Organizzazioni Culturali presso il corso di Laurea specialistica GIOCA.