Auditel, il sistema di rilevazione statistica che individua gli indici d’ascolto della televisione in Italia, è stato messo in discussione dal canale satellitare Sky. Il sistema risale alla fine degli anni ottanta e si basa su una misurazione degli ascolti televisivi, minuto per minuto, relativo a programmi, break e spot pubblicitari trasmessi dalle emittenti nazionali e locali via etere, satellitare e digitale terrestre. Da allora il metodo è rimasto immutato e recentemente  l’amministratore delegato di Sky Italia, Tom Mokridge, ha avanzato pesanti accuse nei confronti della società che lo gestisce.  Nel mirino la proprietà dell’Auditel, controllata in parte da Rai e Mediaset. “Non è possibile avere una performance dei programmi televisivi – ha detto Mockridge – finché la società di rilevazione è controllata al 60% da Rai e Mediaset, che ne controllano le decisioni attraverso il Cda. Le emittenti tv, tutte, dovrebbero essere sotto il 50% del capitale, lasciando la maggioranza ad altri soggetti”.
A Sky ha risposto prontamente il direttore di Auditel,  Walter Pancini: “La società ha già modificato lo statuto per consentire l’ingresso di Sky tra i soci; la proprietà di Auditel è basata su un sistema tripartito: un terzo alla Rai, che è in posizione di tutela in quanto Tv pubblica; un terzo alle emittenti private (di cui circa il 27% a Mediaset) e un terzo al mondo della pubblicità. E proprio l’Upa ha in mano le chiavi di controllo, in quanto nomina il direttore generale ed esprime il presidente e il coordinatore del comitato tecnico”.  Di fatto l’Upa, organismo associativo costituito dalle principali aziende industriali, commerciali e di servizi che investono in pubblicità, detiene l’11% delle quote societarie, ma si trova in una posizione ancora marginale per funzionare da vero garante, evitando che il confine. Tra ente controllato e controllore, resti labile. In questo caso sembrerebbe mancare quel principio di terzietà che vige, ad esempio, negli Usa dove a fare il rilevamento è un ente terzo che viene pagato per il servizio prestato.
Ma la polemica sembra non terminare e durante il lancio del progetto Babel, un nuovo canale Sky rivolto ai cittadini immigrati, l’a.d. Mockridge chiede di aggiornare il sistema di rilevamento degli indici di audience e share. La richiesta avanzata è quella di integrare nel campione i quasi cinque milioni di immigrati presenti in Italia. Il panel, su cui si basano gli ascolti, è aggiornato sulla base delle liste elettorali prendendo in considerazione solo i residenti italiani, esclusi i bambini di età inferiore ai quattro anni. Questo comporta la non possibilità di campionare e misurare gli stranieri regolari e di riportarne gli ascolti. Anche loro costituiscono un’importante fetta di pubblico e l’assenza di una misurazione che li inglobi può portare a dei dati distorti a discapito soprattutto della tv satellitare. Il problema dell’inclusione degli stranieri nel campione non dipende però da Auditel che, invece, si batte da diversi anni per ottenere l’accesso alle liste anagrafiche per estrarre i nominativi, immigrati compresi. Purtroppo al momento le normative vigenti consentono l’uso delle sole liste elettorali.
La polemica rimane aperta: l’ipotesi di una riforma nell’assetto societario di Auditel e di un aggiornamento del sistema di misurazione potrebbe portare ad un miglioramento qualitativo dell’Istituto di rilevazione dati. La valutazione della performance dei programmi e l’analisi dei comportamenti degli telespettatori costituiscono ottimi elementi per ampliare l’offerta televisiva. Ne trarrebbe giovamento anche il mondo della pubblicità per il quale Auditel è stato creato, permettendo di pianificare gli investimenti delle aziende. Anche se Sky e Auditel potrebbero sembrare due pianeti diversi, di fatto la pay tv basa i suoi introiti sugli abbonamenti e solo per una minima parte sulla pubblicità, al momento il sistema di rilevazione è l’unico modo per poter analizzare i gusti degli italiani. Un miglioramento di questo, basato su una maggiore attendibilità, potrebbe risultare utile per tutti, partendo dalla considerazione che la televisione e i gusti degli telespettatori sono molto cambiati negli ultimi vent’anni.