L’Arte Terapia nasce negli anni ’40 e ’50 in Inghilterra e negli Stati Uniti come modalità terapeutica per curare i disagi psicologici dei reduci di guerra e dei pazienti ricoverati in ospedali psichiatrici.
Disciplina autonoma, la Psicoterapia Espressiva amplia il suo intervento alla prevenzione e alla riabilitazione di disturbi psicologici e sociali quali psicosi, disturbi di personalità, sindromi post-traumatiche; nel trattamento di disturbi che comportano l’impoverimento dell’espressione verbale e nella fase preverbale dell’esperienza. Trova utile applicazione anche con pazienti affetti da patologie organiche e in contesti interetnici e interculturali problematici. In Italia solo nel 2004 è nato l’Istituto di Psicoterapia Espressiva: Psicoterapie Integrate all’Arte terapia e alla Danza Movimento Terapia, membro dell’International Association for Arts and Psychologyl, riconosciuto dal M.I.U.R. (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) con Decreto 23 luglio 2004, pubblicato sulla G.U. n. 180 del 3 agosto 2004, al quale possono accedere laureati in psicologia o in medicina.

Modello teorico di riferimento è la prospettiva psicodinamica sostenuta dalla teoria delle relazioni oggettuali e dai contributi di D. Winnicott, S. Arieti, G. Benedetti, A. Robbins e J. Kestenberg sul ruolo della creatività nello sviluppo psicoaffettivo. La sperimentazione dei materiali artistici, linguaggio peculiare, fondativo dell’Arte Terapia, stimola e veicola l’espressione e la comunicazione del mondo interiore dell’individuo, amplia la consapevolezza del proprio agire, del vissuto, restituisce in maniera più autentica la conoscenza del mondo che ci circonda.
La pratica della Psicoterapia Espressiva è infatti caratterizzata dall’utilizzo da parte del paziente e del terapeuta non solo della parola, ma anche di prodotti artistici, di gesti e sequenze di movimento creati nel corso della seduta. Il setting terapeutico favorisce la comunicazione e lo scambio preconscio e preverbale tra paziente e terapeuta, facilitando così il processo di integrazione dell’esperienza psichica e corporea, senza che il prodotto sia sottoposto a giudizio estetico. Fondatore del Der Blaue Reiter nel 1911, Vasilij Kandinsky afferma che l’arte in quanto comunicazione profonda del sé, è anche “intersoggettiva”, viene percepita cioè emotivamente e in modo diretto anche da chi ne fruisce, in modo da stabilire così un contatto dato dal contenuto semantico delle forme e dei colori.
Anche Paul Klee negli stessi anni dice che l’arte, espressione grafica della condizione primaria ed essenziale dell’esistenza, rende visibile ciò che le parole non possono descrivere, da a vedere ciò che non si vede, esprime l’universo degli stati d’animo e dell’inconscio. Le parole implicano la concettualizzazione e la verbalizzazione del disagio, le immagini no. Inoltre in tale prospettiva, la proficua integrazione tra teorie umanistiche e psicodinamiche si amplia, in favore dell’interdisciplinarità, con l’ausilio della psicofisiologia, della neurofisiologia e dell’antropologia culturale, della pedagogia, operando così una sintesi applicativa di diversi approcci teorici e tecniche espressive, corporee, grafiche, plastiche, ludiche, musicali e teatrali.

In tal senso, complementare e integrativa, la Danza Movimento Terapia (DMT) utilizza il movimento e l’espressione del corpo come strumento di esternazione ed emancipazione psicofisica e sociale. Anche la DMT ha origine negli anni ’40 dagli studi psicodinamici di M. Chace, M. Whitehouse, T. Schoop e L. Espenak, e si collega alle più recenti ricerche di J. Chodorow, J. Adler, J. Kestenberg, P. Lewis Bernstein e Dosamantes Alperson.
Muove dalla tecnica di osservazione e codificazione del movimento di Rudolf  V. Laban e dagli studi sul corpo in movimento di I. Bartenieff degli anni ’50 e ’60. Attraverso la connessione tra sviluppo del movimento e sviluppo psicologico si organizza e si stabilisce l’interdipendenza di elementi corporeo-motori e psicologico-emozionali in un continuum soma-psiche. Il segno, il gesto e il movimento sono gli strumenti della comunicazione terapeutica attraverso cui prende corpo e forma l’inconscio. Il coreografo Merce Cunningam, a partire dalla metà degli anni ’50, in parallelo alle sperimentazioni musicali di John Cage e alle poetiche Neo Dada di Rauschenberg, realizza e sviluppa il proprio concetto di danza basato sulla rappresentazione dei movimenti naturali dell’uomo, come camminare o stare in piedi, movimenti casuali, non intenzionali, accettati sul palcoscenico come nella vita quotidiana. Il movimento è espressione di sé e coinvolge dinamicamente l’environment, l’ambiente circostante, la città, l’altro. L’uomo fa esperienza della realtà con i sensi, la rielabora e interpreta secondo la propria sensibilità per poi restituirla e comunicarla di nuovo all’esterno in un processo simbolico circolare di continua decostruzione e ricostruzione.