La scelta dell’abito è un’azione che quotidianamente compiamo senza nemmeno rendercene conto. Aprire l’armadio e scegliere la mise che troviamo più adatta per l’occasione, per le nostre fattezze fisiche o per il nostro umore, è una facoltà che abbiamo, grazie anche a quel che la moda ci offre.
Esiste tuttavia una categoria di persone che esula da questi privilegi. Pensate a chi è costretto, ad esempio, su una sedia a rotelle: indossare un abito da sera, un tailleur, o anche un semplice paio di jeans può richiedere una complessità non trascurabile. Ecco perché spesso le persone diversamente abili vestono in tuta o comunque abiti che guardano poco all’estetica.
L’industria della moda non ha mai compreso le esigenze di chi, nonostante l’handicap fisico, voglia comunque poter vestire secondo i propri gusti e seguendo magari le ultime tendenze, senza dover necessariamente sacrificarsi in indumenti malagevoli che costringono a difficili manovre per essere indossati.
Eppure c’è chi, grazie alla sua esperienza e professionalità, ha pensato al modo per superare questa impasse: è Ernesto Simionato, un ex sarto che, vivendo la realtà della malattia in prima persona, ha lavorato come formatore presso una scuola convitto professionale per disabili in Piemonte, dove ha avuto modo di conoscere le esigenze di chi, come lui, soffre una qualche forma di disabilità.
Il signor Simionato ha potuto così ideare ed elaborare un brevetto di prototipi per una linea di abbigliamento rivolta a disabili, anziani, infortunati, malati, specifico per chi ha problemi di paralisi, dolori, disagio nel muovere gli arti: l’idea sta infatti nel far indossare l’indumento non nella maniera tradizionale, bensì tramite accostamento.
Per questa sua invenzione il sarto ha ricevuto anche premi e riconoscimenti: è stato premiato in un concorso indetto dalla Ervet Spa di Bologna,  ha vinto il contest “Torino: un prodotto per tutti” e ha sottoposto il suo brevetto a medici e fisiatri, che l’hanno accolto con plauso. Nel 2008 è giunto a brevettare la sua linea per accostamento e chiusura, che elude le difficoltose azioni dell’indossare ed infilare, purtroppo tanto complesse per ben 4,5 milioni di italiani e circa 40 milioni di europei.
La sua proposta innovativa e rivoluzionaria non sembra, però, aver riscontrato l’interesse di chi invece potrebbe cinicamente guadagnarci: le case di moda e le aziende di abbigliamento, non hanno mai riservato grande attenzione a questa potenziale fascia di clienti, né tantomeno le catene commerciali e i negozi hanno cercato di porre il disabile nella condizione di sentirsi ‘psicologicamente normale’, consentendo di fare acquisti come tutti.
Abbiamo dunque chiesto al signor Ernesto di parlarci in prima persona della sua idea e dell’importanza che può avere per le persone diversamente abili.

In cosa consiste il suo brevetto?
Il brevetto che ho ideato consiste in lievi modifiche di taglio delle stoffe e nel posizionamento delle 5 chiusure, funzionali ad essere indossati per accostamento. Sulla circonferenza vita viene posto un elastico speciale, cucito in modo diverso da quello normalmente in uso, per evitare fastidi tattili; a tal fine vengono posti in essere anche altri accorgimenti, che evitano lo sfregamento della pelle. I modelli sono inoltre volti ad evitare torsioni dolorose di polsi e spalle, mentre le tasche sono invece posizionate in punti più agevoli da raggiungere con le mani.

Come è giunto alla sua ideazione?
Facevo il sarto, ma per passione mi interessavo anche alla cultura medica, e senza queste cognizioni, non sarei arrivato a ideare il mio brevetto. Avevo notato che gli assistenti e i fisioterapisti avevano molte difficoltà a cambiare i ragazzi spastici, distrofici e infortunati per il peso dei ragazzi seduti. Nel tentativo di ovviare a questa problematica è nata l’idea e ho confezionato una prima tuta sperimentale taglia M, che ho poi fatto provare agli stessi degenti. Successivamente ho dovuto operarmi in prima persona al ginocchio e alla spalla presso l’università di Pavia e mi sono  confezionato un pigiama della mia misura. Nei giorni seguenti i dottori, gli infermieri, i fisioterapisti, i ricoverati e i parenti, vedendo e capendo l’innovazione ergonomica e constatando la praticità del vestire – svestire con minore fatica, dolore e tempo, erano tutti stupiti e meravigliati.
Una volta guarito ho perfezionato i prototipi confezionando completi eleganti: pantaloni, giubbotti in denim, ma anche felpe e maglie intime. Ho pensato allora, tramite uno studio per brevetti, di presentare la mia idea presso la camera di commercio del mio capoluogo.
Nel frattempo facevo ricerche in internet per trovare qualche ditta che produceva un abbigliamento simile al mio sia in Italia che all’estero, ma non ho trovato niente. Ho potuto constatare che delle ditte producevano alcune soluzioni parziali, ma senza la visione complessiva dei movimenti del corpo umano dal punto di vista medico, per un abbigliamento multifunzionale. 

Può illustrarci l’iter che ha intrapreso per promuovere il suo brevetto?
Ho cercato di far conoscere la mia idea tramite articoli su giornali locali e su Millionaire,una rivista di franchising e nuove idee. Ho scritto a diversi blog, siti, tra cui il social network Linkedin. I tanti lettori hanno capito la mia idea e sono tutti d’accordo per la bella iniziativa, ma più complessa si è rivelata la sua realizzazione pratica.

Quale il risultato?  
Ho avuto diversi contatti con ditte italiane di abbigliamento, ma in generale ho avuto l’impressione che non veniva approfondita e compresa né la mia idea né il mercato di vendita. L’unica ditta che ha mostrato interesse e che produceva già abbigliamento per invalidi, ha chiuso per mancanza di liquidità. Per iniziare, ho pensato che basterebbero circa 23/28.000 euro per la produzione di 1.000 capi.
Un’altra piccola azienda è disponibile ad iniziare la produzione, ma non riesce a trovare l’appoggio sensibile di rappresentanti, dei grossisti o delle catene di abbigliamento per la vendita e la divulgazione del prodotto. Potrebbe essere una spinta promozionale della mia idea l’intervento di uno sponsor esterno, come fanno ad esempio le banche con il restauro dei monumenti.

Come la moda può venire incontro alle esigenze delle persone diversamente abili?
Dando suggerimenti ed idee alle ditte di confezione di biancheria intima ed esterna su materiali e colori, come ad esempio le stoffe, tra cui menziono l’ultima invenzione che consiste in un tessuto antibatterico, che si devono comunque adattare alle temperature stagionali in modo differente da quelle pensate per le persone normodotate, dato che i disabili, per le patologie delle quali soffrono o per la loro ridotta o assente mobilità, percepiscono in modo diverso le variazioni climatiche. Anche l’introduzione dei disabili stessi tra gli esperti nella progettazione e realizzazione delle confezioni sarebbe auspicabile, proprio perché vivendo in prima persona la disabilità ne possiedono una conoscenza diretta e approfondita, ovviamente molto più di chi si occupa professionalmente e con impegno del settore, ma con conoscenze indirette e spesso incomplete.                 
Trovo inoltre che sarebbe utile far sfilare sulle passerelle almeno una/un modella/o in carrozzina, per offrire al vasto pubblico la possibilità di relazionarsi in modo costruttivo con i diversamente abili e di venire a contatto con la loro realtà, spesso ancora poco conosciuta. In altri Paesi sono stati fatti passi avanti in questa e in altre direzioni, mentre nel nostro esistono ancora molte resistenze e tabù. Rappresenterebbe dunque un bel traguardo per il Made in Italy, che da sempre è sinonimo di avanguardia e attenzione ai dettagli.

Quale messaggio intende lanciare alle aziende di moda?
Confesso che mi stupisce che le aziende del settore non abbiano mai pensato di affrontare la realtà della moda nella disabilità. Perché non si sensibilizzano al mondo delle persone disabili, abbandonando per un momento la loro continua ricerca di perfezione fisica? Non ci sono solo le modelle alte e slanciate da vestire, ma anche tante persone con problemi di vestibilità, che sarebbe facile risolvere applicando semplicemente il principio dell’ergonomia. Le aziende stesse ne guadagnerebbero sicuramente, anche con un ritorno d’immagine riguardante il “sociale”. E non dimentichiamo poi che il mio progetto multifunzionale per creare abiti rivolti ai diversamente abili, non aumenterebbe di molto i costi di produzione: la piccola crescita di spesa sarebbe anzi sicuramente compensata proprio dai vantaggi di quel ritorno di immagine, che metterebbe in ottima luce l’azienda stessa per il proprio concreto impegno verso la collettività.

Informazioni:
Per chiunque volesse contattare il sign. Ernesto Simionato, i suoi contatti professionali sono:
Tel: 0161 202870
simern44@tiscali.it