Si sta completando il passaggio di tutta Italia al digitale terrestre (le ultime regioni interessate saranno, nel 2012, Calabria e Sicilia) ed è già cambiato lo scenario dei palinsesti e l’offerta mediatica della cara, vecchia tv. E’ infatti aumentato di cinque volte il numero dei canali gratuiti visibili agli spettatori, con un conseguente spezzettamento dell’audience che frena i picchi di share delle principali emittenti nazionali. Gli ascolti del gruppo Discovery con Real Time, quelli del gruppo Disney con i bouquet di canali dedicati ai più piccoli e Fox con le serie televisive e i programmi di intrattenimento, stanno infatti raggiungendo quote superiori all’1%, cifre che fanno ipotizzare la nascita di un nuovo polo audiovisivo dopo la sempiterna dominazione Rai-Mediaset.
Un duro colpo che andrebbe ad infliggere un quadro già di per sé critico dopo l’annuncio da parte del Ministro per lo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, Paolo Romani, del bando di gara per l’assegnazione delle frequenze del digitale terrestre ancora libere che sarà finalmente spedito a Bruxelles dopo mesi di rimandi.
Ritardi dovuti soprattutto alla cosiddetta questione “Sky”, che ha ottenuto dall’Unione Europea il “nulla osta” per la partecipazione alla gara, con la sola condizione di non poter offrire canali a pagamento per i primi cinque anni dall’assegnazione delle frequenze.
In gara ci sono cinque nuovi multiplex (dispositivi in grado cioè di ospitare sulla stessa frequenza fino a sei, sette canali diversi) divisi in due lotti: uno riservato a chi già possiede multiplex (Rai, Mediaset e Telecom), l’altro riservato alle nuove entranti (Sky, PrimaTV, Gruppo Espresso con ReteA e Rete Capri).
E se Mediaset, Telecom Italia e PrimaTV si scagliano contro il colosso Murdoch, l’Associazione delle tv locali si avventa contro Mediaset per intraprendere una vera e propria battaglia legale affinché si assicuri la sopravvivenza delle realtà audiovisive più piccole.
Le piccole emittenti regionali, avendo difficoltà a riempire tutta la banda, hanno infatti deciso di affittare a prezzi competitivi parte di queste frequenze a emittenti con copertura nazionale ( è questo il caso del canale per ragazzi K2, ad esempio), riaprendo il mercato e assicurando il totale sfruttamento del multiplex. Questa nuova strategia di business non è però stata accolta con plauso dalle grandi emittenti nazionali: con la legge di Stabilità 2011 (legge 13 dicembre 2010 n 220), infatti, si conferisce al Ministero dello Sviluppo Economico (quindi al Governo, che vede come presidente il  proprietario di Mediaset) “il potere assoluto di definire obblighi e regole” in materia. E una regola è già arrivata con l’ordine per le tv locali di dedicarsi “esclusivamente alla promozione delle culture regionali e locali”, azione impossibile da compiere considerate le possibilità economiche delle piccole emittenti che già faticano a riempire i palinsesti con repliche e televendite visti gli elevati costi di produzione.
Ma se le frequenze non vengono sfruttate, lo Stato ha il dovere di chiederle indietro, rimettendole di nuovo in gara.
Maurizio Giunco, presidente dell’Associazione tv locali, annuncia che la protesta contro questa decisione sarà imponente e prevede la messa in onda di numerosi spot televisivi contro coloro che cercano di uccidere il mercato, eliminando tutti i possibili competitori.
Gina Nieri, consigliere d’amministrazione Mediaset sostiene che “il regolamento non esiste ancora e che, sui suoi contenuti, Mediaset non c’entra”.
Fatto sta che, come qualcuno ha già notato, le tv locali stanno ora facendo quello che Fininvest fece nei primi anni ’80 quando, con cassette e registrazioni, riuscì a scalfire il monopolio Rai. Perché, come affermava Machiavelli, “tutti li tempi tornano, li uomini sono sempre li medesimi”…