Inciampare sull’arte che diventa memoria di un evento catastrofico, con sbadataggine rendersi conto che il tessuto urbano nasconde e insieme restituisce la testimonianza di una vita: questo lo scopo e l’impresa dello scultore tedesco Gunter Demnig, che dal 1993 realizza piccole targhe d’ottone della dimensione di un sampietrino per ricordare tutti i deportati, razziali, politici e militari. L’artista decide di dedicare il suo tempo e il suo impegno alla memoria dei deportati di guerra con gli stolpersteine, le “pietre d’inciampo“, sulle quali sono incisi il nome, l’anno di nascita, la data e il luogo di deportazione, la data della morte della persona perseguitata. La pietra, piccola lapide di ottone collocata dall’artista nelle prossimità della casa in cui abitò il deportato, non è solo impronta di un’esistenza devastata, ma va a configurare con le altre una mappa, un tracciato che oggi conta più di 22.000 pietre in tutta Europa. L’operazione dell’artista è infatti un progetto globale e sovranazionale che attualmente coinvolge Germania, Austria, Ungheria, Ucraina, Cecoslovacchia, Polonia, Paesi Bassi e dal 28 gennaio 2010 anche l’Italia con l’apposizione a Roma di 30 targhe della memoria. A distanza di un anno l’artista tedesco torna a contestualizzare cinquantaquattro nuovi sampietrini lucenti in 5 municipi della Capitale: il I Municipio (Centro Storico); il II Municipio (Flaminio, Parioli, Pinciano, Salario, Trieste); il III Municipio (Castro Pretorio, Nomentano, Tiburtino), l’XI Municipio (Appio, Ostiense, Ardeatino); il XVII Municipio, (Borgo, Prati, Balduina). Così la seconda edizione di Memorie d’inciampo a Roma progetto artistico animato da ragioni etiche, storiche e politiche curato da Adachiara Zevi e dal Comitato scientifico composto dagli storici Anna Maria Casavola, Annabella Gioia, Antonio Parisella, Liliana Picciotto, Micaela Procaccia e Michele Sarfatti, intende sensibilizzare l’opinione pubblica in maniera discreta e non retorica, popolando i quartieri di micro architetture, non-monumenti funerari moderni, che intendono stabilire un contatto tra presente e passato, tra sfera privata e pubblica, tra individuo e collettività. Memorie d’inciampo a Roma coinvolge direttamente i cittadini dando loro la possibilità di acquistare le pietre, il cui costo è di 100 euro, presso la Casa della Memoria e della Storia. Accolti da Stefano Gambari, quanti lo volessero, potranno contribuire attivamente e ricordare familiari o amici deportati attraverso l’acquisto e la collocazione di uno stolpersteine davanti alla loro abitazione. Posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, e promossa da ANED (Associazione Nazionale ex Deportati), ANEI (Associazione Nazionale ex Internati), dal CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), dalla Federazione delle Amicizie Ebraico Cristiane Italiane, dal Museo Storico della Liberazione, dalla FNISM (Federazione Nazionale Insegnanti) – Sezione Roma e Regione Lazio, dall’Irsifar (Istituto Romano per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza) e organizzata da Incontri Internazionali d’Arte, l’iniziativa è inoltre supportata e affiancata da un progetto didattico che seleziona alcune scuole romane affidando loro il compito di una ricerca storica sui deportati del proprio Municipio. Gli stolpersteine, strumento artistico politico e sociale contro l’oblio e il revisionismo storico, ricordano le ceneri del muro di Berlino che si infiltrano tanto capillarmente nella città quanto casualmente sotto le suole o alle spalle degli abitanti. Per approfondire le motivazioni sottese a questa iniziativa abbiamo intervistato Adachiara Zevi, curatrice della seconda stagione di queste “pietre d’inciampo” a Roma.            

Memorie d’inciampo a Roma è un progetto in cui l’arte contemporanea si pone in relazione con il territorio, si insedia nel tessuto urbano, interviene su questioni sociali e politiche di grande rilevanza come la deportazione, la privazione, la memoria. Quale è stato il percorso e quali le motivazioni che hanno condotto ad organizzare a Roma un evento così significativo?
Le ragioni sono le stesse che hanno portato a realizzare questo progetto nelle altre città d’Europa. L’Italia, al pari degli altri paesi europei, è stata colpita sia dal fascismo sia dal nazismo, al momento dell’occupazione tedesca. Proprio in questo momento sto camminando in Via dei Giubbonari, ho inciampato in due pietre che abbiamo messo l’altro giorno. L’importanza del progetto è proprio questa: camminando distrattamente, pensando ai fatti propri, ci s’imbatte in queste pietre, si vede il luccichio e ci si ferma a leggere. Si conosce una cosa che è successa e non si dimenticherà ciò che è stato letto. Anche l’Italia con il carico di deportati che ha avuto (pensi solamente a Roma, il giorno del 16 ottobre del 1943, con la deportazione di militari e politici) ha pagato un tributo altissimo durante la seconda guerra mondiale. E’ giusto come in altri paesi ricordare questi deportati con una pietra davanti la loro abitazione.

Importante per il progetto è la sensibilizzazione nei confronti dei cittadini. Alla sua seconda edizione come è stato accolto e supportato dai cittadini dei municipi coinvolti?
La manifestazione quest’anno ha avuto ancora più presa non solo sulla stampa e nelle televisioni, ma soprattutto sui cittadini. Abbiamo toccato 25 strade e 5 municipi per un totale di 54 sampietrini. Non sapevamo con precisione quale potesse essere il numero della strada e la casa in cui bisognava istallare il sampietrino. Ce ne accorgevamo dalla quantità di gente che si era assemblata: non solo i familiari, che hanno ricordato la storia che questo sampietrino vuole ricordare, ma intere famiglie si sono ritrovate dopo tantissimo tempo e poi i cittadini che si fermavano curiosi. In ognuno di questi posti c’è stato l’intervento dei responsabili del municipio, io stessa ho fatto un intervento per illustrare il progetto, che poi è un progetto artistico, ma anche un evento di grande partecipazione e commozione. Solamente se i progetti hanno una continuità nel tempo riescono a dimostrare la loro qualità.

Memorie d’inciampo non è un evento one shot, ma progetto in progress, di lunghissima  durata. Quali saranno gli sviluppi futuri?
Memorie d’inciampo è un progetto di durata infinita. Ogni anno nuove famiglie chiederanno di  posizionare i sampietrini a nome dei genitori e dei parenti. Questa mappa della memoria crescerà fino ad arrivare, secondo un limite irraggiungibile, al numero totale dei deportati in Italia e in Europa. L’opera di Gunter Demnig tende a quel limite, vuole riuscire a ridare memoria e dignità a tutti coloro che sono stati ridotti a numeri nei campi di sterminio, sepolti nelle fosse comuni; intende restituire loro una dignità di persona attraverso l’iscrizione sul sampietrino posto in un luogo dove i familiari e i cittadini possano ricordare questa persona. Quindi è un progetto straordinario che non si risolve in una giornata, in un anno, in  2 o 3 anni, ma potenzialmente ha una durata infinita.

Come certa arte concettuale gli stolperstein di Gunter Demnig sparsi nella mitteleuropa rappresentano una catalogazione, una registrazione documentaria dei deportati di guerra. L’idea dell’artista tedesco va a segnare un percorso della memoria all’insegna della discrezione, della non invasività. Perché questa componente anti-monumentale è così importante?
Questi sampietrini sono dedicati a tutti i deportati politici, razziali, militari, rom, omosessuali, a tutte le vittime della discriminazione e dell’intolleranza. La discrezione è molto importante e la
dimensione concettuale c’è perché l’ingombro è minimo, anzi praticamente non c’è. Questi sampietrini sono al livello della strada, visivamente discreti, ma allo stesso tempo radicati nel territorio. La storia di questi sampietrini è dunque parte integrante di questa città e come tale non può essere rimossa.