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Sono stati presentati il 25 gennaio 2011, in occasione del VIII Summit Iem, i risultati dell’indagine condotta dalla Fondazione Rosselli, curata da Flavia Barca e coordinata da Andrea Marzulli, sugli investimenti italiani nei settori dell’industria culturale e delle telecomunicazioni.
Una ricerca che mette in luce l’insufficiente coordinamento tra gli organismi responsabili dell’erogazione fondi, rappresentati dal Mibac, Ministero per lo Sviluppo economico e il Dipartimento per l’Informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, e il sostanziale decremento della spesa pubblica riguardante sia le “attività culturali, ricreative e sportive”, sia il comparto delle telecomunicazioni.
Per il 2009, anno su cui si focalizza l’indagine, il sostegno pubblico all’industria culturale e alle telecomunicazioni è stato infatti di 2.972 milioni di euro, di cui 1,7 miliardi sono da rintracciarsi nel canone radiotelevisivo e nei contratti di convenzione Rai con la Pubblica Amministrazione.
Dopo il canone Rai, i maggiori contributi sono destinati alla Lirica (270 milioni) e all’Editoria (182 milioni di contributi diretti e 220 milioni di rimborsi postali).
Il Cinema (dalla produzione alla promozione) riceve 116 milioni (tra fondi Fus ed extra-Fus come Arcus e Gioco del Lotto) ed ulteriori risorse indirette da tax credit e tax shelter (24 milioni) più parte dei fondi regionali.
Il dato sconcertante appare però quello riguardante le Telecomunicazioni: solo 77 milioni sono stati i fondi pubblici destinati alla banda larga nel 2009, pari ad appena il 2,6% del totale.
Dopo il lancio del programma Banda Larga nel 2003 che ha visto stanziare, attraverso il Cipe (il Comitato Interministeriale per la Programmazione economica) i fondi per lo sviluppo della banda larga in 8 regioni del Mezzogiorno, deboli sono state le azioni orientate al superamento del digital divide.
Particolarmente duri sono stati, inoltre, i tagli ai contributi all’editoria, che hanno colpito in maggior misura i rimborsi alle spese postali (scesi in 7 anni da più di 300 a 50 milioni) e i contributi in conto capitale. Diminuiscono, altresì, i ricavi pubblicitari dei quotidiani cartacei e i ricavi delle vendite che inaspriscono le vicende legate alla concorrenza dei corrispettivi on-line.
Da questo quadro incerto, soprattutto per il futuro, che vede il consuntivo del 2010 attestare un’ulteriore perdita dell’1,5% per tutto il settore analizzato, unici barlumi di speranza provengono dai mezzi ad esclusivo contenuto di marketing: la pubblicità su internet, ad esempio, ha guadagnato oltre 6 punti percentuali rispetto al 2008, dato che risulta positivo anche se confrontato con le performance di altri paesi europei come Francia, Spagna, Germania e Regno Unito.
Crescono inoltre gli incassi cinematografici, che fanno registrare un incremento del 4,2%, dovuto sia all’aumento del biglietto per le proiezioni in 3D che alla buona ripresa del prodotto cinematografico nazionale.
Il punto chiave dell’indagine risulta però il conclusivo ammonimento riguardante la molteplicità dei soggetti responsabili dell’erogazione delle risorse pubbliche, privi di logiche di coordinamento e di trasparenza, che premiano, direttamente o indirettamente, gli attori della filiera, trascurando invece i progetti innovativi .
Mentre infatti nel settore dello spettacolo dal vivo, i criteri per l’assegnazione delle risorse sono sia quantitativi che qualitativi, negli altri settori considerati, la qualità non è un criterio per l’attribuzione dei fondi: non lo è per il servizio pubblico, né per i fondi all’emittenza locale, né per i contributi all’editoria.
Essendo l’industria culturale soggetta, per sua stessa natura, a fallimenti di mercato, lo Stato non può quindi esimersi da profonde riflessioni che investano in primo luogo la sua gestione, strategica anche per il traino dell’innovazione e della ricerca.
Approfondimenti:
Fondazione Rosselli