La storia di “Transmediale – festival for art and digital culture Berlin”, e la sua edizione 2011, conclusasi il 7 febbraio dopo una settimana di intensa programmazione,  rappresentano un importante indicatore dell’evoluzione e stato dell’arte digitale, ma soprattutto del suo posto tra le forme di “intrattenimento” già consolidatesi presso il pubblico mainstream. Il festival è stato tra i primi eventi ad occuparsi esclusivamente delle forme espressive legate alle tecnologie digitali: nato nel 1998 come reazione “indipendente” alla già innovativa selezione cinematografica della Berlinale, Transmediale  ha gradualmente lasciato il grande schermo per concentrarsi sulla videoarte. Con il vertiginoso sviluppo di tecnologie e applicazioni digitali, il festival si è quindi dedicato ai generi espressivi scaturiti dalla rivoluzione digitale.
Transmediale è il programma centrale di una complessa serie di eventi e installazioni che hanno invaso Berlino dal 28 gennaio al 7 febbraio. Prima il DAS (Digital Art/Sound) Weekend, che ha coinvolto oltre 70 gallerie e location sparse per i quartieri più centrali e giovani (Mitte, Prenzlauerberg, Kreuzberg, Friedrichshain), con piccoli trovati di creatività digitale visiva e sonora, solo a volte degni di attenzione. Impossibile vedere tutto, ma la Google Map preparata per l’occasione è stata lo strumento più utile, inclusa la solita valanga di cartoline e programmi stampati per un evento che usa “digitale” anche quando in fondo non disdegna il caro vecchio tubo catodico. 5.000 i visitatori dichiarati, ma ancora non un evento effettivamente in grado di conquistare la città.
Il 1 febbraio, tutti pronti per il Transmediale vero e proprio. Disorientati da un tour riservato per la stampa internazionale, tenuto in tedesco, rimaniamo delusi dall’allestimento della Haus der Kulturen der Welt, enorme location nella verdissima zona del parco Tiergarten, non lontano dal Parlamento. La prima sensazione è di un uso approssimativo e addirittura improvvisato dello spazio, lontano dai livelli delle grandi mostre internazionali. Le opere sembrano creazioni da “piccolo scienziato” disperse in un’area enorme che non sono in grado di riempire visivamente e concettualmente: computer, ampolle, schermi retrò… l’aspettativa di un’epifania tecnologica è delusa. Solo nei giorni seguenti si entra nello spirito tutto berlinese dell’evento: in particolare all’apertura e chiusura dell’evento con la premiazione delle migliori opere, e grazie a eloquenti interventi dei programmatori. Volontariamente esclusa la tecnologia d’effetto, l’attenzione è sulla dimensione performativa, l’unica in grado di rivelare il concetto centrale di quest’edizione: la RESPONSE:ABILITY. In che modo stiamo prendendo parte alla rete, un’entità creata da altri? Come interagiamo oggi offline, in presenza e a causa dell’online?
Da workshop e lecture con grandi esperti di media, allo spazio live permanente Open Zone, un’area dedicata a interessanti artisti multimediali come Gabriel Shalom e le sue campionature video-musicali, da video opere come il capolavoro di stop motion The Secrets Trilogy, a progetti interattivi quali la Spatial Sound Sculpture e la polemica italiana sulla privacy di Facebook-to-Facebook, Transmediale si apprezza e gusta lungo tutta la sua durata, rifuggendo facili effetti speciali, e piuttosto creando un’atmosfera che si nutre più che delle opere di per sé, degli artisti che le animano di quando in quando.
Transmediale, e l’arte digitale, sembra stiano vincendo la scommessa del pubblico: per stessa ammissione del programmatore uscente Stephen Kovats il visitatore tipo, da intenditore di arte di nicchia al limite del geek, è sempre più giovane e viene da ambienti anche estranei agli ambienti intellettuali. Uno spostamento verso l’area mainstream forse dovuto alla diffusione di contenuti sempre più ricercati e sperimentali sul web, dove le logiche di fruizione del prodotto culturale sono ridiscusse quotidianamente, attraverso la democratizzazione dell’esperienza artistica.
Da questa consapevolezza, Transmediale coglie ispirazione per una partnership con la Mozilla Foundation, impegnata in iniziative con arte e scienza che spingano il marchio oltre l’immagine del noto browser. Il risultato è l’Open Web Award, una sezione che celebra il potere creativo dell’open source. Il vincitore del premio è GML – Graffiti Mark Up Language, che permette di digitalizzare, condividere e combinare la creazione di street art.
Per il resto, a livello di marketing digitale si fa poco, o meglio lo stretto necessario: il pubblico deve orientarsi a fatica tra siti disordinati e sollecitazioni su social network. Ci si aspetterebbe di più da chi ha come punto di forza lo studio del digital lifestyle e ha a disposizione una ricchezza unica di contenuti video, audio e interactive.
Nonostante questo Transmediale, forte di un’indiscussa crescita di notorietà e rilevanza, può contare su altri 5 anni di finanziamento pubblico, che saranno segnati dal nuovo direttore artistico, lo svedese Kristoffer Gansing. Non così fortunato è il festival gemello, Club Transmediale, dedicato alla musica elettronica, che sarà probabilmente costretto a chiudere i battenti per scarsità di fondi, soprattutto privati, o senz’altro dovrà rivedere dimensioni e modalità di fruizione. Tenutosi in contemporanea con Transmediale, CTM ha portato una selezione davvero notevole di dj e soundmaker internazionali in alcune delle maggiori location della scena club della capitale tedesca: da Festsaal Kreuzberg, al famoso Berghain. Un ottimo festival di musica elettronica potrebbe soccombere all’arte digitale, a Berlino. Segno dei tempi?