Intervista a Giacomo Sferlazzo, promotore del progetto “Io vado a Lampedusa”

La tua associazione culturale Askavusa, assieme a Legambiente e Lampedusainfestival, ha promosso “Io vado a Lampedusa”, iniziativa che cerca di far emergere il turismo lampedusano in un periodo difficile come questo. Da quali principi parte il vostro progetto e quali sono gli obiettivi che vi ponete?
Il nostro progetto parte dalla coscienza che l’immigrazione ha molti aspetti positivi, uno su tutti il contatto diretto con uomini e donne che vivono realtà assai diverse dalla nostra  che possono farci crescere sul piano umano e spirituale, che ci consegnano la storia attraverso i loro volti e le loro espressioni, che ci ricordano l’enorme disparità che l’occidente, in accordo con pochi dittatori, banchieri, industriali e multinazionali ha causato nel mondo.
Dal principio che solo perseguendo una strada solidale e uno sviluppo incentrato sulla salvaguardia e valorizzazione della natura e dei diritti umani universali ci può essere un futuro migliore. gli obbiettivi che ci siamo posti sono quelli di creare una coscienza critica rispetto al rapporto con il mercato, sia  da parte di chi viene in vacanza a Lampedusa, sia da parte di chi fa impresa nel turismo a Lampedusa.
Porsi il problema dell’immigrazione non in termini di danni d’immagine per il turismo, ma come risorsa per un nuovo tipo di turismo, attento prima di tutto al valore della vita.
Arrivare a costituire un vero e proprio circuito di persone che si impegnano a praticare attività essenziali, come la raccolta differenziata, la sostituzione dei vecchi sistemi di approvvigionamento di energia con le nuove tecnologie per energie rinnovabili, il sostenere attività culturali come il Lampedusainfestival, e tutte quelle piccole cose che sommate fanno i grandi cambiamenti.

Quali sono le condizioni degli immigrati che sbarcano a Lampedusa? I centri di prima accoglienza mostrano segnali di evidente difficoltà a contenere una grande quantità di persone. Quali potrebbero essere, a tuo parere, le mosse da attuare in una situazione di emergenza?
Le condizioni degli immigrati che sbarcano a Lampedusa sono diverse a secondo del viaggio che li ha visti protagonisti, dal punto di partenza, dalle condizioni del mare, dal numero di persone , dalla grandezza della barca. Gli ultimi sbarchi per fortuna, non hanno visto molte persone in gravi condizioni, ma ricordiamoci anche che a volte qualcuno non riesce ad arrivare sull’isola e viene inghiottito dal Mediterraneo per sempre.
Il centro che vi è a Lampedusa può contenere in casi estremi non più di 1200/1300 persone, ma in condizioni veramente estreme. L’unica cosa che si può fare a Lampedusa per evitare situazioni di emergenza è potenziare i trasferimenti aerei o navali da Lampedusa per altri centri italiani.

Qual è il rapporto tra immigrati e abitanti,/turisti/istituzioni? Anche dalla precedente esperienza del 2009, c’è un clima di solidarietà o di diffidenza?
Il rapporto tra immigrati e abitanti è stato, ed è ottimo. Solo inizialmente, quando non si voleva aprire il centro di primo soccorso e accoglienza, circa tremila tunisini erano per strada senza servizi igienici, senza strutture adeguate per dormire e mangiare, c’è stato qualche momento di esasperazione. Ma è comprensibile, la situazione era veramente difficile, ed è stata in parte provocata dalla mancata apertura del centro e dalla lentezza dei trasferimenti.
Il rapporto tra immigrati e turisti in realtà non c’è mai stato, e qualcuno addirittura lo sottolinea come un fatto positivo, come se gli immigrati fossero strani esseri da nascondere. Io cercherei invece un rapporto costante con queste persone, per capire meglio loro e noi. Le istituzioni competenti dicono tutto e il contrario di tutto. Se la chiesa rientra nelle istituzioni, allora è l’unica  che è stata sempre chiara e attenta su questo tema.

Crede che l’immigrazione influirà negativamente sul turismo? Le strutture ricettive come risponderanno a questo empasse? Dovranno abbassare i prezzi?L’immigrazione, come tutte le cose, ha lati positivi e lati negativi. Iintanto, dovremmo metterci nell’ordine di idee che come tutti processi umani l’immigrazione nel Mediterraneo ha avuto un inizio ed avrà una fine, non sappiamo quando, ma credo che se l’Africa acquisterà coscienza delle sue capacità e possibilità, tra una ventina d’anni saremo noi ad emigrare in Tunisia come succedeva in passato.
Detto questo, bisogna costruire il futuro, bisogna ad esempio essere chiari rispetto ai diritti umani, dire che vengono prima di qualsiasi stagione turistica. Io credo che ci sia molta gente nel mondo che, incuriosita da Lampedusa, verrebbe sull’isola se solo ci fossero dei voli a basso costo e strutture aperte tutto l’anno, la possibilità di avere dei percorsi in cui si conosca la storia dell’isola, il suo ruolo geografico , la sua natura particolarissima, la sua vivacità culturale.
Credo che chi si occupa di turismo dovrebbe preoccuparsi di tutto questo: dei prezzi degli aerei, della pulizia dell’isola, del livello di preparazione di chi si occupa di turismo, di imparare l’inglese e il francese, di destagionalizzare il turismo, di non costruire abusivamente , di mettere in regola i propri dipendenti, di promuovere manifestazioni culturali, di andare verso un turismo ecosostenibile, di incentivare gli sport come la barca a vela o il Wind surf, di trattare l’immigrazione con rispetto perchè ad immigrare sono uomini e donne. Se riuscissimo ad aumentare i servizi non si dovrebbero affatto abbassare i prezzi.

In questa iniziativa avete avuto l’appoggio di qualche istituzione?
Abbiamo avuto l’appoggio dei gruppi GAS in particolare Siquillyàh e le Galline felici. Non abbiamo buoni rapporti con l’amministrazione comunale perchè non approviamo le loro scelte politiche.

Per sensibilizzare la popolazione sul tema avete organizzato anche concerti, spettacoli e incontri volti a “far emergere la parte migliore dell’isola, quella Lampedusa che dice a gran voce “No al Razzismo”. Qual è stato il riscontro di questi appuntamenti?
Nel tempo abbiamo visto aumentare l’attenzione verso le cose che organizziamo. Ancora abbiamo tanto da fare, ma sentiamo ogni giorno che qualcosa sta cambiando, siamo ottimisti, e crediamo che solo con la costanza e il lavoro fra qualche anno potremo godere dei primi risultati.