Intervista a Manuela Longhi, responsabile Comunicazione della Mescal srl (www.mescal.it)

La Mescal è Etichetta Indipendente e Management, ma soprattutto la Mescal è Musica. Questa è l’espressione di apertura del vostro sito, che suona più come mission, una dichiarazione di intenti che vi ha accompagnato in tutti questi anni, fin dal 1993. Ci può raccontare l’evoluzione che ha seguito la label piemontese e che fisionomia assume ora?
La Mescal nasce come società di management, con alla base l’amicizia tra Valerio Soave, il nostro Presidente, e Luciano Ligabue, cementata dalla comune passione per la musica. Gli anni seguenti furono fondamentali per Ligabue che, molto impegnato nel suo percorso, trovò onesto ritirarsi dal progetto e lasciare al Dott. Soave la sua parte da gestire autonomamente. Mescal seguì il management di Ligabue fino alla pubblicazione di Buon Compleanno Elvis, mentre vari artisti (Stefano Belluzzi, Massimo Volume, La Crus, Mau Mau, Soerba, Morgan, ecc) – molto diversi tra loro per attitudine artistica – cominciavano a confluire nella struttura, grazie ad un passaparola che descriveva l’onestà d’intenti della nostra azienda.
Dal 1996 la Mescal è anche etichetta; ad oggi ha pubblicato un centinaio di dischi, (Cristina Donà, Marco Parente, Cesare Basile, Perturbazione, Mambassa, ecc) seguendo gli artisti nelle produzioni, nel management, nel loro percorso live. Siamo coinvolti anche editorialmente per poter (in parte) finanziare tutto quello che comporta la pubblicazione di un disco: registrazioni, grafica, foto, video, promozione & marketing.

Si è da poco concluso il Festival della Canzone Italiana di Sanremo, che ha sancito in parte un riscontro positivo per il mondo artistico e produttivo indipendente italiano. C’è chi sostiene che essere discografici indipendenti significhi “innovare e rischiare anche con progetti di nicchia”, che richiedono anche tempi più dilatati. Che significato date voi, invece, al vostro lavoro?
Chi sostiene che essere indipendenti significhi innovare non ci racconta nulla di nuovo. Non abbiamo mai lavorato “a scadenza” come le major, pur mettendo a disposizione le stesse condizioni (a volte ben più “generosamente” di quanto non facessero loro); se un disco non raggiunge gli obiettivi prefissati nei primi tre mesi di lavorazione, normalmente viene abbandonato da queste strutture che tendono a concentrarsi su altri “prodotti”, possibilmente “ispirandosi” ai nuovi fenomeni da classifica. Non è mai stato il nostro caso; proprio perché la base del lavoro in Mescal è far crescere il progetto. Minimamente i nostri sforzi – su ogni album – si protraggono per almeno un anno: basta dare uno sguardo agli artisti e ai titoli che abbiamo pubblicato per averne una controprova; non so se possiamo definirli di nicchia (un termine che non amo molto), ma sicuramente di qualità e spesso lontani da triti standard. Ancor prima “dell’illuminazione” su quest’ultima edizione, la Mescal è stata spesso presente negli scorsi anni a Sanremo, sia come management (Mao e la Rivoluzione, Soerba, Bluvertigo, La Sintesi) che come etichetta (Subsonica).   

Parliamo di mercato discografico italiano, che secondo gli ultimi dati di Fimi – Confindustria, si conferma, rispetto agli altri stati europei, fortemente radicato al repertorio locale (nel 2010 la musica italiana rappresenta il 52% del totale contro il 41% di repertorio internazionale e il 7% di musica classica). Possiamo dire che questo contesto rappresenti per voi un’opportunità? Quali sono, invece, le maggiori criticità del settore?
Mi sembra strano che l’Italia batta la Francia, che ha una legge che impone un’alta percentuale di repertorio nelle play list radiofoniche (basta guardare le programmazioni dei nostri network per intuirne l’enorme divario). Ad ogni modo, l’Italia canora che entra in classifica è spesso ad un unico senso di marcia, trafficata e intasata dai soliti nomi; o di fama conclamata, oppure figlia dei vari talent show. Anche qui, Mescal, rappresenta una piccola ma significativa eccezione; nel 2005 fummo i primi indipendenti a far entrare contemporaneamente due dischi nei primi 12 posti della classifica di vendita (Modena City Ramblers & Afterhours). Non sappiamo se il nuovo contesto rappresenti o meno un opportunità: se lavorassimo in base alle statistiche e all’attenzione rivolta al settore, avremmo chiuso i battenti da anni. Non va dimenticato inoltre che in Italia, l’editoria, i teatri e il cinema ricevono cospicue sovvenzioni statali. L’unica forma d’arte esclusa da ciò, è la musica! Totale indifferenza dunque da parte di chiunque abbia i mezzi per distribuire equamente le risorse.

I canali di distribuzione digitali rappresentano il futuro, facendo registrare negli ultimi sette anni una crescita spettacolare degli introiti di oltre il 1000 per cento (IFPI 2010). Come vi rapportate rispetto alla musica digitale, che sconta l’apparire dirompente di nuovi servizi, divenendo ormai parte del consumo di musica nel nostro Paese?
Non capiamo fino in fondo come si può preferire l’acquisto di un singolo brano o di un disco scaricato sull’iPod, senza credits, testi, foto, copertina senza avere tra le mani quell’oggetto che pur essendosi evoluto o involuto – dipende dai punti di vista – negli anni, ha fatto crescere l’amore per la musica… Per comodità? Per fretta? Mah… Comunque ci adeguiamo creando store on line, affidandoci a strutture e servizi che vendano con noi e per noi musica dawnloadabile.

Che rapporti avete con le altre case discografiche indipendenti italiane? Esistono invece rapporti con le major e, se sì, in che termini esiste una collaborazione?
L’Italia è un paese un po’ particolare sotto il profilo delle collaborazioni; forse per retaggio storico tutti tendono al campanilismo perciò preferiscono coltivare il loro “orticello”. La Mescal ha coinvolto attivamente molti artisti esterni (come ad esempio nel Tora! Tora! Festival) ma non sempre Agenzie e Case Discografiche si sono dimostrate altrettanto collaborative nei nostri confronti. Con le major abbiamo collaborato e collaboriamo su due fronti: in qualità di management e facendoci distribuire le nostre produzioni discografiche.

In ultima battuta, su quali talenti musicali state scommettendo? Cosa ne pensa, invece, dei programmi di talent show musicali in voga negli ultimi anni?
Da anni lavoriamo felicemente e con soddisfazione con la Casa Del Vento (che recentemente ha collaborato sia dal vivo che in studio con Patti Smith), con una grande band come i MCR dei quali pubblichiamo il nuovo “Sul Tetto Del Mondo” il 15 Marzo e con LeLe Battista, autore di rara sensibilità. Abbiamo inoltre dato alle stampe i CD d’esordio di due band, molto diverse tra loro ma assolutamente più che intriganti e interessanti: gli Elizabeth (Ruggine) e i Versus (Retròattivo). A breve, il 10 Maggio, vedrà la luce anche il primo album dei TILT (L’evoluzione delle Ombre), fresca formazione emiliana.
I talent show hanno dalla loro quest’enorme esposizione mediatica, normalmente preclusa al restante panorama discografico, se togliamo come sempre i più famosi (e raramente giovani) artisti. L’evoluzione degli interpreti premiati dai vari Amici e XFactor, darà un senso o meno a tutto questo.