Spesso si parla della museificazione dei centri storici, della loro ipertrofizzazione in reperto del passato che è dato in pasto ai turisti, cartolina vivente per il consumo visivo. E perché non sfruttare in modo creativo questa metafora? Perché non cogliere la dimensione esplorativa del museo per rendere vivo e presente il patrimonio cittadino? In questa prospettiva possiamo “visitare” Genus Bononiae. Musei nella Città, ossia come una strategia attraverso la quale il centro storico di Bologna, presente nella World Heritage List dell’UNESCO per i suoi quaranta chilometri di portici, si pensa e si racconta come un museo della storia civica e architettonica.
Nato per iniziativa del presidente della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, Fabio Roversi-Monaco, Genus Bononiae. Musei nella Città è un percorso culturale, artistico e museale articolato in edifici nel centro storico di Bologna, restaurati e recuperati all’uso pubblico: la Biblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale, con un patrimonio librario dal 1500 ad oggi; San Colombano, con la collezione degli strumenti musicali antichi del Maestro Luigi Ferdinando Tagliavini; la Chiesa di Santa Cristina, sede di concerti; Santa Maria della Vita, ove è collocato il Compianto sul Cristo Morto di Niccolò dell’Arca; Palazzo Pepoli Vecchio, museo innovativo dedicato alla storia della città; Palazzo Fava, affrescato dai Carracci, centro interamente destinato ad eventi ed esposizioni; Casa Saraceni, sede della Fondazione Carisbo; San Michele in Bosco, balcone sulla città ricco di opere d’arte. Inaugurato il 20 giugno 2010, il museo è il frutto di un lungo e articolato lavoro interdisciplinare, iniziato nel 2003, che ha incluso ricerca, restauro, recupero urbano, archiviazione, digitalizzazione del patrimonio storico-artistico.
L’innovazione di questo progetto sta soprattutto nel metodo: integrare una pluralità di strumenti per restituire la complessità della cultura urbana e ricostruirne una narrazione. Collezioni permanenti, testimonianze architettoniche del passato, esposizioni temporanee sono integrate attraverso mappe di percorsi e acquistano senso perché inserite entro palinsesti di attività ed eventi culturali e artistici. Genus Bononiae offre aperture straordinarie dei palazzi storici, ospita spettacoli musicali e performance teatrali che valorizzano specifici oggetti del museo, organizza dibattiti, dialogi con intellettuali, presentazioni di libri.
Ovviamente Genus Bononiae è anche sul web. Tutt’altro che succursali, gli spazi digitali on line sono parte fondamentale del museo. Il sito web – seppure poco interattivo – permette di accedere ad approfondimenti storici, osservare opere d’arte, consultare le mappe dei percorsi, le proposte di visita e un’utile calendarizzazione di mostre ed eventi. Una pagina Facebook, un profilo Twitter e il canale ufficiale YouTube di Genus Bononiae aggiornano su iniziative culturali e mostre.
A fare da minimo comune denominatore di queste espressioni della città è l’esperienza e il coinvolgimento del visitatore. È attraverso la partecipazione ad attività che il visitatore fa conoscenza diretta dei luoghi e della storia artistica, architettonica, culturale di Bologna. Questo rispecchia la tendenza sempre più diffusa per un turismo esperienziale, come testimoniano guide turistiche e portali web, e risponde all’esigenza di visite più interattive e personalizzate. Per esempio, la sezione web dal titolo “Scopri Bologna” – che speriamo verrà arricchita – propone dei percorsi costruiti su temi, argomenti o personaggi che hanno vissuto, si sono radicati e hanno lasciato delle tracce, come i Caracci.
Genus Bononiae è anche un esperimento di osmosi tra città e museo. Che la città di Bologna sia ri-semantizzata in un museo diffuso lo esplicita chiaramente il testo del progetto: “utilizza le strade di Bologna come corridoi e i palazzi e le chiese come sale”. Al tempo stesso, spazi di questo tipo trasformano i tratti del museo. Non più identificato con uno spazio interno e chiuso, il museo è concepito come uno strumento di visione e lettura della città, che ne seleziona e ne coglie i tratti artistici, i beni culturali e tutti gli elementi che costituiscono il patrimonio urbano. In questo senso, il museo tende ad assumere un significato e una morfologia più complessi e poliedrici. Da una parte si indebolisce l’identità del museo come punto di riferimento, istituzione e spazio fisico che definisce la propria specificità spaziale e funzionale rispetto al contesto urbano. Dall’altra parte, però, può venire rafforzato e valorizzato, dato che questa forma di museo è più accessibile e accresce le interazioni con gli attori del territorio e con la vita urbana.
Questo progetto ha fra l’altro una sua peculiarità, che è quella di fondarsi e insieme rappresentare il Genus, come riportato nell’intento del progetto: “Per meglio descrivere e comprendere il genus, la stirpe dei bolognesi di ieri e di oggi”. In questo modo, il brand della città è costruito sull’identità della sua comunità. Identità che si fonda sul patrimonio artistico e storico: una strategia efficace per promuovere una città che si è sempre basata e sviluppata sulla cultura. Per di più, questa “stirpe” è oggi mappabile in un sistema di percorsi, promuovendo così una continuità tra presente e passato. Forse, questo lo rende una proposta anche per gli stessi bolognesi di oggi, affinché non si rappresentino solo come eredi del lascito dei loro predecessori, ma dimostrino come la cultura continua a rigenerarsi proprio grazie al dialogo con il passato. Lasciando spazio per tracciare altri percorsi che coinvolgano arti contemporanee, dalla grafica al cinema d’animazione al fumetto.