La cultura sciopera: lo fa per difendere i suoi diritti, per tenere federe all’art 9 della nostra Costituzione che impone alla Repubblica di promuovere lo sviluppo della cultura, della ricerca scientifica e tecnica. Perché senza cultura il paese inaridisce, le attività creative non vengono premiate, il turismo ne risente e l’intero paese ne uscirebbe sconfitto. E’ un grido di allarme quello che si alza da Federculture e dalla principali associazioni di categoria (Agis, Anci, Upi, conferenza delle regioni e FAI) che, unite, hanno deciso di dar vita a tre giornate nazionali di protesta, che si svolgeranno il 26, 27 e 28 marzo di questo 2011 che ci vede impegnati nei festeggiamenti dei nostri 150 anni di storia, una storia fatta di cultura soprattutto, della nostra abilità di promuoverla ma anche di supportarla.
“Mai come in questo momento il settore è stato penalizzato” si legge nel documento fatto circolare in questi giorni e presentato ieri a Roma durante l’illustrazione del programma previsto per i tre giorni.
Crolla il finanziamento pubblico allo spettacolo, con un FUS che si attesta al minimo storico con soli 258 milioni per il comparto, diminuiscono gli incentivi fiscali per coloro che vorrebbero investire in cultura, si impedisce di fatto agli enti locali (legge 122/2010) di svolgere politiche attive in campo culturale, disincentivando in questo modo anche investitori privati, chiudono o riducono la loro attività festival e manifestazioni storiche nazionali come il festival delle letterature di Mantova, ad esempio, costretto a rivedere il suo programma alla luce dei drastici cali di finanziamenti ottenuti quest’anno.
In questo clima di tagli e sacrifici, solo un aspetto continua ad aumentare: la domanda culturale. La risposta dell’offerta, in controtendenza, prevede l’aumento di un euro a partire dal 1° luglio del costo del biglietto per il cinema e il conseguente rincaro del costo di entrata in numerose realtà culturali italiane le quali, per non rischiare la chiusura, dovranno aumentare il prezzo finale dei vari ticket.
Il Ministro per i beni e le Attività culturali ha presentato le dimissioni e d è stato oggi sostituito con il ministro Galan che fino ad oggi si occupava delle politiche agricole. Grandi nomi della cultura e dello spettacolo si sono già ritirati da quello che sembra essere il periodo più oscuro di sempre a livello culturale. Il professor Carandini, presidente del Consiglio dei Beni Culturali si è arreso ad un clima in cui “c’è poco da fare ed è inutile far finta di nulla” mentre il maestro Muti si è sfogato apertamente dichiarando che “la situazione è tragica e così non si può andare avanti”.
Otto i punti elencati e su cui chiedono chiarezza i promotori dello sciopero, che già oggi, con la class-action a Montecitorio contro i tagli nella danza, settore che mai prima d’ora aveva scioperato, hanno portato alla ribalta quella che viene definita una vera e propria “recessione culturale:

1. affermare la centralità della cultura nelle politiche economiche e sociali nazionali come strumento reale e documentato di crescita civile ed economica
2. assicurare livelli certi e adeguati di finanziamento del settore che ne permettano l’ esistenza e lo sviluppo, iniziando dal reintegro del Fondo Unico dello Spettacolo  
3. introdurre forme di incentivazioni fiscali per le donazioni a favore della cultura
4. garantire il tax – credit e il tax – shelter al cinema attraverso risorse pubbliche o coinvolgendo tutte le realtà che utilizzano il prodotto film e non gravando sugli spettatori e/o sulle sole imprese dell’esercizio cinematografico
5. sostenere l’occupazione e lo sviluppo delle professionalità del settore, anche attraverso opportuni interventi formativi 
6. investire su una efficace tutela e valorizzazione del nostro patrimonio culturale ed ambientale, coinvolgendo anche gli enti locali
7. promuovere i processi di modernizzazione nella gestione e nella produzione, anche sostenendo la creatività giovanile
8. attuare politiche culturali di livello europeo

In tutti i cinema, teatri, musei, biblioteche e luoghi di cultura saranno diffusi manifesti, locandine, videomessaggi e in tutte le città d’ Italia si svolgeranno iniziative che avranno l’obiettivo di raggiungere cittadini e organi di informazione.
Evitate inoltre le celebrazioni della giornata Mondiale del Teatro, prevista in tutto il mondo il 27 marzo, giornata durante la quale si terranno invece iniziative di protesta atte a coinvolgere il pubblico e a sensibilizzare la popolazione italiana nella difesa del proprio diritto alla cultura.

Notizia di oggi il fatto che il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge che a partire dal 2011 assegna in misura permanente al Ministero per i Beni e le Attività Culturali 236 milioni di euro, così ripartiti: 149 milioni di euro al Fondo Unico per lo Spettacolo, 80 milioni di euro alla tutela e al recupero del patrimonio storico, architettonico, artistico e archeologico e 7 milioni di euro agli istituti culturali.
Il decreto stabilisce inoltre che il finanziamento delle misure di agevolazione fiscale in favore dell’industria cinematografica non venga più finanziato dal contributo straordinario di un euro sui biglietti di ingresso nelle sale cinematografiche.
Lo stesso provvedimento permette al MiBAC di assumere unità di personale nei ruoli tecnico scientifici e dirigenziali, attingendo in prima istanza alle graduatorie dei precedenti concorsi.
Il decreto comprende inoltre norme straordinarie per il recupero complessivo degli scavi archeologici di Pompei: viene adottato un piano straordinario di manutenzione e sono potenziati i poteri di tutela della Soprintendenza, anche attraverso l’aumento del personale tecnico addetto e l’invio di una task force composta da archeologi, architetti e operai specializzati per realizzare i primi interventi di necessità. In particolare, verranno riaperte le graduatorie dell’ultimo concorso nazionale per archeologi del Ministero al fine di assumere nuove professionalità da dedicare alla salvaguardia di Pompei.

Dietrofront dunque della maggioranza di Governo che indubbiamente riapre spiragli di vita per alcune istituzioni e programmazioni festivaliere. Ma la protesta continua, in nome di un comparto che rivendica la propria degna esistenza e chiede al suo pubblico solidarietà.