Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
Partita IVA 03068171200 | Codice Fiscale/Numero iscrizione registro imprese di Roma 03068171200
CCIAA R.E.A. RM - 1367791 | Capitale sociale: €10.000 i.v.
Intervista a Raffaelle Fitto, Ministro per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione Territoriale
Lo scorso novembre è stato presentato il Piano per il Sud del valore di circa 100 miliardi di euro. Prima di addentrarci nei punti programmatici del piano, quali sono stati i principali finanziamenti utilizzati per la nascita del Piano?
Il tetto complessivo del Piano è di circa 100 miliardi e la somma include il FAS (Fondo per le aree sottoutilizzate) della programmazione in corso 2007/2013; il Fas residuo della precedente programmazione 2000/2006, già oggetto della ricognizione completata a luglio scorso, i Fondi europei della programmazione in corso 2007/2013, nonché i rimborsi comunitari della Programmazione 2000/2006 ottenuti a fronte della rendicontazione dei cosiddetti Progetti coerenti già finanziati con risorse nazionali.
Essendo il Piano per il Sud parte della strategia Europa 2020, avete beneficiato anche di fondi europei?
Il Piano per il Sud è stato accolto molto positivamente dalla Commissione europea. Ho avuto modo di presentarlo al Commissario per le Politiche regionali, Johannes Hahn e di confrontarmi con lui sugli obiettivi che ci poniamo e quali sono le priorità che abbiamo individuato per la crescita e lo sviluppo del Mezzogiorno. Posso dire che da parte della Commissione c’è stata una larga condivisione sia nella scelta delle aree d’intervento sia nella modalità di utilizzo delle risorse, in tempi certi e per investimenti strategici e mirati. La politica di coesione dell’Italia è perfettamente allineata con quella europea, anche nell’ottica della strategia Europa 2020. La destinazione d’uso delle risorse comunitarie Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale) e Fse (Fondo sociale europeo) è proprio quella di sostenere le politiche di coesione e di sviluppo delle regioni obiettivo convergenza. Questi fondi rientrano quindi pienamente anche nell’impostazione del Piano per il Sud e quindi le due cose non si escludono ma anzi si completano e rientrano nella stessa strategia.
Nel Piano si parla di 8 priorità per il Mezzogiorno raggruppate in 3 obiettivi strategici. Potrebbe descriverli brevemente ed indicare, qualora ci fosse, quale l’obiettivo più difficile da perseguire?
Il piano si basa su otto grandi priorità. Lo sforzo, come ricordava lei, è concentrato sull’attuazione di 3 Priorità strategiche di sviluppo che abbiamo individuato in queste aree: infrastrutture, ambiente e beni pubblici; competenze e istruzione; innovazione, ricerca, competitività. In base all’impatto che l’attuazione di queste priorità avrà sul territorio meridionale saremo in grado di misurare, in un’ottica pluriennale, progressi strutturali di miglioramento delle effettive condizioni di sviluppo del Mezzogiorno. A queste si aggiungono 5 Priorità strategiche di carattere orizzontale, da attuare in tempi rapidi per creare nel Sud un ambiente favorevole e pre-condizioni adeguate al dispiegamento delle potenzialità di sviluppo: sicurezza e legalità; certezza dei diritti delle regole; pubblica amministrazione più trasparente ed efficiente; un sistema finanziario per il territorio: la Banca del Mezzogiorno; sostegno mirato e veloce per le imprese, il lavoro e l’agricoltura.
Sicuramente gli obiettivi, nel loro complesso, non sono semplici da centrare; tra tutti, credo che quello di creare le condizioni di sicurezza e legalità adeguate sia tra i più delicati. E’ inevitabile partire da lì, perché prima di sperare che si attui uno sviluppo duraturo servono le condizioni minime perché esso possa attecchire e rigenerarsi. Gli investimenti a cui stiamo pensando devono in qualche modo creare a loro volta nuovi investimenti per produrre crescita.
Collegata al piano per il Sud vi è anche la Banca del Mezzogiorno. Quali sono le linee di intervento e come opererà la Banca?
Una delle maggiori difficoltà riscontrate dalle imprese meridionali, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, è l’accesso al credito, non certo facilitato dalle condizioni di contesto del Sud. La Banca del Mezzogiorno ha l’obiettivo di promuovere l’accesso al credito attraverso un’ottimizzazione dei processi, degli strumenti e delle risorse europee disponibili; di sviluppare il credito a medio-lungo termine; di facilitare l’accesso al credito tramite gli sportelli della rete aderente alla Banca e di facilitare l’aggregazione dei Consorzi di Garanzia Fidi con l’obiettivo di potenziarne l’efficienza. La Banca opererà come istituzione finanziaria di secondo livello, attraverso una rete di banche sul territorio che diventeranno socie e utilizzando la rete degli sportelli di Poste Italiane.
La filosofia seguita dal Governo è quella di contribuire alla nascita di un nuovo soggetto che operi al pari degli altri operatori di mercato secondo logiche di mercato. Il ricorso ai cosiddetti titoli di risparmio per il Mezzogiorno altro non è che il tentativo, facilmente agevolato, di indirizzare il risparmio verso impieghi produttivi in aree dove il rischio sistemico è più alto.
Nel timing contenente l’Iter procedurale vi è l’indicazione di aprile 2011 come termine per la conclusione dei lavori relativi all’attuazione del Piano. Quali sono le procedure ancora da sbrigare e quali le cause che hanno portato ad un periodo di gestazione del Piano così lungo?
Il timing che abbiamo fissato al momento della presentazione del Piano è stato fin qui rispettato. Abbiamo chiuso nei tempi il confronto con la Commissione europea per accelerare la spesa dei fondi comunitari e anche il confronto con le regioni è stato portato a termine; abbiamo ultimato la ricognizione delle precedenti risorse finalizzate agli obiettivi del Piano e approvato la delibera Cipe per la programmazione delle risorse Fas 2007-2013 e l’accelerazione degli interventi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013. Gli ultimi passaggi sono previsti già nelle prossime settimane quando contiamo di approvare un primo stralcio d’interventi, attraverso delibere Cipe, e poi a seguire si sottoscriveranno i contratti istituzionali per lo sviluppo con regioni e amministrazioni centrali all’interno dei quali dare concreta attuazione al Piano
Il periodo di gestazione non è così lungo se si tiene conto che il quadro normativo all’interno del quale si inserisce il Piano include, oltre al documento politico-strategico, un decreto legislativo, un decreto ministeriale – che coinvolge diversi ministeri – e le delibere Cipe. Parlerei piuttosto di tempo tecnico necessario a svolgere nel modo migliore tutti i passaggi.
“Il principio che vogliamo portare avanti – ha dichiarato in un’intervista – è quello della concentrazione delle risorse su grandi interventi strategici. Ci saranno – ha aggiunto – delle regole precise sui finanziamenti”. Potrebbe darci qualche anticipazione su tali regole e su chi gestirà i fondi?
La concentrazione degli interventi è un obiettivo che deve essere perseguito tanto sotto il profilo tematico – poche grandi priorità – quanto sotto quello numerico. Tanto il Piano quanto la delibera CIPE dello scorso gennaio indicano criteri stringenti per qualificare come strategico un intervento. Occorre far sì che l’utilizzo delle risorse sia indirizzato su quegli interventi che determinano i maggiori impatti sul tasso di crescita dell’economia meridionale. La gestione dei fondi resta nella responsabilità delle Regioni e degli enti locali in funzione della natura degli interventi realizzati, ciò che cambia è che, attraverso il Contratto Istituzionale di Sviluppo, le responsabilità di ciascuno dei contraenti, amministrazioni centrali, regioni, enti locali, grandi concessionari pubblici vengono sancite in modo chiaro, prevedendo altre forme di sostituzioni e penalità in caso di ritardi o inadempienze.