In un clima burrascoso per il futuro energetico del nostro Paese, significativa è la presentazione del Rapporto Comuni Rinnovabili 2011 di Legambiente che dimostra gli importanti passi avanti fatti in Italia riguardo le energie pulite e rinnovabili.
Incrociando i dati ottenuti tramite la somministrazione di questionari con quelli provenienti dai rapporti Enea, GSE, Itabia, Fiper, Anev, Regioni e aziende, il rapporto dona una risposta concreta ai numerosi dubbi sollevati dalle varie istituzioni sulla reale possibilità delle fonti alternative di coprire il fabbisogno energetico della popolazione.
Molti infatti sono i Comuni 100% rinnovabili che grazie a lungimiranti scelte programmatiche sono riusciti a delineare i contorni di un nuovo panorama energetico in cui non solo si potenzia lo sfruttamento di risorse esistenti nel proprio territorio, ma si collegano ad esso una serie di altri fattori come quello occupazionale, di ricerca e di migliorata qualità della vita, essenziali per uno sviluppo a lungo termine delle città coinvolte.
Il Rapporto racconta di un salto impressionante nella crescita degli impianti installati con 7.761 Comuni italiani con almeno un impianto attivo (erano 6.993 nel 2010, 5.580 nel 2009).
Importante è inoltre constatare come questa crescita si registri su tutte le fonti rinnovabili: solare fotovoltaico, solare termico, idroelettrico, geotermico (alta e bassa entalpia), biomasse e biogas.
Per il solare fotovoltaico in testa alla classifica di diffusione troviamo il Comune di San Bellino (in provincia di Rovigo) il quale, tramite gli impianti installati, riesce a coprire i consumi elettrici di tutti gli abitanti e a coinvolgere massimi esperti locali nella ricerca applicata e nello sviluppo di tali risorse. Nel solare termico, modello da seguire è quello del Comune di Torre San Giorgio (provincia di Cuneo) che, considerando la diffusione per abitante, è il comune che riesce a coprire gran parte della domanda energetica.
Date queste premesse e considerati i prepotenti passi avanti che questi territori stanno compiendo verso ambienti più puliti, il Rapporto dimostra la fattibilità di uno scenario al 100% rinnovabile in Europa nel 2050. Utopico? Non proprio, se ognuno riuscisse a puntare su un mix di impianti congeniali alla disponibilità delle risorse locali. L’Italia, in questo, sarebbe sicuramente avvantaggiata rispetto ad altri paesi europei poiché può contare su una larga vastità di risorse (acqua, sole, vento) che, opportunamente sfruttate, potrebbero dar vita a grandi produzioni energetiche rinnovabili.
Nel 2010, secondo i dati di Anev (Associazione Nazionale Energia del Vento) i soli impianti eolici hanno permesso di produrre 8.374 GWh di energia pulita, pari al fabbisogno elettrico di oltre 3,5 milioni di famiglie, un dato sufficiente a far sperare nel progresso di questi impianti.
Eppure, dopo l’entrata in vigore della Legge 9 aprile 2002, n. 55, il cosiddetto decreto “Sblocca centrali”, si è fatto di tutto per la costruzioni di nuove imponenti centrali elettriche volte a scongiurare un nuovo blackout, come quello che ha spento tutta Italia il 28 settembre 2003, e a diminuire i costi dell’energia. Il risultato è che nei prossimi anni avremo centrali in grado di produrre oltre 110 mila MW da soli combustibili fossili (senza contare i potenziali altri 13.000 MW dalle centrali nucleari ora in stand-by dopo la moratoria prevista dal Governo) quando la domanda energetica di tutta la nostra popolazione non ha mai superato i 57 MW, quindi oltre 3 volte superiori le reali esigenze italiane.
Chi ha programmato gli investimenti dunque, dovrà rallentare la produzione, lavorando meno ore del previsto e ribaltando gli oneri sui cittadini i quali vedranno potenziato di certo il loro bacino di energia ma anche la loro bolletta.
La sfida che si pone, dunque, la più difficile come evidenzia anche il rapporto stesso, è quella di tipo culturale: non si deve produrre più energia per sopperire alla scarsità di combustili: bisognerebbe semplicemente sfruttare di più e bene le risorse già disponibili a corto raggio, entro la propria regione, ad esempio. Molti Comuni lo hanno già fatto (al Nord principalmente) ma molto ancora può essere fatto. I dati lo dimostrano.

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