La nuova collezione permanente del Computerspiele Museum ha aperto al pubblico dal 21 gennaio 2011 nella storica sede del Cafè Varsavia sulla Frankfurter Allee. Fondato nel 1997 questo museo è stato il primo ad occuparsi di fissare la memoria della cultura interattiva digitale e a inserirla a pieno titolo tra i beni culturali da preservare e tutelare.
Inizialmente senza una sede stabile, le collezioni sono state al centro di più di trenta esibizioni nazionali e internazionali diventando la mostra itinerante nella storia dei videogiochi con più grande successo di pubblico: oltre 470.000 utenze solo negli ultimi cinque anni.
La raccolta di software e hardware è rimasta a tutt’oggi la più vasta d’Europa ed è entrata a far parte, insieme a tre biblioteche nazionali tedesche, del progetto europeo KEEP incentrato sulla conservazione a lungo termine di beni culturali in forma elettronica e digitale.
“Computerspiele. Evolution eines Mediums” ha trovato la propria sede stabile negli oltre seicentosettanta metri quadrati delle proprie sale, illustrando un tempo in cui i videogiochi non erano affatto dati per scontati. Tra le sue sale il visitatore è accompagnato in un viaggio affascinante che accoppia cultura e divertimento attraverso una storia iniziata oramai più di sessant’anni fa, in cui il personal computer è diventato gioco ed intrattenimento entrando di diritto nella storia dell’uomo e a far parte, con questa iniziativa, della sempre più estesa offerta culturale della capitale tedesca.
Le possibilità dell’uomo di espandere la propria percezione sono andate via via sviluppandosi con l’avanzare della tecnologia. Il piacere del gioco è da sempre strettamente legato all’umanità nel suo complesso e al desiderio di dimenticare il presente per il sogno di viaggiare tra mondi di fantasia. Giocando possiamo misurarci con noi stessi e con altri, esercitando le nostre facoltà e strategie così come i nostri istinti primitivi, senza alcuna conseguenza sulla nostra vita reale. Dalle grotte di Lascaux, passando per le ville romane di Pompei, fino all’archittettura rinascimentale e moderna, gli esempi di quest’attitudine tutta umana a creare “realtà virtuali” alternative al mondo reale, sono molteplici. Nell’ultimo secolo, con l’invenzione del “personal computer” si è sviluppata, nascendo quasi per caso, anche una branca dell’informatica che oggi è divenuta la seconda economia portante di tutto quanto il settore.
Il percorso museale si compone di tre diverse sezioni: la prima, dal titolo indicativo, è dedicata alla cultura del divertimento nella storia umana, alla nascita delle macchine da gioco, all’interazione uomo-ambiente, uomo-macchina e alla nascita del concetto di “virtualità”, “der spielende Mensch – Homo Ludens”, cioè l’uomo che gioca.
La seconda sezione, con il titolo “die Erfindung des Digitales Spiels” – l’invenzione dei giochi digitali – entra  nello specifico e introduce alla scoperta dei giochi elettronici, avvenuta in modo collaterale rispetto alla prima sperimentazione  dell’informatica e dell’elettronica, all’epoca applicate soprattutto all’ingegneria aerospaziale e nel settore bellico. Da allora la ricerca si è fatta scienza del divertimento: con documenti fotografici, stazioni digitali interattive, video-interviste, si ripercorrono le diverse tappe che hanno portato alla play station e ai moderni video-games.
Nella terza ed ultima sezione dal titolo “die Welt des Homo Ludens Digitalis” si passa alla vera e propria  partecipazione attiva del visitatore, si illustra il grande mercato contemporaneo mondiale del video gioco, la percezione del nuovo business nelle diverse parti del mondo e nelle differenti culture, terminando in una vera e propria sala giochi dove ci si sbizzarrisce con esemplari reali perfettamente conservati e funzionanti.
I beni culturali di tipo digitale necessitano tecniche e tecnologie di conservazione diverse da quelle normalmente utilizzate per altre tipologie di oggetti da preservare. All’origine dell’idea del museo ci fu un gruppo di amanti dei videogiochi, per lo più giocatori della prima generazione, che fondò una società per la preservazione dei videogiochi nella metà degli anni ’90. I membri del gruppo usarono intelligentemente la nascente World Wide Web, cioè internet, per sviluppare cataloghi comuni e strumenti di conservazione in continuo sviluppo, che servono a proteggere tutti i tipi di beni digitali. Istituzioni, musei, biblioteche  usano oggi queste tecnologie per archiviare e mantenere una parte della storia umana che altrimenti andrebbe totalmente perduta proprio per la “natura virtuale” dei propri documenti.
Più di 60 anni fa quindi il computer è divenuto una macchina da gioco. Da allora una parte sostanziale della diffusione di questo nuovo media si deve proprio alla continua produzione di giochi digitali. Il Computerspielemuseum Berlin contribuisce da tredici anni allo sviluppo di questa idea entrando a sua volta nella storia con la propria sede permanente. Il direttore Andreas Lange ha dichiarato: “I nostri visitatori in questa sede potranno definitivamente toccare con mano sia gli sviluppi storici, quanto quelli più attuali della computer-science e dei video-games attraverso una esperienza pensata per un audience che accoglie a braccia aperte giovani e meno giovani”.