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All’indomani della proiezione di This Must Be The Place in concorso al Festival di Cannes 2011, il regista Paolo Sorrentino ha parlato del suo nuovo film, nelle sale italiane dal prossimo 14 ottobre, che vede protagonista il celebre attore Sean Penn nei panni della rock star Chayenne.
This Must Be The Place sarebbe esistito senza il Festival di Cannes?
Mi sono rivelato qui. Il mio incontro con Sean Penn è avvenuto nel 2008, quando ha visto Il divo durante il festival e mi ha fatto sapere che gli sarebbe piaciuto lavorare con me. Da quel momento, mi sono messo a scrivere per lui e non avevo nessun altro in mente per il ruolo di Cheyenne. Sono contento che abbia accettato di interpretare questo personaggio, perché se avesse rifiutato il film non ci sarebbe stato. Non volevo raccontare questa storia senza di lui, quindi sì, il festival di Cannes è all’origine di questo film.
Il personaggio di Cheyenne era molto scritto?
Vedevo Cheyenne in un certo modo e Sean Penn ha letto e ascoltato a lungo tutte le mie raccomandazioni, ma quando ha cominciato a dare vita al personaggio, ho assistito a qualcosa di incredibile e sono io che mi sono messo ad ascoltare i suoi aggiustamenti. Alla fine, Cheyenne è stato modellato sulla base della mia visione iniziale del personaggio, ma soprattutto dall’esperienza di Sean Penn, che lo ha fatto evolvere appropriandosene completamente.
Perché ha scelto prima l’Irlanda e poi l’America come location per le riprese?
Non vedevo questa storia cominciare in Italia. Semplicemente, la cultura italiana non è passata per l’ondata New Wave che ha segnato il rock degli anni ’80, e poi il ruolo del fascismo nella storia politica italiana rendeva il tema del film più complicato da spiegare. Non volevo lottare per giustificare la plausibilità di questa storia, perché il pubblico deve già avere a che fare con il personaggio di Cheyenne, che sembra venire da un altro pianeta. Poi l’America è venuta naturale da un desiderio che condividevo con il mio amico Umberto Contarello, co-autore della sceneggiatura. Sognavo da tempo di filmare alcuni paesaggi magnifici che avevo visto al cinema. Con il peso di Sean Penn nel cast, è diventato possibile e ne abbiamo tenuto conto in fase di scrittura. Mi sono fatto un favore, ma l’America è talmente un simbolo dell’esodo che i luoghi raccontano da soli una parte della storia. Non è una civetteria da parte mia.
E’ un procedimento che ha utilizzato già ne Il divo, ma in This Must Be The Place le scene girate alla Louma, o più in generale da una gru, sono tante. Perché questa scelta?
Il film è un viaggio, ma mi è parso importante anche viaggiare negli spazi che erano a nostra disposizione. E poi mi piace l’idea di grandi movimenti intorno a un soggetto che si muove molto lentamente, come fa Cheyenne nel film. A seconda di dove si posiziona lo sguardo, del cammino che percorre, la percezione del soggetto cambia ed evolve. Il film parla anche di questo cambiamento di prospettiva. Lo sguardo esterno sui personaggi cambia, ma finiscono anche per vedersi in modo diverso.
La musica è quasi un personaggio del film. Perché l’ha utilizzata come simbolo nostalgico?
Non è nostalgia, anche se è vero che avevo voglia di parlare un po’ dell’evoluzione del rock. Nel film i temi sono tanti e si sovrappongono. Uno di questi è la paura di crescere. Utilizzare una corrente forte, ma passata, del rock mi ha permesso di creare un divario tra l’evoluzione del mondo intorno a Cheyenne e il suo aspetto immobile, che passa per l’abbigliamento strano, la devozione a un genere musicale, il rifiuto di utilizzare il cellulare, ecc. Il rock è stato la grande stagione di Cheyenne, ma è proprio l’attitudine rock a provocare il suo blocco e il suo scivolamento nella depressione.
David Byrne non è solo il compositore del film. Ha un ruolo importante.
Quando si ha la fortuna di poter lavorare con David Byrne, che è un artista completo, sarebbe stato un peccato non coinvolgerlo al massimo. Il titolo del film (This Must Be The Place è il titolo di una canzone dei Talking Heads, ndr), la spiegazione del dramma di Cheyenne e l’universo sonoro del film sono direttamente legati a David, che interpreta anche se stesso. Le sue opere folli hanno ispirato molto i miei film e ci sono diversi punti in comune tra la sua scenografia e la realizzazione di This Must Be The Place, che è anche un modo per rendergli omaggio.
Intervista a cura di Domenico La Porta