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Repetite iuvant. Lo affermavano i latini ed è un punto di vista condivisibile e da mettere in pratica: con la cultura si mangia.
Non è stata dimenticata la negazione nella frase, come potrebbero pensare molto economisti e politici di italica provenienza, ma si è inteso semplicemente ribadire un fatto reale, a tutto giovamento delle nostre scelte strategiche come Paese.
L’occasione è fornita da una recente ricerca condotta da due docenti della Bocconi, Giuseppe Attanasi (docente di Economia politica presso la Bocconi) e Filippo Giordano (docente presso la Sda Bocconi), sul Festival della Taranta. I due professori che hanno promosso la ricerca sono anche membri di un gruppo che prende parte al Festival: “gli Sciacuddhruzzi”.
Lo studio ha dimostrato come per ogni euro impiegato per organizzare l’evento vi sia un ritorno di circa tre euro. Negli ultimi quattro anni (2007-2010) sono stati, infatti, spesi circa quattro milioni di euro a fronte di un ritorno economico di circa undici milioni.
Un Roi (return on investment) di circa 2,7 il capitale investito non è male per un evento caratteristico, popolare e culturale.
Il successo è dovuto a diversi fattori.
I due docenti hanno sottolineato l’intelligenza dell’organizzazione temporale: undici tappe in piccole cittadine e poi altre quattro a Lecce, Cursi, Alessano e Galatina.
Un fattore di rilievo, già posto in evidenza su questo sito, è sicuramente la portata dei nomi degli artisti che prendono parte ogni anno a questo festival e si impegnano nel rinnovare e rinforzare la tradizione salentina.
Ulteriore elemento di forza è stato anche tentare la sintesi tra generale e particolare, tra locale e globale, tra tradizione e innovazione. Il Festival ha, infatti, visto ospiti internazionali alternarsi a dilettanti di gran talento, nomi noti del nostro Paese si sono cimentati insieme ad artisti locali, tutti uniti dall’obiettivo di portare avanti la tradizione, mantenendola viva anche attraverso l’arricchimento che ogni nuova interpretazione canora e musicale riesce ad apportare.
La sovrapposizione e l’intersezione di diverse dimensioni territoriali risulta essere un suggerimento forte per tutta l’economia, anche a livello nazionale.
La storia del Festival è già stata raccontata: è un percorso peculiare iniziato con l’idea di agire come area superando sterili campanilismi e puntando sulle antiche tradizioni territoriali, sul canto e sulla musica tradizionale.
Da sottolineare come le cifre presentate riguardino inoltre solo gli introiti direttamente generati dall’evento, senza considerare, per esempio, le altre ricadute economiche quali l’aumento del flusso turistico in genere, gli effetti su tutto il sistema ricettivo e dei servizi e la rinascita degli investimenti locali. Tali ulteriori benefici del Festival della Taranta sembrano essere quantificabili in circa venticinque milioni di euro.
Più il Festival sarà capace di proseguire nel tempo sulla strada intrapresa, maggiore sarà anche la fidelizzazione di molti turisti al territorio salentino, di cui potranno apprezzare anche ciascuno degli altri numerosi aspetti, fino a desiderare di tornare a visitarlo quanto prima.
Ulteriore riprova che con la cultura, se vi si investe con intelligenza, si mangia. E si balla.