Tempo di feste e ritrovi in famiglia, tempo di tradizioni e convivialità, soprattutto attorno a tavole imbandite: per l’occasione si rispolverano tradizioni ereditate di generazione in generazione.
E allora, regione che vai dolce tipico natalizio che trovi, con tanto di ricetta segreta di famiglia.
Il re del Natale è senza dubbio il Panettone: dolce dalle antiche origini, la leggenda narra che sia nato a Milano alla corte di Ludovico il Moro. Qui si narra che Ughetto, figlio del condottiero Giacometto degli Atellani, innamorato di Adalgisa, figlia del pasticcere Toni, creò per lei un dolce. Visto il sentimento del giovane per la ragazza, Giacometto acconsentì alle nozze con la popolana e così, il pasticcere Toni perfezionò il dolce pegno d’amore, creando il “Pan del Ton”, giunto per l’appunto sino a noi col nome di Panettone. Le uvette contenute nel ricco impasto hanno inoltre un forte valore simbolico, propiziando abbondanza e fertilità.
Degno rivale del dolce meneghino è il veronese Pandoro, che con il Panettone si contende da sempre il primato della ricetta più amata del Natale. La tradizione racconta che già nella ricca Repubblica di Venezia del ‘500 si degustavano dolci conici ricoperti di foglie d’oro, detti appunto “Pan de Oro”, mentre a Verona il Pandoro sarebbe nato originariamente come un dolce a forma di stella da condividere nelle feste, dal nome “Nadalino”. Il brevetto moderno del dolce è stato però depositato nel 1894 dal pasticcere Domenico Melegatti su ‘progetto’ artistico dell’impressionista Angelo Dall’Oca Bianca.
Il torrone è l’altra immancabile delizia del Natale, che la tradizione vuole essere stata preparata per la prima volta a Cremona, nel lontano 25 dicembre 1441, in occasione del matrimonio tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti, raffigurante il Torrazzo, la torre della città. Si dice però che le prime testimonianze storiche del dolce risalgano al 1543, quando il Comune di Cremona commissionò questo dolce per donarlo alle autorità in visita. Ma il torrone è presente fin dall’epoca sannita in Basilicata e c’è chi sostiene le sue origini arabe.
Altro antico dolce natalizio è il Panforte di Siena, la cui ricetta risalirebbe al lontano anno Mille. A quei tempi era detto Pane Natalizio, Pane Aromatico o Pan Pepatus, antenato della più delicata ricetta moderna. Ad ideare il Pan Pepato fu nella Siena medievale una certa Suor Berta che, per sfamare i concittadini assediati, ideò questa ricetta ricca ed energetica, con frutta secca, miele e spezie. Nel tempo gli ingredienti divennero diciassette, tanti quante le contrade che composero Siena dal 1675. L’odierno Panforte, detto “Panforte Margherita” è nato invece nel 1879, quando Enrico Righi omaggiò con questo dolce la Regina Margherita di Savoia in visita a Siena, aggiornandolo: sostituì infatti il pepe con la vaniglia e lo addolcì con la zucca, ammorbidendone il sapore.
Scendendo nelle terre pontificie del Lazio, si incontra invece un altro pane tipico di Natale: è il Pangiallo romano, noto sin nell’antichità. In età imperiale, infatti, durante la ricorrenza pagana del solstizio d’inverno, era costume scambiarsi questo panetto dal tipico colore dorato, che lo zafferano gli conferiva, per auspicare presto il ritorno del sole. La ricetta si è evoluta e arricchita nel tempo, ma tra i romani più poveri era uso utilizzare i noccioli di prugne e albicocche essiccati durante l’estate, invece delle più costose mandorle e nocciole.
Se poi ci si trasferisce nella splendida Napoli, di questi tempi protagonisti tra babà, sfogliatelle e pastiere sono di certo gli struffoli, dolci fritti e coperti di miele, canditi e zuccherini colorati, che vengono riproposti con altri nomi anche in altre regioni del Mezzogiorno. La ricetta originaria non è però napoletana, né tantomeno italiana, bensì greca: il nome deriva infatti da “strongoulos pristòs”, cioè pallina tagliata. Da questi antichi avi ellenici deriverebbero persino le castagnole e gli strozzapreti. Ma tornando agli struffoli nostrani, detti cicerchiata in Abruzzo e Strufoli, senza la doppia ‘f’ in Sicilia, il loro aspetto a grappolo, oltre a simboleggiare abbondanza (un po’ come le lenticchie e l’uvetta nel Panettone per intenderci), favorisce il giusto equilibrio tra pasta e miele, elemento biblico e prelibatezza in tempi antichi, quando i dolci erano riservati ai momenti di festa.
I pugliesi a Natale sono invece soliti mangiare le “cartellate”, dolci dalla sottile sfoglie da cui prendono il nome. Gli studiosi le fanno addirittura risalire al periodo del VI secolo a.C, ritenendo che la preparazione di un dolce simile sia stata raffigurata in una pittura rupestre rinvenuta in provincia di Bari, rappresentante le celebrazioni dei Misteri Eleusini, durante i quali le “ave delle cartellate” erano offerte in onore della dea Demetra. Con l’avvento del Cristianesimo le cartellate hanno perso il significato pagano divenendo doni alla Madonna per propiziare il buon raccolto e simbolo dell’aureola di Gesù Bambino a Natale.
In Calabria il 25 dicembre non mancheranno invece sulla tavola le “pitte ‘mpigliate”, originarie di San Giovanni in Fiore, ma diffuse in tutta la regione. Di dubbie origini, c’è chi sostiene che la pitta prenderebbe il nome dal termine arabo ‘pita’, che significa schiacciata, e chi invece dal latino ‘picta’, dipinta, poiché sarebbe stata un tempo una focaccia decorata da offrire alle divinità femminili nei templi. Il dolce si compone di diverse sfoglie di pasta schiacciata che racchiudono uva sultanina, noci e cannella ed è molto utilizzato anche per le celebrazioni nuziali.
In Sardegna non è Natale, invece, se non ci sono i Pan’ e Saba, dolci preparati appunto con la saba, antico sciroppo di mosto cotto, dalle chiare radici rurali.
Sull’isola siciliana non possono mancare invece i buccellati, evoluzione degli antichi ‘panificatus’romani, composti di fichi secchi, uva passa, frutta secca.
In ogni regione, dunque, le prossime feste rinnoveranno l’occasione per riscoprire sapori antichi, testimonianze di una cultura preziosa, che rendono il Natale davvero Buono!