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Che si tratti di New York, Chicago o Seattle, negli Stati Uniti il termine “gelato” è entrato nel vocabolario corrente come distinzione dal semplice “ice cream”, rimarcando con il vocabolo italiano la qualità e la freschezza del gelato artigianale rispetto alle proprietà meno esaltanti e genuine del gelato industriale.
In più occasioni il presidente Obama è stato immortalato con coni e coppette, non importa se alle Hawaii o in Giappone, in campagna elettorale o in ferie, durante la pausa di un summit o di un incontro bilaterale. A margine del G8 del 2009, ricordiamo anche una parentesi delle figlie del presidente, Malia e Sasha, a “scuola di gelato” in uno dei luoghi romani simbolo di quest’arte a pochi passi dalla Camera dei Deputati e dal Pantheon. Il motivo del gelato ritorna altresì nel recente trasferimento dello scrittore Roberto Saviano a New York, dove a Little Italy ha potuto finalmente assaggiare un “gelato”, assaporando una sensazione di libertà e spontaneità che da molti anni non gli era stata possibile in Italia.
Potremmo limitarci alle semplici note di costume, ma il successo del “gelato” ci spinge a superare questa soglia, restituendoci un fenomeno di portata mondiale, culturale ancora prima che linguistico e commerciale. La parola “gelato” viene infatti utilizzata con sempre più frequenza in Giappone, Canada, Russia e tutti si augurano presto anche in Cina. Analogamente a pizza, cappuccino, spaghetti ed espresso, anche “gelato” scritto tale e quale all’italiano inizia ad affermarsi sulla ribalta internazionale, superando nel caso specifico i corrispettivi idiomatici nazionali e conquistando un posto di diritto tanto nell’immaginario quanto nell’economia globale. Non a caso, intorno al gelato artigianale ruota un universo di conoscenze, ricerche, attrezzature e design per locali di cui il nostro paese è leader mondiale.
A riprova di quanto stiamo dicendo, la 33a edizione del Sigep – Salone Internazionale di Gelateria, Pasticceria e Panificazione Artigianali di Rimini – conferma quest’anno un trend positivo con un +15% di operatori in fiera, segnando un “incremento boom” del +21% di visitatori stranieri, di cui 2300 provenienti proprio dagli States.
Girando tra i padiglioni è un continuo imbattersi in troupe televisive che parlano inglese, tedesco, spagnolo e giapponese. I campionati del mondo di gelateria e pasticceria hanno i tifosi in tribuna con tanto di striscioni e bandiere come i campionati delle discipline sportive più note. La competizione è leale ma al tempo stesso serrata, l’eccellenza del gusto e l’unicità del prodotto sono i premi più ambiti.
Continuando per le sezioni tematiche, i seminari, le dimostrazioni, le aree business, le scuole e le produzioni dei giovani, soffermandoci con piacere sulle infinite occasioni di assaggio e degustazione, dobbiamo essere orgogliosi per quello che gli alfieri della gelateria artigianale hanno saputo fare in Italia e nel mondo. Un primato che in prospettiva ha margini di crescita importanti, visto che il gelato artigianale è sempre più fresco, biologico, rispettoso della natura e delle intolleranze dei consumatori. Un prodotto che si conferma buono a tutte le età, le latitudini e longitudini, da qualche tempo anche in tutte le stagioni e non solo nei mesi estivi.
Se le elezioni si avvicinano, il presidente Obama può stare comunque tranquillo: se è vero che si può essere eletti per non più di due mandati, si resta però amanti del gelato per tutta la vita. Pazienza se gli amanti anglofoni del pistacchio di Bronte lo pronuncino “pistaccio”, l’importante è non confondere il “gelato” con l’ice cream.
Dal nostro inviato al Sigep