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Se Steve Jobs fosse nato a Napoli
vi siete mai chiesti come sarebbe stato il futuro della telefonia cellulare se Steve Jobs fosse nato in Italia? A questo quesito ha provato a rispondere il giornalista de “Il Mattino” Antonio Menna attraverso questo romanzo ironico e denso di contenuti: con un tono scorrevole (oltre alla prosa fluida anche i dialoghi sono in dialetto napoletano) la pagine ci raccontano la vicenda di due giovani dotati di talento, creatività e tanta buona volontà, la cui unica “colpa” è quella di essere nati nel posto sbagliato. La temerarietà dei due ragazzi nel portare avanti il loro progetto per la realizzazione di un computer rivoluzionario si scontrerà con il contesto sfavorevole di una Napoli dove imperano burocrazia, clientelismo, criminalità e scetticismo e che riassume tutti quelli che sono i vizi dell’Italia odierna. Una favola moderna con una morale di fondo: lo stallo in cui si trova il Bel paese oggi non si supera solo con l’impegno di ragazzi volenterosi e pieni di entusiasmo. Ognuno nel suo piccolo deve contribuire a trasformare una forma mentis radicata e nociva per lo sviluppo, in una mentalità al contrario propositiva per la crescita sociale ed economica, alimentando così la fiducia nelle potenzialità produttive dell’Italia.
le vicende sono sicuramente un po’ estremizzate ma esemplificative di tutte le difficoltà che incontrano i ragazzi oggi nel nostro paese. Se è vero che per lo sviluppo odierno la creatività è il fattore che fa la differenza, l’Italia rischia di rimanere decisamente indietro. È questo il filo conduttore delle vicende e che lega le peripezie in cui si ritrovano i due protagonisti. Sebbene alcuni episodi possano sembrare scontati, non mancano i colpi di scena che trasportano il lettore sino ad un finale non banale e prevedibile. Una lettura piacevole che riesce però a suscitare diversi spunti di riflessione nel lettore.
sicuramente il nome del protagonista, Stefano Lavori: si tratta infatti dello stesso nome, tradotto in italiano, del patron della Apple la più grande azienda informatica al mondo. Il ragazzo vede in questo una sorta di predestinazione che sarà motivo di una convinzione e determinazione molto forti che non lo abbandoneranno sino alla fine. Viene inoltre ripresa l’idea di base che ha reso celebre Steve Jobs: il giovane informatico napoletano, insieme al migliore amico, Stefano Vozzani, decide infatti di allestire il laboratorio nel garage di famiglia, il che diventerà causa di non pochi guai per i protagonisti.
già dal titolo decisamente provocatorio, l’intero libro pone interrogativi e questioni interessanti in modo divertente. L’ironia è data proprio dai paradossi continui dove la buona fede e l’ingenuità di due ventenni d’oggi contrasta con l’ambiente circostante.
alcuni episodi possono essere considerati scontati nel designare quelli che sono i mali atavici della società italiana. Indubbiamente l’estremizzazione di determinate situazioni ha il vantaggio di accentuare il contrasto da cui deriva l’ironia e la riflessione.
a tutti quei ragazzi che decidono di abbandonare il nostro paese perché stanchi e frustrati dall’immobilismo e dall’eccessiva burocratizzazione. La lettura di questo libro può rivelarsi utile per tutti coloro che si rispecchieranno nella storia e da essa trarranno insegnamenti utili con un pizzico di coraggio in più per non arrendersi.
“Se Steve Jobs fosse nato a Napoli”
di Antonio Menna, editrice Sperling e Kupfer ISBN 978-88-200-5240-9
costo: 10,50 euro