Selezionato dalla Solar Decathlon Europe Competition 2012, il Med In Italy, progetto tutto italiano che sintetizza ecosostenibilità e architettura bioclimatica, rappresenterà per la prima volta dopo 12 anni il nostro paese a Madrid dove dovrà a settembre 2012 superare le dieci prove previste dalla prima competizione a livello mondiale di architettura sostenibile.
Per l’occasione è stata ideata una casa bioclimatica, progettata attraverso l’utilizzo delle tecnologie più all’avanguardia, che produrrà sei volte l’energia che riuscirà a consumare e sarà in grado di rispondere a calamità naturali come terremoti, ma sarà anche in grado di sostenere situazioni più drammatiche come quelle legate ai flussi di migranti in fuga da paesi in conflitto, che molto spesso trovano rifugio nelle nostre coste.
Chiara Tonelli, architetto e team leader del progetto Med In Italy, ci racconta cos’è e come nasce.

Che cos’è il progetto Med in Italy? Quando nasce e perché?
Il progetto Med In Italy risponde ad una competizione internazionale e come tale rispetta delle regole precise, diverse dall’edilizia più comune. Le case che si presentano alla Solar Decathlon, infatti, hanno come caratteristica comune quella di poter essere assemblate molto rapidamente e altrettanto rapidamente “disassemblate”.
Questa caratteristica complica l’architettura tradizionalmente intesa rendendola un prodotto di tipo industriale; la tipologia architettonica che più si avvicina a questa condizione è rappresentata, per esempio, nel prefabbricato, l’unica che prevede uno smontaggio poiché di durata temporanea.
Questo perciò sarà il primo scoglio di difficoltà che affronteremo: l’obiettivo primario che ci siamo posti è proprio quello di rispondere alle condizioni climatiche del nostro luogo di partenza, l’Italia in una condizione climatica caldo temperata. Questo significa progettare una casa che fronteggi il caldo d’estate e il freddo d’inverno. Abbiamo tentato, con questo progetto, di trovare una risposta a questo, ripercorrendo la tradizione mediterranea e mettendo in luce la caratteristica principale che appartiene alle nostre costruzioni di carattere massivo, basate su parametri murali consistenti che sono quelli che riescono ad accumulare il calore invernale per restituirlo nelle ore più fredde della giornata, in cui, i camini non sono accesi e viceversa, (costituiscono un esempio i vecchi casali in pietra e cosi via).
Per tradurre tutto ciò in un edificio smontabile, abbiamo ideato delle pareti, casseformi, in legno, costruite secondo le metodologie più consolidate, e riempite di materiali inerti sfusi che quindi poi potremo inserire o eliminare.
Questa è la principale innovazione che fa sì che il nostro muro si comporti come un accumulatore termico e, quindi sia in grado di assorbire il calore interno e rilasciarlo nell’ambiente stesso nel momento in cui gli impianti vengono spenti.
Per il resto abbiamo puntato su una casa con un grande campo fotovoltaico in grado di sfruttare la radiazione solare sia diretta che diffusa del nostro paese. Abbiamo applicato le più innovative tecnologie del fotovoltaico – dette CIS – in grado di lavorare bene anche in posizioni integrate all’edificio, anche in condizioni climatiche avverse.
A chi si rivolge il progetto Med In Italy?
Il progetto ha diverse ricadute: il modello molto semplice che abbiamo proposto è finalizzato ad una competizione, ma stiamo comunque studiando una serie di configurazioni future basate sui nostri cinque principi costitutivi fondati su un’architettura mediterranea sostenibile.
Questo edificio, però, avendo anche una caratteristica temporale determinata, ben si inserisce su contesti che ne richiedano un utilizzo per scopi “umanitari”: per esempio possono essere finalizzate all’uso da parte di rifugiati politici, oppure di popolazioni disagiate colpite da calamità naturali.
Inoltre, vi è la possibilità per questi edifici, dal momento che sono in grado di essere posizionati in contesti privi di urbanizzazione primaria, quindi privi di reti fognarie, elettriche e idriche, di essere utilizzati ad un uso abitativo finalizzato ad un turismo sostenibile: le costruzioni potranno essere così inserite in luoghi, se vogliamo, ancora incontaminati, ma senza contaminarli.
Possiamo affermare a questo punto che il Med In Italy si pone come obiettivo quello di riproporre uno stile di vita mediterraneo?
Ad oggi vi sono degli studi che dimostrano come determinati stili di vita, non siano salutari ed è stato più volte dimostrato come oggi siano causa di patologie quali obesità e altre disfunzioni. La nostra filosofia punta a restituire valore allo stile mediterraneo, apprezzato a livello internazionale, ma che noi stessi tendiamo invece a sottovalutare.
Nello stile di vita mediterraneo il pasto si consuma a casa, seduti in convivialità e tutto ciò fa la differenza in uno stile di vita; per questo Med in Italy, nonostante sia un’abitazione dalle dimensioni ridotte, riserva due ambienti molto grandi dove si può mangiare: uno all’aperto, e uno all’interno.
Strutturalmente quindi questa casa aiuta a percorrere uno stile di vita sano in tutte le sue fasi dal momento del pranzo, al relax, fino al momento del sonno, una casa, insomma, che sia lo specchio di noi stessi, giusto?
Esattamente. Abbiamo cercato di riprodurre uno stile di vita italiano, anche separando gli ambienti e non creando per esempio un loft costituito da un unico ambiente, poiché non appartiene al modo di vivere Italiano.
Rispetto alle culture nordiche lo stile mediterraneo (e soprattutto quello Italiano) ama ambienti chiusi in favore della ricerca della privacy.
Sono un esempio i numerosi cortili chiusi che si aprono all’interno delle case, esclusi dagli sguardi esterni, ma che al contrario si scoprono, proprio come un hortus conclusus, (giardino segreto). Ci rifacciamo perciò ad una tradizione introversa strettamente mediterranea.

L’importanza della bioarchitettura, le fonti di energia rinnovabile e le tecnologie ecocompatibili in Italia: si tratta di un percorso in salita?
Parlare di bioarchitettura significa descrivere un edificio che si inserisca nel suo contesto climatico,e principalmente lo rispetti; la bioarchitettura non è necessariamente collegata alle energie rinnovabili, nel senso che posso costruire un edificio seguendo le regole della bioarchitettura, ma non avere un impianto fotovoltaico, eolico etc.
La bioarchitettura, però, non ha nulla di nuovo in realtà, perché riprende ciò che è sempre stato fatto in passato prima dell’arrivo degli impianti. Una volta che gli impianti hanno preso il sopravvento l’edificio si è svincolato dall’ambiente. Per cui oggi vediamo edifici contemporanei che sono uguali in diverse parti del mondo, nonostante vi sia un abisso climatico.
Purtroppo proprio l’impiantistica, e se vogliamo, i precursori del pannello solare, sono stati la causa della separazione dell’architettura dal proprio contesto climatico, creando così una profonda divisione che ad oggi stiamo cercando di risanare.
Per questo motivo il percorso può considerarsi ancora in salita perché abbiamo degli impianti che sono in grado di darci il comfort abitativo interno a prescindere dal funzionamento dell’edificio e dal contesto climatico.
La tradizione bioclimatica prevede che le costruzioni si leghino al clima locale. È stato proprio il clima a “chiamare” delle forme e dei materiali locali, che la bioarchitettura si pone oggi l’obiettivo di riscoprire.
Ci siamo lasciati sedurre da un modello nordico, perché più avvincente. Oggi però bisogna seguire una strada, in salita sicuramente, che ripercorre la nostra storia e recupera la tradizione e la traduce, attraverso un linguaggio contemporaneo.

 

Secondo l’indice di sostenibilità mondiale [EPI]dell’università di Yale l’Italia è all’ottavo posto, sta scalando piano la classifica nonostante abbia tutte le carte in regola per arrivare ai primi posti, cosa ci manca?
A mio avviso ci sono due ordini di problemi: il primo è quello a cui accennavo prima, ovvero quello di sostenere un modello di tipo autoctono che purtroppo abbiamo perso anche a causa degli architetti stessi; dimenticarsi perciò di edifici basati su modelli estetici che impongono l’utilizzo di materiali come il vetro, per esempio.
Dall’altra, parte, invece c’è un tema di coscienza diffusa, e anche su questo c’è un percorso da fare, altrettanto lungo, c’è da rilevare, poi, che ci sono province e comuni più virtuosi rispetto ad altri. La protezione dell’ambiente come nostro bene comune non è purtroppo così diffuso.
L’Italia si è posta degli obiettivi ben precisi per essere definita virtuosa in questo processo, ovvero produrre il 20% di energie rinnovabili, ma anche avere un 20% in meno di consumi e diminuire, sempre del 20%, le emissioni di co2.
Ciò significa che bisogna intervenire su queste tre esigenze e occorre approntare un piano sicuramente più complesso del solo pannello solare.

 

Perciò bisogna fare leva sulla cultura e sul sistema culturale italiano..
Esatto. Ogni individuo, per esempio, moderando, l’utilizzo dell’acqua può contribuire attivamente alla salvaguardia del nostro pianeta e la qualità del clima.
Sicuramente il progetto Med In Italy può rappresentare in questo senso, una leva utile ad uno sviluppo ecosostenibile in Italia, ma anche nel mondo.