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E’ stata da appena due giorni diffusa la notizia del commissariamento del Museo Maxxi di Roma e già si susseguono, a mezzo stampa e non, le dichiarazioni e le smentite, gli articoli e i comunicati, ufficiali e non.
Ma cosa sta realmente accadendo? Il fatto è riassumibile in poche battute ma fiumi di inchiostro potrebbero invece essere versati per spiegarne i retroscena, le possibili conseguenze, le congetture e i sistemi manageriali reconditi probabilmente celati dietro tale estrema decisione.
Passiamo ai fatti: venerdì 13 aprile il Ministero per i Beni e le Attività Culturali diffonde una nota stampa in cui comunica che “La competente Direzione Generale del Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali ha avviato in data odierna le procedure per il commissariamento della Fondazione MAXXI di Roma. Tale decisione si è resa necessaria, tra l’altro, per la mancata approvazione del bilancio per l’anno 2012 da parte del consiglio di amministrazione. Il bilancio 2011 ha infatti registrato un forte disavanzo, che rischia di aumentare sensibilmente nel 2012”.
Nulla di più: nessun dato, nessuna analitica spiegazione, nessun approfondimento.
La risoluzione, inutile dirlo, crea il panico più totale, non solo all’interno della Fondazione Maxxi, ma anche fuori dalle cerchia prettamente gestionali, coinvolgendo artisti ed esponenti politici, amministratori locali e istituzioni internazionali.
Ad oggi, la Fondazione Maxxi, rappresentata dal suo Presidente Pio Baldi, ha diffuso un nuovo comunicato stampa in cui vengono illustrati i finanziamenti ricevuti e gli introiti del museo e, di conseguenza, chieste le reali spiegazioni per un commissariamento a detta di molti “strumentale” e “non economico”.
La confusione infatti, regna sovrana: come è possibile, ci si chiede, che il MiBAC preferisca commissariare una struttura osannata e richiesta a gran voce solo pochi anni fa, sminuendola di fatto agli occhi dell’opinione pubblica internazionale e svalutandola di fronte agli investitori privati, piuttosto che tentare di risollevarne le sorti garantendone il fabbisogno necessario alla sua sopravvivenza (visto inoltre che proprio il MiBAC stesso è socio fondatore promotore della Fondazione)?
I dati ci vengono in aiuto: nel 2010 i finanziamenti pubblici al museo, stanziati da MiBAC e Arcus, ammontano a 7 milioni di euro (68% del budget totale), nel 2011 si abbassano a 4 milioni (41% del totale).
In questi due anni il Maxxi ha dimostrato una capacità di autofinanziamento di circa il 50%, realizzato grazie agli introiti di biglietteria, sevizi aggiuntivi, sostentamento da parte di sponsor privati (tra i quali figurano, tra gli altri, Bmw, Telecom, Gioco del Lotto, Alcantara, Ance, Infocamera e Bloomberg), donazioni spontanee di privati e contributi dalla Regione Lazio.
Ciò che quindi la Fondazione Maxxi tenta di dimostrare è che per il 2012 non vi è alcun buco di bilancio, ma semplicemente dei tagli forsennati operati dallo stesso MiBAC.
Le parti
A questo punto, per tentare di sbrogliare la matassa, vediamo le ragioni addotte dalle parti in causa: il Mibac, nella figura del direttore generale alla valorizzazione, Mario Resca e la Fondazione Maxxi, nella figura del Presidente Pio Baldi.
Il Ministero afferma che il Maxxi debba essere commissariato in quanto non è riuscito ad attrarre i finanziamenti necessari da parte degli sponsor privati e che lo Stato non può pertanto sopperire a questa mancanza, soprattutto in tempo di crisi.
La Fondazione Maxxi ribatte, invertendo i rapporti causa-effetto: secondo Pio Baldi infatti, sono i tagli sconsiderati effettuati dal Ministero a scoraggiare gli investitori privati e che, per far sopravvivere un museo di 21 mila mq sarebbero necessari, per il solo sostentamento, molti più introiti pubblici di quelli previsti.
Come se ne uscirà da questa vicenda? Di certo il danno d’immagine arrecato al Museo è di dimensioni colossali e questa è la prima devastante conseguenza di questa vicenda, a prescindere da quali saranno poi le decisioni ultime.
Il Ministro Ornaghi (nel caso lo aveste dimenticato) ha fatto sapere la sua in serata affermando semplicemente che “il Maxxi non chiuderà. Da parte nostra c’è il massimo impegno”, anche se nessuno ha poi realmente compreso il “massimo impegno” nel fare cosa.
Altre riflessioni
La gestione del Maxxi, fin dalla sua genesi, ha dato adito a molte critiche, sia a livello di scelte artistiche che di nomine all’interno della Fondazione. La stessa mostra inaugurale con Michelangelo Pistoletto, durata ben 6 mesi, ha generato numerosi mal di pancia a coloro che si aspettavano una “vera” apertura verso il contemporaneo.
Mal di pancia tali da provocare un vero e proprio rigetto, sia a livello artistico che gestionale?
Il problema reale, da evidenziare, sarebbe infatti proprio la totale mancanza, ad oggi, di un modello gestionale che metta in connessione amministrazione e curatela, ingabbiate in un dualismo campanilistico tale da non permettere azioni coordinate e parallele (come avviene invece nella maggior parte dei musei europei), che si manifesta nella purtroppo evidente ingessatura che immobilizza le scelte artistiche.
E poi, facciamo pure i conti dell’oste: se il finanziamento al Maxxi per il 2012 risente dei tagli incondizionati della crisi alla cultura, dovremmo pensare che un commissariamento straordinario sia a costo zero?
Quante aree, eventi, teatri, manifestazioni commissariate (leggi Pompei, Brera, Petruzzelli, Palazzo del Cinema, L’Aquila, Area archeologica di Roma e Ostia Antica, Pompei, etc..) si sono poi adagiate nella loro condizione di dissesto per diventare a loro volta della macchine mangiasoldi in cui i risultati faticano ad essere raggiunti ma i finanziamenti inghiottiti ad una velocità preferenziale?