Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Che la comunicazione sia lo strumento capace di determinare il corso degli eventi (economici, culturali, artistici, politici, professionali ecc.) è acclarato.
In ogni fase, storico-culturale, si scoprono e si potenziano nuovi linguaggi comunicativi: negli ultimi anni abbiamo assistito alla rapida diffusione di una “nuova comunicazione”, nata forse un po’ per gioco dall’ampio utilizzo del web e dalla nascita dei social network.
In tali condizioni è evidente che il pubblico che si è immediatamente avvicinato al nuovo linguaggio si colloca in un target, fuori dagli schemi classici, che predilige un dialogo diretto, immediato, interattivo e senza filtri. Chiunque, oggi, sia in gioco – al di là dell’ambito specifico – deve fare i conti con questa nuova comunicazione.
I produttori di comunicazione, per definizione, sono stati e sono gli editori: le case editrici sono le deputate alla produzione e diffusione di “messaggi” da leggere sotto forma di libri e riviste e che ci fosse un incontro (felice) tra i diversi modi di divulgare il pensiero, era prevedibile.
Infatti, è forte il legame e la connessione (per rimanere in tema di web 2.0) tra Twitter, il social network dove contano più i contenuti che i contenitori, e le case editrici, “portatrici” di contenuti: letteratura, arte, storia, attualità e cultura.
Nel nuovo modo di essere in contatto e confrontarsi, l’aspetto divulgativo si è inserito fisiologicamente e, nel caso dell’editoria, si è cercato il dialogo con i propri lettori ed anche, forse soprattutto, con i potenziali lettori.
Per le piccole case editrici scoprire l’importanza e la rilevanza della divulgazione attraverso i social media è stato altrettanto fisiologico, in quanto l’esigenza di avvalersi di un circuito di comunicazione a costo zero, ha fatto da contrappeso ai rischi del confronto e della critica “a viso aperto” imposto dal social network.
I grandi nomi dell’editoria (ad esempio Mondadori, Feltrinelli) pur disponendo di una fitta rete di bookshop e pur contando su un numero di pubblicazioni elevatissimo, veicoli rispettivamente di diffusione costante sul territorio e di notorietà, hanno più o meno rapidamente colto il segno del cambiamento offerto dal web 2.0 e dai social media, intuendo i vantaggi di rivolgersi al nuovo pubblico che vuole essere parte attiva nel dibattito e che non si accontenta più di recepire passivamente il messaggio, anche se positivo e condiviso.
Chi frequenta i social e ne conosce i meccanismi – anche meno palesi – sa benissimo che per ottenere “notorietà” il popolarissimo Facebook non basta, ma è importantissimo prendere in considerazione il più sofisticato e impietoso Twitter.
Twitter, infatti, avvicina molto e rende i dialoghi diretti, senza filtri, senza intermediari. Bisogna avere coraggio, anche di sbagliare, anche di essere criticati, ma la sincerità e la coerenza pagano, migliorano la reputazione e di conseguenza la comunicazione diviene indirettamente positiva.
La creazione di un canale diretto tra gli scrittori ed i lettori diventa così uno dei primi obiettivi; sono infatti tantissime, ad oggi, le case editrici presenti sui social (Twitter è uno di questi) e, proprio per le sue caratteristiche e per la modalità di interazione, è tra i più utilizzati.
Prendendo spunto da un articolo di @librisulibri di qualche tempo fa, si potrebbero definire le regole del buon utilizzo del social media in materia di promozione editoriale: utilizzare bene la bio, per dare informazioni sul proprio catalogo, sul proprio punto di vista, in maniera diretta, semplice e breve; stabilire con puntualità le liste, per selezionare le informazioni specifiche del settore; creare microblogging, grazie alla sinteticità; inserire link interessanti; retweettare; consigliare; citare grandi scrittori; ricordare anniversari; dialogare il più possibile con i propri followers attraverso messaggi diretti. Tutto ciò, se fatto in maniera costante, intelligente e coerente, avvicina i lettori, crea fidelizzazione e punti di riferimento.
140 caratteri posso sembrare pochi, ma sono più che sufficienti per colpire e per entrare dritti in un dibattito, in maniera sintetica, ma incisiva. L’importanza degli hashtag, per gli account delle case editrici, è evidente: crearne di nuovi, usare bene e con arguzia quelli che già esistono aumenta la reputazione e aiuta e indicizza la discussione.
Sono tanti, infatti, gli hashtag che hanno accompagnato campagne virali per l’uscita di un libro, che seguono un appuntamento fisso per parlare di un argomento oppure nati così, per ridere ed ironizzare sul mondo culturale. Esempio che tutti ricorderanno è #lessambitiousbook di cui Tafter ha già parlato qui.
Tra le tante case editrici “attivamente presenti” sul social network emergono: @Einaudieditore, @ElectaEditore, @Librimondadori , @feltrinellied, @chiarelettere, @FaziEditore , @isbnedizioni, @adelphiedizioni, @NewtonCompton, @apogeonline , @minimumfax , @EdizioniEO , @quodlibet_ , @40kITA [quest’ultima solo di ebook].
Queste, eccellenti interpreti del mondo-Twitter, e tante altre (una buona lista, sempre aggiornata la trovate qui), che con un elevato numero di follower e di following, interagiscono e partecipano alle discussioni in maniera attiva ed interessata, lanciando nuovi hashtag, vivono la quotidianità su Twitter, fatta di notizie, di foto, di citazioni e quant’altro possa creare coinvolgimento.
Citando @Einaudieditore, “Credo che ascoltare, informare, condividere e coinvolgere siano priorità per chi vuol fare cultura”.