Regia: Jean Dujardin, Gilles Lellouche, Emmanuelle Bercot,Fred Cavayé

Alexandre Courtès, Michel Hazanavicius, Eric Lartigau

Cast: Jean Dujardin, Gilles Lellouche

 

Chi l’avrebbe detto che anche la commedia italiana anni 60-70, con tema centrale corna e tradimenti, sarebbe stata rivalutata a tal punto da divenire l’ispirazione per il raffinato e modaiolo cinema francese. Potenza della lingua d’oltralpe, verrebbe da dire. E già perché, obbiettivamente, un conto è proporre ad un amico, magari un po’ snob,  di vedersi “Mazzabubù… Quante corna stanno quaggiù?” oppure “La moglie in bianco, l’amante al pepe”, un altro, è proporre di andare al cinema per “Les Infidèles”, un film épisodique dirigé par Jean Dujardin, Gilles Lellouche, Emmanuelle Bercot, etc. Un conto è trovarsi sul grande schermo in primo piano il flaccido deretano di Aldo Maccione o Renzo Montagnani, un altro, il corpo non scolpito ma comunque vissuto dell’affascinante Jean “The Artist” Dujardin.

In realtà, “gli Infedeli” ricalca almeno nella struttura e per espressa volontà degli autori, un film italiano, si, ma di spessore più elevato come “I Mostri” di Dino Risi, costituito da più episodi slegati tra loro con due (matt)attori (Gasmann – Tognazzi) costantemente sulla scena in ruoli e situazioni differenti. Qui sono Dujardin e Lellouche ad interpretare “l’infedeltà maschile e le sue numerose declinazioni” in sette cortometraggi, di sette differenti registi, oscillanti tra le diverse tonalità della commedia, dalla volgarotta all’amarognola. Chiaramente scritto per fare ridere le donne e cercare l’immedesimazione tra gli uomini, ne esce un ritratto impietoso del genere maschile, perennemente immaturo, incapace di resistere alle tentazioni della carne, alla continua ricerca di avventure extraconiugali che tengano lontane le responsabilità e i pensieri di mogli e figli, ma sostanzialmente terrorizzato di non ritrovare, dopo la tempesta del sesso clandestino, l’approdo stagnante ma sicuro dell’alveo famigliare.

Gli episodi non sono tutti pienamente riusciti. Alcuni, anche per la brevità, risultano poco più che barzellette, altri eccessivamente didascalici, almeno uno (Las Vegas) totalmente sballato. Ma comunque tutti girati con estrema professionalità e cura del dialogo e delle facce, così da chiarire, se ce ne fosse ancora bisogno, perché il cinema franzoso (le commedie, ma non solo), ha oggi una dignità e un mercato estero, mentre il nostro (e buttiamo là il nome di un possibile competitor nostrano, Fausto Brizzi) fatica uscire dai confini di una prima serata su Canale 5.