Il Dlgs 216/2010 non prevede la cultura e il turismo tra i compiti essenziali dei comuni, con tutto ciò che ne consegue. Un immobilismo imperdonabile che misura il grave deficit del nostro Paese fino a quando non si deciderà di uscire finalmente dal tunnel che attraversa la connessione tra la nozione di turismo e quella di impresa. Proprio nel punto in cui il pubblico incontra il privato e dove più elevata dovrebbe essere la capacità di creare ricchezza, la collaborazione non riesce. E questo per due sostanziali motivi: la miopia delle amministrazioni locali e la paura degli investitori probabilmente per la burocrazia troppo spesso kafkiana e sconfortante. In tempi di crisi è necessario inventarsi nuove soluzioni. Non sottoporre solo ad un dissanguante prelievo fiscale i cittadini, ma cercare entrate per le casse comunali attraverso la capacità dei decisori pubblici di commercializzare il proprio territorio con azioni concrete e sostanziali.

In questo senso appare di enorme rilievo la recente proposta dell’ANCI – attraverso il Delegato al Turismo e Sindaco di Assisi Claudio Ricci di introdurre dei Piani di Sviluppo Turistici del Territorio.
“I turisti vanno presi per mano – afferma Ricci – anche perché sono portatori di ricchezza”. Sono la fonte, sono risorse, sono una necessità. Basti pensare ai luoghi che vivono esclusivamente di turismo che senza visitatori finirebbero nel baratro.
Ma nel baratro si può finire anche senza promozione e, in tempi difficili, chi non sa vendere, chi non sa comunicare le proprie attrazioni viene tagliato fuori e una comunità intera ne risente drammaticamente.

Prendere il turista per mano” vuol dire creare un pass partout tra i luoghi di conoscenza e le persone che vi si incontrano e condurre verso una accoglienza, di rimando, formata da persone che accolgono, che si fanno narratori dei luoghi e che sono capaci di offrire quelle dimensioni nascoste oltre gli stereotipi, creando le premesse di quei meta-paesaggi che sorgono nella mente del viaggiatore e che si prolungano e si trapiantano nei luoghi di appartenenza al proprio ritorno.

Questo non significa creare ogni volta una paradiso artificiale a misura del turista, bensì valorizzare l’essenzialità e la normalità delle città stesse, facendo ad esempio funzionare le strutture già esistenti, apportando quelle modifiche, anche urbanistiche, necessarie alla sicurezza, alla pulizia e alla ricettività del luogo. In questo senso l’accoglienza non può essere un maquillage superficiale che copre opacità e difetti, ma una ricerca ed una cura costante per le esigenze del luogo , sia per i residenti, sia per i turisti.

La continuità richiede la formazione di una competenza trasversale a più capacità e abilità ricettive che facciano la differenza e che siano immediatamente percepibili dai turisti perché è proprio su questa percezione che si basa lo scambio di fiducia e la gratificazione che si riceve da un luogo. Affinché vi sia normalità, l’attenzione non può e non deve sottrarsi dal considerare la normativa che regola i rapporti tra i circuiti, le filiere e le reti turistiche.

Il ruolo che riveste il turismo nell’ente locale è essenzialmente legato alla valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e paesaggistico, all’intreccio con il tessuto sociale, con la quotidianità del luogo che deve coniugarsi ai sistemi di vita e lavorativo dei cittadini residenti che devono avere il senso del Brand che li contraddistingue e rende loro il vantaggio di una presenza concorrenziale sul mercato per lo sviluppo della comunità.

In questo contesto, la formazione è fondamentale. Spesso le peculiarietà del proprio territorio vengono date per scontate e si continua con una mera autopromozione turistica sulla base del flusso  al quale si è abituati per consuetudine. Nulla di più sbagliato e deleterio.

La prospettiva di un sostanziale sistema turistico comunale, unitamente ad una diversa concezione urbanistica sono davvero delle nuove frontiere di partenza per la valorizzazione dei circuiti particolari e tematici. Con tutti questi elementi ben articolati e saldamente radicati in menti politiche che sanno amministrare è possibile un concreto e reale Piano di valorizzazione turistica “unitaria” del territorio.

 

L’articolo è stato redatto con la collaborazione di Marianna Scibetta