Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Quali sono le innovazioni più significative e i principali benefici che i social media hanno portato nel mondo delle imprese?
Ciò che è avvenuto negli ultimi anni nel mondo dei social media è un cambiamento tecnologico, ma ancor più un cambiamento culturale. Al di là degli strumenti di efficienza come wiki, forum, tag, chat e tante altre soluzioni web-based, il cambiamento vero e più profondo si è verificato in termini di attivazione di una collaborazione più aperta, di una trasparenza nei processi operativi, in un’attitudine allo scambio e alla diffusione del proprio know-how.
Si è passati da logiche di difesa di una conoscenza personale sempre più effimera e infruttifera alla comprensione del valore dello sforzo comune verso l’innovazione: il know-how si integra con il know-who e i nuovi mezzi di comunicazione sono stati l’attivatore di queste dinamiche. Non serve scomodare Maslow per capire come la rinuncia alla difesa di posizioni di potere che tipicamente creano ‘silos’ separati nell’organizzazione sia possibile più con un’azione volta a dar valore (visibilità e stima sociale) a chi si espone e si impegna nella costruzione della community che attraverso meccanismi gerarchici di controllo.
A un altro livello, il knowledge management ha trovato soluzioni innovative fondate sulla folksonomia, ossia il superamento di una logica tradizionale tassonomica di organizzazione dei dati. Il recupero della conoscenza sedimentata nelle piattaforme social avviene cioè in funzione del significato che ogni utente ha aggiunto alle informazioni e ai dati e non in base alla classificazione del creatore del contenuto. La chiave per spiegare questo nuovo impegno dei membri dell’organizzazione è il concetto di reputation.
Infine c’è un aspetto che sottende tutto il percorso di trasformazione di un’impresa tradizionale in una social enterprise: la consapevolezza della ricchezza del processo e della sua comunicazione rispetto al risultato finale. In altre parole mostrare e condividere i passi progettuali (il dietro le quinte) nella costruzione di un qualsiasi prodotto aziendale (che sia il nuovo prodotto o il catalogo, il nuovo ERP o il listino, l’organigramma o il piano di comunicazione) permette di ottenere risultati migliori in termini di qualità, di tempi e di coerenza con i fabbisogni dei destinatari. In questo senso la social enterprise può integrarsi con piani di lean e design thinking.
Quali sono le funzioni aziendali e gli ambiti organizzativi più interessanti per sviluppare progetti innovativi con il Web 2.0? Solo il marketing o “c’è di più”?
Il marketing è spesso il punto di partenza, ma non sempre un percorso del genere risulta la scelta migliore. Anzi spesso affrontare un cambiamento culturale come questo senza aver prima coinvolto l’organizzazione interna risulta un boomerang. Chi si presenta al mercato in termini di trasparenza e apertura e poi non ha messo in piedi i processi di trasformazione necessari a far partire un dialogo vero con il pubblico, in qualche modo fa emergere questo gap e rischia di essere percepito, più ancora che in tradizionali azioni di marketing, come incoerente e inaffidabile. Cosa molto grave in un mercato fatto di autenticità e relazione valoriale con i propri clienti.
E’ per questo che un progetto di Enterprise 2.0 o, ancor meglio, di Social Enterprise dovrebbe partire in ambito HR, Operations, Controllo di Gestione o in qualche ente che presidi gli aspetti organizzativi e culturali dell’azienda (KPO o Lean Office). Un ufficio tecnico, ad esempio, che possa parlare con il cliente finale attraverso una piattaforma web deve aver sviluppato una nuova attitudine al confronto e aver superato la tipica ‘sindrome di Pigmalione’ che colpisce questi ambiti dell’organizzazione. Nella mia esperienza i progetti che sono arrivati sul mercato in maniera più seria sono partiti da un coinvolgimento importante delle aree citate. Per poter far questo è importante introdurre meccanismi snelli di coordinamento che integrino tools offline come il visible planning o l’A3 del mondo lean con gli strumenti online di scambio e confronto asincrono. Sono approcci complementari che si integrano solo se pensati all’interno di un progetto organizzativo coerente e consapevole.
LAGO ha compreso da tempo l’importanza del Social Web: quali sono stati i progetti più significativi sviluppati?
LAGO ha affrontato questi progetti partendo da un’esplorazione quasi artigiana di tutto ciò che il Web ha messo a disposizione negli ultimi anni. Dal Blog Design Conversations del 2006, allo sviluppo del nuovo sito fino all’utilizzo di un po’ tutti i social network, attraverso la sperimentazioni di diverse piattaforme per la creazione di community interne ed esterne. Forse il progetto più importante è stato quello di Olga, la piattaforma social interna che mette a disposizione un set di strumenti per tutta l’organizzazione: wiki, forum, tag, surveys e tutte le altre soluzioni tipiche di queste piattaforme. I risultati in termini operativi sono stati straordinari. In poco tempo questa modalità di comunicazione, senza togliere spazio ad altri approcci al project management, è diventata uno spazio quotidiano di confronto integrato con l’operatività di ogni dipendente. Non bisogna fare l’errore di pensare che una community sia una soluzione onnicomprensiva che cambia il modello di business o le logiche organizzative. In realtà si tratta di uno strumento abilitante di logiche collaborative che solo il fare manageriale permette di sfruttare al meglio. Ogni giorno questa attitudine culturale deve essere rinnovata attraverso un’azione costante di engagement, promozione e ausilio nel suo utilizzo.
In LAGO questo è avvenuto in diverse fasi che sono poi sfociate nel lancio della community Appartamento, rivolta ai consumatori. Allo stesso tempo un progetto importante è stato quello di far confluire il modello delle Balanced Scorecard del Controllo di Gestione in una discussione aperta in Olga sugli indicatori di performance. La convinzione profonda è che la funzione di questi strumenti di coordinamento sia l’attivazione della discussione tra i manager e non la produzione di misure che sono solo il mattone per costruire un processo virtuoso di decision making partecipato.
La gestione ed il buon uso dei social media sono competenze richieste in sede di colloquio solo ai responsabili comunicazione, oppure è in atto un fenomeno più ‘pervasivo’?
Tipicamente qualche domanda sull’uso degli strumenti social è sempre presente nei colloqui di selezione. Pur non vincolante, dà però il senso di un certo approccio all’innovazione. Personalmente do sempre un’occhiata alla presenza online dei candidati, principalmente su Linkedin, non ovviamente per indagare aspetti personali e privati, ma per capire se sia già presente un’attitudine a logiche aperte di scambio e collaborazione, valore fondamentale per lavorare nelle realtà complesse dell’attuale business. Ancor oggi, nella mia nuova attività imprenditoriale con Sharazad, mi piace attivare collaborazioni con chi è in grado di affiancare a grandi competenze tecniche anche un approccio allo scambio dello stile descritto bene da Keith Ferrazzi nei suoi libri.
Nota: questo è articolo è pubblicato su www.ticonzero.info