È trascorsa una settimana da quando la 16° edizione del Cibus di Parma ha chiuso i battenti, ma a sentire le voci di corridoio, pare che il sipario lasci ancora passare qualche alito di vento.
Nelle terre verdiane come si sa, “le arie” tracciano da secoli la tradizione musicale e come se non bastasse da un paio di anni a questa parte, oggi più di ieri, cercano di rispondere egregiamente anche alla fedeltà e serietà trasmessa dagli emiliani nella produzione e divulgazione delle proprie specialità enogastronomiche.
Al di là dei consorzi sul Prosciutto crudo, Culatello e Parmigiano Reggiano, a Parma, di azioni importanti riguardanti l’alimentazione ne sono state realizzate davvero tante: rilancio della stazione delle conserve alimentari, la modernizzazione della sede dell’Efsa, l’ospitalità del convegno mondiale sul Latte – Summilk, e infine la Borsa Merci delle carni, oli e grassi, che precedentemente si svolgeva a Milano.

Il 50% del Pil parmense riguarda proprio l’agroalimentare e, non a caso anche questo dato, anni fa, ha contribuito affinché Parma venisse denominata “Capitale dell’Alimentazione”.  Nonostante ciò, l’attacco frontale di Tuttofood e l’inflessione del Cibus del 2008 hanno portato ad una inquietante fase di recessione che giustamente ha tentato di sfociare in una irrefrenabile necessità di riscatto e di voler sentitamente ritornare “a darsi delle arie”.
Il timore di vedersi sottrarre l’importante riconoscimento non sussisteva affatto, certo è che il confronto con la fiera di Milano ha ingrandito il bivio e ne ha conseguentemente stimolato la vincente risposta: cambiare radicalmente piuttosto che rinunciare a qualcosa.

Da quel momento sorsero i cambiamenti da destinare al Cibus: 1) cambio di governance e dello spirito manageriale; 2)nuovo modello di business dettato da un diverso approccio per il reperimento delle risorse finanziare; 3)compiti e responsabilità ai giovani con rinnovo del sistema organizzativo.
Ad essere sinceri il Presidente delle Fiere di Parma – Franco Boni – non ha mostrato alcun atteggiamento di presunzione su quanto fatto, anzi, con molta umiltà si è prestato a motivare l’elegante successo ottenuto a distanza di 4 anni.  Secondo il suo parere, Parma sarebbe pronta per essere soprannominata “Capitale del Food Italiano di alta qualità”, e tutto questo grazie a quella stessa serie di rifacimenti e iniziative di cui abbiamo parlato e che continuano a sostenere la crescita, le aspettative e le responsabilità di tutto l’assetto istituzionale, senza tralasciare il ruolo dei consiglieri di amministrazione, manager e azionisti, in particolare Upi e Cariparma. Pur essendo soci di minoranza, quest’ultima ha finanziato 44 milioni di euro per riportare le dovute modifiche alla Fiera e al settore alimentare.

L’intento di riscoprire non tanto la città di Parma come simbolo della Food Valley quanto un intero Paese, trova una risposta ancora più razionale nella partnership con Federalimentare, Anibo, Italia del Gusto, Slow Food, Camere di Commercio, Associazione Italiana Celiachia, ICE e la più attuale con Anuga,  la più grande fiera dell’alimentazione.  Attenendoci sempre alle parole del Presidente Boni, tenersi stretta la posizione conquistata senza rendersi troppo antipatici a nessuno con podi e confronti, è fondamentale per la buona riuscita. Per cui, le attenzioni più che ricadere su ipotetici titoli a premio, in realtà, dovrebbero concentrarsi su tre aspetti portanti: un piano dell’agroalimentare in grado di convergere sul gioco strategico di una nazione, una piattaforma unitaria coordinata che dia degli obiettivi puntuali, e su un piano organizzativo che miri a rivalutare il modo di impostare le fiere di oggi.

Qui, non si fa riferimento solo ai grandi numeri previsti e ottenuti nelle 4 giornate del Cibus (dal 7 al 10 maggio) – 62 milioni di euro di finanziamento per il rinnovamento totale del quartiere fieristico, 2300 aziende espositrici (l’80% degli intervistati si sono rivelati molto soddisfatti, il 10% soddisfatti), 63 mila visitatori, 12 mila buyers ed operatori commerciali esteri  (+300% gli “overseas”) e 1000 giornalisti accreditati – bensì ai modelli fieristici.

Se non funzionano le sole formule B2B e B2C tanto vale convergere le due tipologie. È essenziale, per carità, esaltare le aziende di un Paese o di un distretto produttivo di una certa natura, specialmente se in discussione ci sono eventi internazionali, ma è altrettanto necessario accostarsi al genere del B2B poiché la loro iniezione nella marginalità dell’ente fieristico, da un lato o dall’altro, influenza immediatamente e senza altri mezzi l’indotto del territorio. Quel risultato che viene moltiplicato per dieci – tra il fatturato della fiera, le ricadute e l’indotto – corrisponde esattamente ai 10 milioni di euro che ogni anno vengono riassorbiti da Parma. La funzionalità dell’ibride capace di accogliere sia un pubblico di operatori, sia i potenziali finali è un argomento che chiaramente non può interessare più di tanto le fiere campionarie di una volta, quanto quelle specializzate, ormai gettonatissime.

Cibus quest’anno ha anche allargato i suoi orizzonti introducendo le novità di prodotto nei settori: salumi, carni, lattiero-caseario, pomodoro, gastronomia e dolciario; e lasciando largo spazio a nuove aree: surgelato (30 aziende), distribuzione automatica (vending), micro birrifici (50 produttori) e biologico ( 350 aziende):
Diciamo che tutto questo è una premessa di buon auspicio e un piano in fase di preparazione che sicuramente, malgrado la crisi, nel 2013 darà ottimi risultati. Effettivamente siamo a conoscenza del calo dei consumi interni, fatto sta che l’industria alimentare italiana continua a mantenere la seconda posizione tra le grandi realtà manifatturiere. Inoltre, sappiamo pure che l’export è cresciuto del 10,3% nel 2011 e le previsioni lasciano sperare che nell’anno corrente l’India continuerà a trovare il nostro Paese miniera di grosse opportunità. In attesa della 17° edizione, le Fiere di Parma avranno il piacere di inaugurare nel maggio prossimo il Cibus Global Forum e l’attesissimo gemellaggio tra Cibus e Anuga durante la fiera Thaifex di Bangkok.