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In Italia si sta verificando un fenomeno importante e diffuso: l’ insediamento di migranti nei piccoli centri storici. Tale insediamento è motivato da un lato dai contenuti livelli di locazione (in patrimoni abitativi per lo più degradati) offerti in questi centri e dall’altro dalle opportunità di lavoro: agricoltura, servizi (piccolo commercio, badanti per la popolazione anziana autoctona che rimane a vivere in questi centri, ecc.), industria (sopratutto nelle aree del Nord Est), edilizia (in particolare quando i piccoli centri sono vicini o insistono nelle aree metropolitane, è emblematica la situazione dei Castelli Romani).
In questi comuni si viene a creare a una sorta di “catena del degrado”: i proprietari non hanno interesse a investire nella riqualificazione in quanto appagati dalla rendita che deriva loro dalla locazione; infatti i costi da sopportare per eventuali interventi migliorativi del patrimonio non sarebbero ripagati dal possibile incremento del prezzo degli immobili sul mercato immobiliare.
Per questo motivo, gran parte del patrimonio storico italiano rischia di “sparire” progressivamente: infatti il degrado si intensifica per assenza di interventi o per interventi inappropriati eseguiti dai migranti che spesso (perlomeno negli anni passati) hanno acquistato l’alloggio.
Accanto ai migranti vivono in questi centri la popolazione anziana autoctona, fasce reddituali deboli (giovani coppie e single-divorziati, ecc.); nei centri in cui alcune zone sono state recuperate si assiste anche alla presenza di seconde case e di case abitate da europei (tedeschi, olandesi, francesi…) che vi hanno trasferito la loro residenza o vi abitano per periodi determinati dell’anno.
Altri centri sono abitati esclusivamente, o per larga parte da migranti, dopo aver subito rilevanti processi di abbandono da parte delle popolazioni originarie.
Questi centri, che costituiscono circa l’80% dei comuni italiani e che ne raccolgono circa il 30% della popolazione, insistono su territori che rappresentano il 70% della superficie del territorio del nostro Paese. E’ evidente come tali insediamenti rappresentino un importante presidio territoriale che consente di mantenere popolazioni, attività agricole ecc. e che tende a contrastare gli ormai frequenti disastri ambientali.
I centri storici minori, ma anche i centri storici di grandi città (in cui questo fenomeno è anche presente in forme diverse), non sono un oggetto delle politiche nazionali, mentre più spesso le regioni hanno promosso politiche in loro favore (sempre in maniera separata tra assessorato e assessorato che non consente una saggia e organica integrazione degli interventi).
Le politiche per la casa lanciate dal Governo guardano più al nuovo che alla riqualificazione, che limiterebbe il consumo di suolo.
A livello centrale è in corso l’approvazione di due provvedimenti legislativi: la proposta di legge di iniziativa parlamentare del 22 maggio 2008, “Disposizioni per la riqualificazione e la rivitalizzazione dei centri storici e dei borghi antichi d’Italia” e il disegno di legge, “Disposizioni per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni”, approvato dalla Camera. Si tratta di disegni di legge molto parziali, che hanno attraversato varie legislature e che ancora non sono stati tradotti in legge, e dotati di scarse risorse che non hanno recepito le importanti esperienze ed acquisizioni delle regioni e delle amministrazioni locali, che hanno invece espresso interessanti percorsi.
Al tema verrà inoltre dedicato un convegno dal titolo “I migranti: risorsa per la rigenerazione dei centri storici delle città medio piccole” che si terrà il 21 giugno a Roma.