Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
Partita IVA 03068171200 | Codice Fiscale/Numero iscrizione registro imprese di Roma 03068171200
CCIAA R.E.A. RM - 1367791 | Capitale sociale: €10.000 i.v.
È stato presentato oggi tra le polemiche il Rapporto annuale Federculture 2012 ma quest’anno non sono mancate le polemiche. La conferenza di presentazione infatti è coincisa con il tavolo di discussione per il rinnovo di contratto nazionale del lavoro del personale delle società dei servizi esterni Lazio Service, Zetema e Ente Eur. Il contratto è scaduto infatti da due anni e i membri del sindacato Cisl si sono radunati davanti le porte del Maxxi, Museo nazionale del XXI secolo, sede della presentazione del Rapporto.
E mentre fuori sventolavano le bandiere sindacali, all’interno del Museo alla presenza del Ministro dei Beni Culturali Lorenzo Ornaghi, il vicepresidente di Confindustria Ivan Lo Bello, il presidente di Rai Cinema Franco Scaglia, il direttore del Sole 24 ore Roberto Napoletano, sono stati snocciolati i numeri della cultura e i dati relativi i consumi, la domanda culturale, il turismo, i finanziamenti del settore.
Il primo elemento significativo emerso dalle pagine del rapporto è che lo stato economico del comparto culturale italiano risente di un clima di incertezza e di recessione generale dell’intero settore dell’economia del nostro paese, che traina al ribasso tutto il settore produttivo. Un numero tra tutti che possa esemplificare questa situazione è la percentuale della disoccupazione del nostro paese che si attesta all’8,4%, numero che supera il 7,3% del 1951, in pieno dopoguerra e ricostruzione. Non è incoraggiante neanche il dato sulla fuga dei talenti dal nostro paese: il numero dei giovani cha hanno varcato i confini del nostro paese alla ricerca di lavoro negli ultimi dieci anni raggiunge quota 1 milione.
Eppure il settore cultura e turismo in Italia, grazie alle risorse e alle ricchezze che racchiude il nostro territorio, avrebbe al suo interno un potenziale che potrebbe far raddoppiare le percentuali di crescita rispetto a quelle attuali. Il comparto culturale oggi infatti rappresenta il 5% del Pil mentre il turismo il 10% (sommati raggiungono il 15%). Per quanto attiene agli investimenti totali, 1,5 miliardi di euro sono messi in campo da Ministero dei Beni Culturali, 3,6 miliardi sono le risorse degli enti locali e le regioni mentre 720 milioni di euro i finanziamenti privati.
Nonostante la crisi degna di nota è la tenuta dei consumi culturali da parte delle famiglie e dei cittadini: nel 2011 sono stati 70,9 i miliardi incassati, quasi il 7,4% della spesa totale con un incremento del 2,6% in più rispetto all’anno precedente. Entrate che corrispondono all’aumento della fruizione degli intrattenimenti culturali, aumentata nel periodo dal 2001 al 2011: le entrate a teatro sono aumentate del 17%, le presenze nei concerti di musica classica dell’11%, le visite a musei e mostre più 6,1%. Positivi inoltre sono anche i dati dei biglietti venduti nei siti culturali statali: i visitatori lo scorso anno sono stati oltre 40 milioni (+ 7,5% ) per un totale di 110,4milioni di euro di introiti. Proventi che vanno a colmare il drastico taglio che hanno subito i contributi sia pubblici che privati. Per quanto attiene i finanziamenti privati infatti c’è stato un’erosione del 40,5% mentre sul fronte pubblico i contributi sono stati quasi dimezzati, raggiungendo un meno 43%. Anche nel campo delle sponsorizzazioni si è assistito ad una progressiva riduzione: sono stati 166 i milioni stanziati, l’8,3% in meno rispetto agli anni precedenti. Una riduzione delle sponsorizzazioni dovuta sicuramente ad una minore disponibilità economica da investire da parte delle aziende e delle imprese, mentre rimangono invariate le erogazioni da parte delle fondazioni bancarie. Eppure le sponsorizzazioni culturali sono state ricompensate con grande successo di pubblico: quasi 2,5 milioni sono stati i visitatori all’interno delle dieci esposizioni di maggior successo dell’anno passato.
Tuttavia, la fame di cultura non sembra conoscere battute d’arresto: nonostante la crisi dei consumi, le entrare nei musei e nei teatri sono la prova che il desiderio di conoscenza continua a rimanere constante e a subire variazioni sono stati solo i finanziamenti ricevuti: il bilancio del Mibac è diminuito del 36,4% e da parte dello Stato lo stanziamento messo in campo per la cultura rappresenta solo lo 0,19% ( lo 0,11% del Pil). Una cifra sconfortante se paragonata a quella del dopoguerra, quando gli investimenti statali raggiungevano lo 0,5%. Anche all’interno dei bilanci comunali la voce cultura ha subito una decurtazione notevole: se nel 2009 era del 3,3% ad oggi è sceso al2,6% ( una perdita per il settore di circa 500 milioni di euro). Per fronteggiare questa decurtazione si è assistito invece ad una incisiva azione da parte delle istituzioni culturali per incrementare l’autofinanziamento che è balzato ad un più 70%. “ Si tratta di risolvere un problema di gestione soprattutto del rapporto tra lo stato e il privato sociale. È necessario capire che il ruolo dello Stato per reperire e allocare le risorse, sebbene sia essenziale, non può essere ritenuto esclusivo.” ha dichiarato il ministro Ornaghi nel suo intervento che ha seguito la presentazione “ Il cambio di gestione deve riguardare in particolar modo il privato sociale: dal momento che il sistema delle Fondazioni non si è rivelato la soluzione, bisogna incrementare l’azione del mecenatismo e delle sponsorizzazioni attraverso la defiscalizzazione”. Riuscire dunque a portare a reddito i beni culturali e il patrimonio monumentale e artistico di concerto con il settore turistico del nostro paese che racchiude in sé delle potenzialità di crescita e di sviluppo sostenibile inesistente nel resto del mondo. La ricetta per il superamento della crisi è dunque che la sviluppo coincida con la cultura: esattamente come recita il sottotitolo del documento di Federculture.