È bello sapere che il Comune di Milano è tornato a produrre mostre. Per gli esperti, gli appassionati, ma anche naturalmente per il pubblico tout court, è un aspetto sostanziale all’interno dell’attuale panorama culturale. L’istituzione torna così a impegnarsi, a coordinare idee, progetti. Insomma, a metterci la faccia. E a permettere al pubblico di visitare una mostra senza dover pagare un ticket.
Non male, in tempi di crisi. Già con la mostra dedicata al Bramantino, ordinata da Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Marco Tanzi nel Castello Sforzesco, inaugurata alcune settimane fa, il Comune meneghino ha dimostrato di voler aprire un nuovo corso all’interno delle vicende culturali cittadine, dopo anni – forse troppi – di mostrifici affidati alle grandi multinazionali della cultura, che poi sono le stesse che stampano i volumi e che si occupano della comunicazione. Così anche Palazzo Reale, con Addio anni Settanta. Arte a Milano 1969-1980, la mostra in corso negli spazi del primo piano, tenta una strada “nuova”.

Addio anni Settanta è una collettiva corale curata da Francesco Bonami e Paola Nicolin, che mette in scena un lungo percorso che oltre a prevedere l’esposizione di dipinti, disegni, fotografie e sculture, propone installazioni, video e documentazioni di performance, concerti, spettacoli teatrali e manifestazioni che hanno caratterizzato un decennio in cui l’arte contemporanea è spesso uscita dai canoni linguistici dei territori visivi per irrompere nelle strade, nel mondo politico e “sociale” dell’epoca. Senza indugi, con un fare partecipato. Spesso ignorando il “Sistema dell’arte” stesso e le sue regole, soprattutto quelle connesse con il mondo del mercato.

In grandi stanze, una dopo l’altra, passano in rassegna i momenti che, secondo i due curatori, sono stati fondamentali per le arti visive in città, prevedendo naturalmente uno sconfinamento continuo nei mondi dell’editoria, come attesta una selezione di letture “obbligatorie” esposta in una delle prime sale, e della comunicazione tout court.
Il percorso è stato studiato per ricreare il clima di quegli anni, sin dall’ingresso della mostra, dove l’androne che solitamente è utilizzato per lo sbigliettamento è stato invaso da una serie di sedute e tavoli in legno realizzate su disegno di Enzo Mari, in linea con la sua ricerca sull’autoproduzione. Qui sono proiettate in loop una serie di interviste ai “reduci” di quegli anni, in particolare critici e storici dell’arte, come Luciano Caramel e Lea Vergine, e operatori che in quegli anni erano particolarmente vivaci, come l’editore milanese Gabriele Mazzotta. Mentre stampe anastatiche di riviste all’epoca d’avanguardia aiutano il visitatore ad immergersi in quel clima. Sempre all’ingresso sono poi disponibili le copie del “giornale” della mostra, proprio in stile anni Settanta. Poteva essere una guida maneggevole per i visitatori, ma si riduce in una sfilza di profili biografici degli artisti presenti.

Impossibile citare tutti gli artisti coinvolti. Basti solo pensare che, tra le altre, vi sono opere di Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Luise Nevelson, Arnaldo Pomodoro, Christo, Alik Cavaliere, Emilio Tadini, Valerio Adami, Daniel Spoerri, Nanni Balestrini e Sergio Dangelo. Quindi non soltanto autori milanesi, ma anche artisti stranieri che però in quegli anni hanno frequentato le gallerie e gli altri spazi espositivi milanesi.

Il progetto si caratterizza essenzialmente per due aspetti, la chiamata alle armi corale – che ha investito numerosi collezionisti e galleristi della città protagonisti di quegli anni, che hanno prestato le opere delle loro raccolte – e la pubblicazione di un volume di grande pregio, curato dagli stessi Bonami e Nicolin, che contiene una miriade di testi, in parte rari, che hanno contrassegnato lo scenario culturale di quel decennio. Estrapolati dai cataloghi, dalle riviste e dai quotidiani dell’epoca, ricostruiscono aspetti eterogenei del mondo dell’arte. Dal ruolo della teoria e quindi dalle funzioni ‘statutarie’ del critico d’arte, alle recensioni delle mostre che hanno fatto la storia, ai pezzi di giornalisti e critici militanti che si impegnavano quotidianamente sulla carta stampata per diffondere il “verbo”.
Rimane in ogni caso un volume destinato a un pubblico di esperti, come forse la stessa mostra, poiché nelle sale espositive non vi sono adeguati apparati didattici che dovrebbero consentire un inquadramento di carattere divulgativo delle problematiche trattate. Pertanto le centinaia di opere, alcune di grande qualità, rischiano di rimanere mute per il pubblico non addetto ai lavori.

Completerà il progetto una mostra, curata da Giorgio Maffei, che dal prossimo 22 giugno sarà ospitata nella sala degli Archivi Gianferrari del Museo del 900, con una sezione dedicata all’editoria indipendente e, soprattutto, all’universo del libro d’artista: un altro degli aspetti salienti della produzione artistica contaminata di quegli anni. Inoltre, a partire dal 21 giugno, una serie di appuntamenti dedicati alla politica, al costume, alla letteratura e al cinema della Milano anni Settanta, andranno in scena per approfondire – con il coinvolgimento degli studiosi – tutti questi ambiti.

Foto: Gabriele Basilico, Proletariato Giovanile 1976.