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Gli ingredienti per un’inaugurazione in grande stile c’erano tutti. Dalla presenza delle istituzioni, gli ampi open-space in cui arriva la luce dalla grande vetrata che riveste l’intera parete laterale, ai prodotti genuini enogastronomici presenti tra gli scaffali e nei punti ristoro. Nella sede romana di Eataly sembra essere tutto pronto, tranne la certezza sulle tempistiche di apertura al pubblico. La data fissata è il prossimo 21 giugno, tuttavia le vicende degli ultimi mesi riguardo i permessi per eseguire i lavori, ancora gettano qualche ombra e incertezza sulla effettiva data d’avvio.
In ogni caso stamattina non è stato dato il minimo spazio alle polemiche: l’intera giornata infatti è stata dedicata al taglio ufficiale del nastro e alle aperture delle attività. Perché, al di là delle agognate autorizzazioni, nello spazio multifunzionale ricavato all’interno degli edifici dismessi del terminal Ostiense non manca neanche il più piccolo dettaglio.
Strutturato su tre piani, Eataly ospita non solo ripiani per la grande distribuzione (si tratta rigorosamente di prodotti realizzati da piccole e medie imprese che seguono la filosofia slow-food dei prodotti artigianali a chilometro zero e della filiera controllata), ma è disseminato di punti ristoro, tematici e completamente aperti, in cui bisogna servirsi autonomamente, mettendosi educatamente in fila come nella mensa aziendale.
Entrando al piano terra ci si imbatte subito nel bookshop, dove sono raccolti non solo libri di ricette ma anche volumi che trattano anche di alimentazione, agricoltura e commercio sostenibile. Proseguendo la passeggiata tra gli scaffali e i prodotti esposti, si incontra da un lato lo stand dedicato alla piadina romagnola tradizionale mentre specularmente si trova l’angolo del forno del pane. Per visitare tutti gli altri svariati punti ristoro bisogna salire le rampe di scale e addentrarsi negli spazi che occupano i piani superiori (sono presenti la friggitoria, l’angolo dedicato ai salumi ei formaggi, la rosticceria, i ristoranti di carne e di pesce). Degna di nota è la birreria artigianale, stanza a vetrata in cui è possibile ammirare una macchina per la realizzazione della bevanda, simile a quelle che si ritrovano in Germania. Solo all’ultimo piano, invece, sono confinati gli uffici, la sala conferenze e le aule per i corsi didattici.
Ed è proprio questa la cornice in cui si è tenuta la conferenza di inaugurazione, alla presenza del ministro per le Politiche Agricole e Alimentari Mario Catania, il ministro del Turismo Piero Gnudi e il collega dell’Istruzione Francesco Profumo. Insieme a loro, ad assistere dalle prime file della platea c’erano la presidente della regione Lazio, Renata Polverini, il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti e il sindaco della capitale, Gianni Alemanno. Tutti venuti a visitare lo spazio multifunzionale accompagnati dalla spiegazione di una guida d’eccezione, il presidente e l’ideatore del progetto Oscar Farinetti.
Durante l’intervento congiunto dello stesso Farinetti, affiancato da Don Ciotti dell’associazione Libera (Eataly negli spazi espositivi ospita diversi prodotti delle aziende che combattono la criminalità organizzata) e dal presidente di Slow Food Carlo Petrini, è stata spiegata la filosofia e la mission di Eataly. Realtà volta non solo a cambiare il concetto di commercializzazione e di distribuzione dei prodotti alimentari, sposando i criteri di sostenibilità, responsabilità e condivisione, ma anche un innovativo sistema di marketing per la sponsorizzazione del made in Italy all’estero. Un concetto che deve essere comunicato in modo semplice e che mira a ridare valore all’agricoltura e alla campagna, lavorata non secondo il mero sfruttamento dei terreni ma seguendo i ritmi e le tradizioni che si stanno perdendo. “Perché se si lavora bene in questa direzione nei prossimi due o tre anni- ha affermato lo stesso Farinetti con il suo peculiare ottimismo durante il discorso d’apertura- l’Italia nel settore agroalimentare può raddoppiare la propria esportazione all’estero e quindi il proprio fatturato. Se i consumi nel nostro paese sono bloccati, bisogna tenere presente che la produzione italiana è solo un 3% del Pil mondiale e che per far ripartire la nostra economia è necessario puntare sul mercato estero”.
Restituire quindi valore alle potenzialità dell’interno comparto e alla qualità agroalimentare affinché questo diventi l’asse portante del nostro paese: è questo il messaggio lanciato da Catania nel suo intervento. Il ministro, infatti, ha espresso il suo proposito di potenziare la salvaguardia del comparto agricolo senza il quale tutto l’intero universo Eataly non avrebbe possibilità di esistere.
I buoni propositi, dunque, affinché l’intera filiera alimentare in Italia funzioni meglio sembrano non mancare, ma i dati del settore attualmente sono sconfortanti: il consumo del suolo agricolo italiano, infatti, ha subito un’erosione molto forte, mettendo in pericolo la produzione agroalimentare del nostro paese (già oggi il 25% dei prodotti alimentari nel nostro paese sono importati). La proposta del ministro è quella di potenziare soprattutto i prodotti a marchio dop e rendere questo il modello portante per la rinascita dell’intero settore.
Intenti di crescita che vanno ben oltre l’esito positivo di Eataly, ma che da questo esperimento di successo prendono spunto, per capire quali saranno le esigenze nei prossimi anni, non solo per il superamento di questo momento di incertezza economica, ma anche per far sì che, con la ricchezza inespressa della nostra produzione, momenti come questi possano essere fronteggiati senza difficoltà. Obiettivo che forse potrà essere raggiunto più agevolmente senza gli intoppi burocratici che spesso strozzano l’economia locale. Richiesta manifestata apertamente dal presidente di Slow food Carlo Petrini a cui è stato lasciato l’intervento finale, rivolto alle nuove generazioni “L’elemento importante da comunicare ai giovani è che il diritto al sogno non può vivere senza che non tornino i conti: bisogna unire visionarietà con il pragmatismo. Ed è questo l’obiettivo che si prefigge Eataly: non vedere prodotti ma il “saper fare” del nostro paese. La crescita vera dell’Italia è l’agricoltura, perché il giorno in cui il nostro paese perderà i suoi contadini e gli artigiani perderà la propria storia”.