Dal convegno, organizzato dal centro di ricerca Fo.Cu.S, Sapienza, Università di Roma , sono emersi alcuni temi rilevanti di grande attualità. Dal 1991 al 2011 la popolazione straniera, nel nostro Paese, si è redistribuita a livello territoriale dalle grandi città ai centri di dimensione più contenuta, a partire da quelli con meno di 100 abitanti; il fenomeno è particolarmente rilevante nelle classe di comuni inferiori a 20 mila abitanti (e in quella inferiore a 5 mila) che ha visto passare la presenza straniera dal 35% al 50% a fronte delle città con più di 500 mila abitanti che sono passate dal 34% al 16%.

Le piccole città, dunque, costituiscono importanti luoghi di insediamento dei migranti oltre a rappresentare contesti quantitativi importanti per il Paese: su 8.094 comuni quelli con meno di 20 mila abitanti rappresentano ben il 93,6%, al cui interno la stima dei comuni con patrimonio storico, che accolgono il 47% della popolazione straniera residente in Italia, si attesta sull’88%. Altro dato rilevante è la superficie territoriale ricoperta da questa classe di comuni che arriva all’83%.

Una realtà quindi, che seppur frammentata e diversamente articolata, va tenuta in forte considerazione sia dal punto di vista delle risorse che può offrire per lo sviluppo del Paese sia da quello della tutela e della salvaguardia necessarie perché questi territori minori continuino a esercitare il ruolo di presidio che stanno progressivamente perdendo. I migranti possono costituire una risorsa importante in queste situazioni così diverse l’una d’altra nel cui contesto non è possibile rintracciare modelli prevalenti, per la ricchezza dei patrimoni, la diversità della storia, le tracce dello sviluppo.

La ricerca che Fo.Cu.S ha condotto su alcuni comuni del Lazio (diversamente localizzati rispetto all’area metropolitana: Rocca di Papa, Zagarolo, Magliano Sabina, Blera, Corchiano, Borgo Hermada, Unione Comuni Alta Sabina) ha evidenziato in queste realtà percentuali di migranti in incremento che coesistono con popolazione autoctona anch’essa in incremento. Si tratta di realtà in qualche modo attrattive, nel cui contesto si sono generate nuove forme di convivenza, con caratteristiche di mobilità (connesse ai migranti e ai trasferimenti della popolazione autoctona), che le amministrazioni si trovano a “governare” cercando di coniugare politiche di recupero con politiche sociali, che spesso nella realtà registrano forti sconnessioni.

Un alloggio a basso costo, una dimensione di vita che spesso ricorda quella dei paesi di origine, a volte un lavoro nelle vicinanze, il richiamo di famigliari e conoscenti, attraggono i migranti in questi luoghi, dove la loro presenza riattiva l’uso del patrimonio , sostiene le attività economiche e consente il permanere della popolazione autoctona con i servizi alla persona.

Le varie esperienze italiane (Colle di Val d’Elsa, Cava de’ Tirreni, Magliano Sabina) e straniere (Spagna e Svizzera) presentate al convegno hanno confermato i risultati salienti della ricerca di Fo.Cu.S, evidenziando l’importanza della partecipazione nelle politiche di accompagnamento sociale, dell’attenzione da rivolgere ai singoli individui, del progetto “generale” che richiede, in questo momento di crisi, innovazione negli strumenti amministrativi e fiscali, nella promozione delle attività (in particolare culturali), nell’offerta di territori di qualità da rivolgere a turismi selezionati.

 

Per approfondire l’argomento leggi anche l’articolo su Focus e ascolta le interviste a Manuela Ricci e Ginevra de Maio pubblicati qui.