« Eppur si Muove»: così recita un adagio. Sibilate appena tra le labbra, sono le parole di chi è convinto della propria idea nonostante i “considerato che” e le dichiarazioni delle verità ufficiali.

Eppur si muove, dunque, l’Italia delle Industrie Culturali e Creative, nonostante il popolo dei creativi e la moda delle start-up.

Si muove in Lombardia, che per il comparto costituisce, stando alle statistiche, la terza area per giro di affari in tutta la Eurozona. Si muove in Monza e Brianza, territorio che, rispondendo ad un bando della Fondazione Cariplo, si è impegnato dal 2010 nella costruzione di un Distretto Culturale Evoluto.

È proprio all’interno del processo di costituzione di questo Distretto Culturale che si è tenuta il 22 Giugno 2012, la manifestazione “It’s a Start”, giornata dedicata alle Industrie Culturali e Creative.

Organizzata intorno a due focus principali, la manifestazione si è divisa in una prima sessione di talk show con oratori provenienti dai mondi dell’istituzione, dell’industria e dell’accademia e una seconda parte, dedicata ad un contest di idee e progetti, che si sono sfidati a suon di “esposizioni in 5 minuti” l’agognata visibilità e i necessari contributi.

Ed è proprio questo il tasto dolente che permea il mondo delle industrie culturali e creative: la necessità sempre più percepita di contributi iniziali per poter avviare un’impresa innovativa. “Contributi che ci sono”, sostiene Francesco Ferri, presidente di Confindustria Giovani di Monza e Brianza, nell’ambito del primo round del talk show mattutino. “Tra bandi Europei, regionali, comunali, tra contributi di venture capital e l’aiuto dei business angel, non bisogna dimenticare di aggiungere le fidejussioni personali”. Quest’ultimo punto è degno di nota, perché nonostante l’energia che questo mondo emana, rimangono ancora molte cose da migliorare, molte delle quali affrontate con un meritevole spirito di concretezza che ha pervaso la tavola rotonda.

Se da un lato infatti l’industria culturale e creativa si caratterizza come uno dei potenziali motori trainanti dello sviluppo economico, dall’altro sembra si presti ancora poca attenzione alla prima parte della definizione del comparto: Industrie. Capita con una certa frequenza di trovare aspiranti start-upper con una idea creativa (l’abuso dei termini è voluto) ma con una dubbia consapevolezza di ciò che questo comporta: conti, bilanci, business plan, budget, e tutte le variabili economiche che costituiscono un’impresa, primo fra tutti: il rischio.

Elemento che è stato ampiamente sottolineato anche da Alessandro Rubini, project leader del progetto Distretti Culturali della fondazione Cariplo. Le start-up, per quanto costituiscano una preziosa risorsa per il loro contenuto innovativo, rimangono sempre prima di tutto delle aziende. E quindi, meccanismi complessi che devono rispondere a dei bisogni specifici di un mercato di riferimento: siano esse imprese già esistenti (che costituiscono la potenziale domanda per le imprese che sviluppano innovazioni di processo) o territori (è il caso di innovazione sociale). L’elemento della sostenibilità è, o dovrebbe essere, il punto intorno al quale costruire un discorso organizzativo e tecnologico. I fondi erogati attraverso i bandi, invece, dovrebbero costituire soltanto un aiuto per sopravvivere in una fase iniziale, quella appunto di start-up, contrassegnata da un elevatissimo tasso di mortalità. Spesso, tuttavia, l’intero progetto è costruito in modo da poter risultare credibile in fase di bando, che si manifesta come obiettivo primario dell’organizzazione. Questo atteggiamento è sicuramente responsabile dei tassi di mortalità elevati nei primi anni di vita.

E’ quindi importante che i bandi siano oggetto di un processo di semplificazione, così come sostenuto dagli invitati istituzionali, Fiorella Ferrario (Direttore Vicario Direzione Istruzione, Formazione e Cultura della Regione Lombardia), Cristina Colombo (Direttore Vicario Direzione Industria della Regione Lombardia) e Cinzia Secchi (Direttore Area Sistema Produttivo, Lavoro e Welfare della Provincia di Milano).

È altrettanto importante tuttavia cercare di sviluppare una consapevolezza diffusa della start-up come impresa e di conseguenza un’estensione della cultura del rischio. Questo potrebbe abbassare di gran lunga il tasso di mortalità infantile (come a volte denominato) delle imprese e migliorare il rendimento totale di tutte le iniziative volte allo sviluppo dell’imprenditoria.

Il tema dell’innovazione sociale infine, è emerso negli interventi eccezionali di Luigi Ferrara, direttore della School of Design del George Brown College e ideatore di numerose iniziative legate al tema dell’innovazione sociale, e di Oliver Wagner, Project Manager nel dipartimento di Media and Creative Industries of Innovation and Technology Transfer Salzburg. Questi studiosi hanno sottolineato con molta enfasi l’importanza rivestita da quelle strutture definite a volte come incubatori di idee e note come hub. A ribadire il ruolo primario che queste strutture giocano nell’innovazione sociale è stato l’intervento di Alberto Masetti Zannini, fondatore e direttore di Hub Milano. L’esperimento degli Hub è senza dubbio uno dei più interessanti a livello globale, e l’entusiasmo che circonda questa iniziativa è più che giustificato. Tuttavia, per quanto il concetto di Hub sia una valida declinazione degli intenti cari all’innovazione sociale, non ne esaurisce il campo d’azione. Attualmente concepiti come spazi di co-working per giovani professionisti impegnati nella realizzazione di progetti che abbiano delle ricadute sociali, gli attuali Hub hanno come interlocutore privilegiato soltanto una parte della società. Innovare questa parzialità, e quindi estendere l’offerta ad un maggior pubblico di riferimento potrebbe essere un intervento in grado di far emergere a pieno titolo il fenomeno, in modo che possa raggiungere quella soglia critica che permette di attuare dei veri e propri cambiamenti.