Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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La strada per continuare a realizzare ed espandere i centri urbani nei prossimi anni sarà unica ed imprescindibile: solo costruendo edifici a basso impatto ambientale, alimentati da energie alternative e, solo migliorando la viabilità, sarà possibile incrementare la superficie abitabile delle nostre città.
Ne sono consapevoli soprattutto i professionisti che lavorano negli studi di architettura, all’interno dei quali quotidianamente disegnano e si scambiano idee e progetti per realizzare costruzioni innovative e sostenibili, che contraddicano tutti gli schemi sino ad ora perseguiti dall’edilizia abitativa. L’obiettivo è non solo migliorare la qualità della vita degli abitanti grazie all’architettura eco compatibile, ma soprattutto ridurre l’impatto sull’ambiente e rendere il più possibile le nostre città autosufficienti per la fornitura di energia. I progetti e la creatività in campo non mancano e in alcuni angoli del pianeta quelle che nascono come delle semplici idee riescono a prendere forma. È quanto sta accadendo in Vietnam dove, all’interno di un’area di 800 ettari verrà realizzata un’autentica eco city, indipendente dal punto di vista energetico, nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio naturale circostante, grazie a sistemi innovativi per la gestione dei rifiuti e della mobilità. Prenderà il nome di Dao Viet eco-city e sarà costituita da un insieme di cinque isole che sorgeranno nella baia di Halong. Questo concept di realizzazione non è di matrice internazionale: a vincere il bando di gara, infatti, è stato il T studio, uno studio di architetti romani. Un esempio di come l’eccellenza italiana, anche nel campo della progettazione green, viene esportata all’estero con facilità. Il paradosso di progetti a base di mobilità sostenibile, pannelli solari, riciclo dei rifiuti, energia eolica e quant’altro è proprio quello di essere spesso di menti italiane, che tuttavia non riescono a trovare lo spazio ( soprattutto economico) necessario per la messa in atto.
Prendiamo ad esempio la città di Roma, dove ha sede lo studio di architetti vincitori del progetto vietnamita: la capitale nella classifica delle città più sostenibili d’Italia nel 2011, non ricopre di certo una posizione invidiabile. All’interno della lista redatta da Euromobility, Associazione Italiana Mobility Manager, in cui sono classificate le città del bel paese, la capitale si trova in 20esima posizione nella voce mobilità sostenibile. I requisiti hanno tenuto conto di servizi come bike e care sharing, mezzi pubblici adeguati e funzionali che colleghino ogni angolo della città, presenza o meno di piste ciclabili, percentuale di veicoli a motore nelle strade. Tutti elementi in cui Roma, come numerose città italiane, sicuramente non eccelle. Spostando l’attenzione alle classifiche europee, infatti, la situazione dell’urbanistica italiana, confrontata con quella europea, non può che peggiorare.
In alcune città tedesche, come Friburgo in Brisgovia, l’autosufficienza energetica e l’emissione zero di sostanze nocive ed inquinanti è quasi realtà: oltre a possedere un’invidiabile rete di trasporto pubblico, basata soprattutto su tram di superficie, in città sono pochi coloro che usufruiscono della macchina per gli spostamenti, servendosi invece anche nei periodi più rigidi della bicicletta, grazie anche al circuito di piste ciclabili che copre l’intera l’area della città. L’eco- compatibilità, tuttavia, non caratterizza solo il comparto dei mezzi di trasporto, ma comprende anche la raccolta dei rifiuti, differenziata in modo da poter riutilizzare il maggior numero di materiali possibili e l’edilizia: “green” sono anche i fabbricati abitativi, realizzati con i pannelli solari e in modo da ridurre al minimo la dispersione di calore ed energia, con finestre grandi e luminose nelle pareti esposte a sud mentre ridotte in quelle che affacciano verso nord.
Il prototipo della città del futuro, dunque, in Germania esiste già e in molte nazioni, comprese nelle nuove economie emergenti, tale modello inizia ad affermarsi e a diffondersi con successo. In uno scenario in cui molti paesi stanno già riconvertendo o pianificando buona parte dell’architettura urbana, l’Italia rischia di rimanere ancora una volta indietro in uno dei settori in cui, a giudicare dalle idee e dai progetti marchiati “made in Italy”, potrebbe invece eccellere. Ancora una volta a penalizzarci saranno la mancanza di investimenti o i finanziamenti spesi secondo direttive poco proficue e ragionate. Un atteggiamento, già sperimentato in altri settori della creatività e della tecnologia, che ha portato l’Italia a perdere il primato e a pagarne care la conseguenze a lungo termine, anche a livello economico oltre che sul piano dello sviluppo. Semplicemente investendo in maniera ragionata prima e non lasciando emigrare le idee, insieme ai giovani che le concepiscono, forse riusciremmo a colmare questa distanza. Riconvertire le nostre città al concetto di green city sostenibili prima che ritrovarci a pagare un prezzo troppo alto, in un futuro non troppo lontano, quando questi progetti avranno già visto la luce e non saranno più considerate avanguardie, bensì normalità.