Coerente con la propria missione costitutiva, il Ce.St.Art Centro studi sull’economia dell’arte, ha recentemente organizzato due incontri per discutere con esperti del settore e aspiranti addetti ai lavori sulle condizioni legislative che regolano il mercato dell’arte italiano.

Lo scenario che emerge è abbastanza prevedibile: con il suo approssimativo 0,5% del mercato globale, il mercato dell’arte italiano stenta ad avere una reale visibilità internazionale e non solo per ciò che concerne il settore contemporaneo, che in Italia salvo alcuni casi isolati, è sempre un passo indietro rispetto allo scenario globale, ma anche per ciò che riguarda l’arte antica, che invece ha raggiunto vette tecniche ed estetiche rimaste ineguagliate e che è superfluo in questa sede  ricordare.

Ciò che è invece necessario sottolineare è come una delle variabili più rilevanti per la creazione e per le dimensioni di un mercato, ossia il tasso proprietario che in Italia non è indifferente, sia praticamente annullato da una struttura legislativa e fiscale che non solo non incentiva lo svilupparsi di transazioni ma funge da vero e proprio deterrente per quelle dinamiche che potrebbero sia arricchire lo scenario culturale sia creare le basi per un mercato più florido.
Legislazione dell’arte di cui, in realtà, si parla poco e solo nei casi in cui questa coinvolge notizie di più forte presa mediatica. Così si parla della dicotomia tra errata attribuzione e falso solo quando la Corte dei Conti annuncia di avere avviato un’inchiesta nei riguardi di alcuni esponenti del Ministero dei Beni Culturali in merito all’affaire passato alla cronaca come il “Cristo di Michelangelo”. Ma anche in questo caso se ne parla poco e male: nessuna parola spesa, salvo qualche raro caso, per illustrare in maniera esaustiva quali fossero i principali problemi legati a questa vicenda (mi riferisco ad una regolamentazione poco efficace nel guidare le prassi attualmente in uso) di cui l’acquisto del presunto Michelangelo non è che un sintomo. La questione piuttosto potrebbe e dovrebbe essere sviluppata in una direzione che sia finalizzata alla comprensione e all’attuazione di interventi da porre in atto per cercare di ridurre l’innescarsi di alcune dinamiche che aumentano il già elevato tasso di aleatorietà endogeno che contraddistingue il mercato dell’arte già ingessato da uno strumento legislativo che, erede diretto dello spirito antinapoleonico e dei sentimenti autarchici del  famoso ventennio continua a vincolare le transazioni internazionali  inerenti opere d’arte.

La notifica, o come prevede la definizione più corretta, la dichiarazione di “particolare interesse storico-artistico”, è un istituto giuridico che sicuramente non ha perduto la propria raison d’être: con il suo elevato contenuto protettivo impedisce che un emiro qualunque possa venire in Italia ed acquistare non già Valentino, ma Leonardo, Caravaggio, o una delle altre griffe che rendono il nostro Paese più grande dei suoi stessi confini nazionali.
Non volendo assumere posizioni provocatorie (anche se certo non infondate) che vorrebbero eliminare del tutto lo strumento, acquisendo in questo modo una normativa liberista (ma se non riusciamo neanche a preservarli questi “capolavori” di cui ci ricordiamo sempre troppo tardi non è meglio venderli?), di certo lo scenario che emerge dallo studio dell’Area Research del Monte Paschi di Siena e presentato da Pietro Ripa durante l’incontro tenutosi il 18 Luglio presso la sede di Milano dello Iulm, non lascia dubbi: in due anni consecutivi è stata formulata la medesima domanda a due campioni di addetti ai lavori, un panel che nel 2010  privilegiava la presenza di mercanti d’arte e nel 2011 la presenza di giuristi. L’ 88% del campione ritiene che la dichiarazione di interesse culturale non sia fondata su dei parametri oggettivi.

L’assenza di parametri oggettivi, o per essere più corretti, la percezione che tali parametri siano assenti, crea una serie di comportamenti che agiscono da distorsori del mercato, quali il mancato prestito per esposizioni e mostre delle opere di cui si è proprietari per il timore di vedersele notificate. Questo genera una perdita non solo economica ma anche culturale e scientifica. La domanda che a questo punto è giusto porsi è:  siamo certi che così com’è attualmente strutturata la notifica si riveli uno strumento efficace nel bilanciare la tutela delle opere d’arte e la relativa valorizzazione economica?
Forse no. Anche perché se è impossibile vendere all’estero un’opera notificata, il valore monetario dell’opera cala drasticamente, creando un notevole danno per il possessore che cercherà di eludere le normali pratiche di vendita optando per la strada che conduce a quel porto franco che è la Svizzera. Certo, l’arte non deve essere considerata alla stregua di tutti gli altri beni di scambio, ma è pur vero che chi acquista opere d’arte ha il diritto di poter ambire alla formazione di una collezione coerente. Risultato, questo, che prevede anche la vendita di quelle opere che, acquistate di impulso, non hanno legami con il resto delle opere in possesso, o che semplicemente non piacciono più.

Senza le necessarie sicurezze il mercato dell’arte italiano è destinato ad assumere un ruolo sempre più ridotto. E la riduzione di un mercato comporta da un lato la diminuzione del peso che questo ha sullo scenario internazionale, e dall’altro l’innalzarsi di barriere all’entrata, e quindi minori assunzioni, minori iniziative imprenditoriali e in generale un minore sviluppo economico.
Sebbene la Cultura e l’Arte vengano pronunciate sempre in grassetto nelle dichiarazioni pubbliche, la totale indifferenza della classe politica a questi argomenti è la prova che esse non rientrano nell’agenda dei nostri decisori istituzionali.
Per questo è necessario estendere il dibattito intellettuale a quante più persone possibile, di modo che, diventando un bisogno condiviso, anche coloro che, nella abusata citazione di De Gasperi, pensano alle prossime elezioni, possano intravedere in queste tematiche un rendiconto personale.

Per approfondire:
NOT – Riflessioni sul ruolo della notifica nel mercato italiano dell’Arte