Uno dei grandi protagonisti del Time in Jazz 2012 è stato indubbiamente Paolo Angeli che, con la sua chitarra “tuttofare”, ha squarciato con accorato sentimento i cieli afosi delle campagne di Oschiri, nel Santuario della Madonna di Castro l’11 agosto, e ha poi suonato con Antonello Salis, Gavino Murgia ed il batterista americano Hamid Drake ad esplosiva chiusura del festival il 15 notte sul palco di Berchidda.

Artista di Palau dal passato musicalmente denso di contaminazioni, Paolo Angeli poggia la sua conturbante poetica su commistioni fra le tradizioni della sua terra d’origine, la Sardegna, ed un bagaglio musicale derivante dalla sua attenzione e curiosità verso ogni forma di sperimentazione ed innovazione nel settore. Ciò lo porta, in modo assolutamente spontaneo, a varcare i limiti posti fra i generi musicali e a forgiare uno stile unico ed inclassificabile, aiutato dalla sua inseparabile chitarra e dalla sua voce profonda, servi fedeli della grande passione che sgorga inarrestabile dal suo animo poliedrico.

A Berchidda, gli abbiamo rivolto alcune domande che ci aiuteranno a conoscerlo meglio…

Parlaci della tua indomabile chitarra. Quanti strumenti racchiude in sé e come ti è venuto in mente di trasformarla in questo modo?
È nato tutto per gioco e… continuo a viverlo in questo modo: in modo ludico, spontaneo e con leggerezza.
Il punto di partenza è una chitarra sarda, usata in Gallura e Logudoro per le gare di canto a chitarra e… negli anni ha assunto le sembianze di viola da gamba (o violoncello), basso acustico, strumento a percussione: ha 18 corde, martelletti da pianoforte, cavi di bicicletta per azionarli, 10 eliche con variatori di velocità. È un work in progress, una continua ricerca che innesca processi creativi e mi porta ad esplorare nuove arie della mia musicalità. In autunno lavoreremo a nuovi prototipi, ispirati al Kanun, all’arpa celtica, al clavicembalo.

Hai raccontato della tua famiglia, delle tue radici con la Sardegna, la tua terra. I tuoi canti si riallacciano con queste tradizioni ed in modo molto semplice e quotidiano, come ad esempio nel tuo aneddoto della raccolta dei funghi. In che modo il tuo patrimonio familiare e sardo influiscono nelle tue creazioni musicali?
La musica scollata dalla vita è un materiale insignificante. Perché amiamo un musicista? perché ci emozioniamo con una canzone? Penso dipenda dal fatto che la colleghiamo al nostro vissuto, a delle esperienze, a dei momenti particolari. Questo succede anche quando scrivi e componi un brano. Un esempio? Mascaratu, legato alla raccolta dei funghi, per quanto l’abbia pensato in Sardegna, è maturato a Barcellona. Durante la gestazione, lo registravo quotidianamente e lo ascoltavo mentre facevo ‘footing’ sulla pista ciclabile di un frangifrutti a Barceloneta. Chiudendo gli occhi in studio di registrazione, appariva l’immagine del sole riflesso sul mare della mia città. Ora Mascaratu, anche nelle esecuzioni live, è legato a quell’istantanea del mio quotidiano. La Sardegna e i miei affetti familiari, estremamente profondi, sono alla base della serenità che mi fa vivere con intensità la relazione con la musica, collocandola sempre in una posizione secondaria rispetto alle cose semplici della vita.

Ti definiscono un artigiano: creatore della materia viva e plasmatore della musica. Tu cosa ne pensi? Ti identifichi in questa definizione?
Totalmente! Mi sento molto simile ad un falegname, che guarda e modella il legno, ne sente l’odore… la musica è come una tavola imbandita, come uno scafale di una cucina ricca di spezie. Il cuoco modella i sapori a braccio, improvvisa, dosa l’intensità del dolce e del salato. Ecco… la musica ha più a che fare con tutto questo che con le regole dell’accademia.

Le collaborazioni con altri artisti, come ad esempio “Giornale di bordo”, sono un punto di forza del tuo percorso artistico. Cosa pensi a riguardo? Credi che la collaborazione sia favorevole e faccia nascere nuovi canali e prospettive nel panorama musicale di un artista? Cosa ti senti di consigliare a chi, come te, si affaccia nel mondo della musica?
Suonare, cambiare partner e compagni di viaggio è la linfa vitale della musica. Ti porta – sopratutto nel mio caso che suono uno strumento inusuale – a cambiare il ruolo all’interno dell’organico. Suonare in duo con Hamid Drake, con Antonello Salis, con Fred Frith, con Takumi Fukushima, presuppone affrontare i concerti con approcci sempre diversi e ti porta ad allargare la gamma della tavolozza dei colori e i confini dell’espressività. Improvvisare in trio o in quartetto, è ancora più complesso e stimolante. Immagina 4 persone a cena: si parla di tutto e… il rischio è che un leader troppo forte monopolizzi la discussione. Giornale di Bordo è molto speciale: siamo 4 personalità diverse e intransigenti. È incredibile come riusciamo a convivere in armonia senza aver mai fatto una prova e senza aver delimitato i nostri spazi vitali. A chi si affaccia al mondo della musica suggerirei di lanciarsi senza tabù e… se li dovesse avere, romperli, ascoltare di tutto, osservare con curiosità, rubare più che può, soprattutto da musicisti apparentemente meno bravi di te.

Parlaci dei tuoi progetti futuri. Hai in mente nuove collaborazioni e/o nuovi dischi?
A novembre uscirà il nuovo cd in SOLO: ho coronato il sogno di registrarlo in Gallura, nel fantastico studio Casagliana di Raffaele Musio. Penso sia un cd speciale che mi trasmette una sensazione di freschezza e novità. È un disco profondamente passionale, registrato in 5 ore, in presa diretta su 18 tracce separate. Dentro racchiudo solo brani inediti. È stato come fare i conti con i miei 41 anni, 33 dei quali vissuti a contatto con la chitarra: la sintesi è racchiusa in un ora di musica, solare, energica, vitale e di pancia. Non vedo l’ora di condividerla con voi!

 

Ed ecco la fantastica interpretazione di Paolo Angeli al Time in Jazz 2012

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