Fu ucciso trent’anni fa, mentre si trovava in macchina con la seconda moglie, Carlo Alberto Della Chiesa, generale dei carabinieri e prefetto della città di Palermo. Era il 3 settembre 1982, quando la sua auto venne affiancata da una BMW da cui partirono diversi colpi di kalashnikov che massacrarono il prefetto e la moglie Emanuela Setti Carraro. Era arrivato a Palermo in qualità di questo ruolo nel maggio dello stesso anno e non aveva esitato a definirlo molto difficile in terra siciliana: in un’intervista rilasciata al giornalista Giorgio Bocca aveva infatti spiegato così la sua carica: “Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì

Forte ed incisivo era stato il suo impegno contro la mafia corleonese: oltre a blitz e diversi arresti aveva anche stilato una lista dei boss più influenti della nuova mafia, il Rapporto dei 162.

Determinante fu anche il suo ruolo durante le indagini che seguirono il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro: furono i suoi uomini, infatti, che fecero irruzione nel covo di via Monte Nevoso a Milano: in quell’occasione venne ritrovato il memoriale del deputato DC freddato dopo 55 giorni di sequestro dalle brigate rosse. Dalla Chiesa consegnò queste carte a Giulio Andreotti in cui sembra fossero contenuti segreti compromettenti collegati alle responsabilità politiche del sequestro Moro. Parte di queste informazioni furono rivelate dallo stesso Dalla Chiesa al giornalista Carmine Pecorelli che aveva intenzione di pubblicarli integralmente nella rivista OP- Osservatorio Politico. Il giornalista morì prima di raggiungere il suo intento il 20 marzo 1979.

Il generale si occupò anche di un altro filone di indagini irrisolto: la morte a bordo del suo aereo personale del presidente dell’ENI, Enrico Mattei: nel 1970 seguì infatti le indagini sulla morte del giornalista Mauro De Mauro che aveva contattato il regista Francesco Rosi, il quale stava girando in quel periodo un film- documentario sul caso Mattei, promettendogli di rivelargli verità importanti. La vita e le sue indagini sono rimaste profondamente legate ad alcuni dei misteri giudiziari rimasti insoluti del secolo scorso. I suoi successi furono dovuti soprattutto alle sue tecniche di indagine molto temerari che prevedevano l’infiltrazione di diversi componenti delle sue squadre all’interno dei gruppi terroristici e mafiosi.

Durante i suoi funerali tutte le autorità politiche presenti furono ferocemente contestate dalla folla perché accusati di aver lasciato solo lui e l’intera terra siciliana. Lo stesso parroco che celebrò la cerimonia durante l’omelia pronunciò le seguenti parole, tratte dallo storico romano Tito Livio “Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici [..] e questa volta non è Sagunto, ma Palermo. Povera la nostra Palermo”

La figlia Rita Della Chiesa durante i funerali fece togliere dalla bara le corone di fiori inviate dalla Regione Sicilia, presieduta allora da Mario D’Acquisto.

Per il suo omicidio sono stati condannati all’ergastolo, Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci, i vertici di Cosa Nostra.

In occasione della commemorazione dai trent’anni della morte, oggi è stata inaugurata a Milano nel cortile di Palazzo Marino, la mostra “Comunicazione e Memoria”, realizzata dagli studenti del laboratorio sperimentale della facoltà di Scienze Politiche dell’Università e dell’accademia NABA.

La mostra sarà aperta ad ingresso libro sino le 23.

 

Informazioni:

Sabrina Di Pietrantonio, sabrina.dipietrantonio@laureatedesign.it

Francesca Zocchi, francesca.zocchi@naba.it