Mentre è ancora in corso in queste ore a Charlotte, in North Carolina, la convention democratica in vista delle prossime elezioni presidenziali per eleggere il 45esimo uomo che guiderà gli Stati Uniti d’America, quello che emerge dall’agguerrita campagna elettorale aperta sino al 6 novembre prossimo è che le donne sono, ancora una volta, l’elemento che fa la differenza. Nei giornali americani e di riflesso sulla stampa italiana protagonisti assoluti sono stati, infatti, i discorsi delle due first ladies sfidanti, che affiancano i rispettivi mariti nei due mesi più intensi e decisivi della propria carriera politica. Proprio i due speech al femminile, definendo i lati più umani e personali di due personaggi politici che sono prima di tutto uomini comuni, si riveleranno forse determinanti per la scelta che gli americani si riserveranno per le prossime elezioni. Perché per arrivare dritto ai cuori dei cittadini, l’autocelebrazione non è sempre e in ogni caso la soluzione più indicata. Portare invece davanti a milioni di persone la consorte di una vita che segue passo per passo il tuo impegno, determinazione e tassello per costruire il tuo futuro politico può essere invece la carta vincente per far arrivare a quelle stesse persone, prima ancora che il tuo programma elettorale, i tuoi stessi valori.

 

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=0NraMG2zImE&w=400&h=225]

 

Che le aspiranti first ladies fossero da sempre un fattore basilare per portare avanti la campagna per le elezioni dall’altra parte dell’Oceano non è mai stato un mistero. Nella raccolta fondi, nell’impegno in favore delle associazioni no-profit, nello stringere mani all’interno dei salotti buoni o della semplice gente comune, nel delineare i punti dei programmi da attuare e nella capacità di trasmetterli ai cittadini, le consorti giocano un ruolo da protagoniste decisivo e non c’è presidente americano che si rispetti che non faccia scendere in campo con le armi affilate la sua migliore alleata. Una carica, dunque, che non si limita a rimanere nell’ombra, ma attiva a tutti gli effetti e che rende il discorso delle aspiranti first ladies ancora più atteso, e spesso anche più studiato e criticato, rispetto a quello dei mariti candidati. Ann Romney, con la sua impeccabile eleganza, è riuscita a trasmettere un’immagine più addolcita del candidato repubblicano, definendolo un uomo di famiglia rigoroso avvezzo a svegliarsi ogni mattina presto per risolvere i problemi che tutti pensano di non poter affrontare. Michelle Obama con la sua grinta da vendere, ha riportato un’immagine di Obama come un uomo che non è stato cambiato nello spirito e nei valori da quattro anni di presidenza alla Casa Bianca; un uomo che ha conservato la sua semplicità dovuta ad una famiglia d’origine non certo tra le più benestanti.

Le donne dunque protagoniste assolute e non solo sul palcoscenico durante la notte in cui tengono i propri discorsi, ma durante l’intera campagna elettorale: ogni anno le sfidanti tengono anche una divertente gara di cucina, a colpi di biscotti al burro, invitando gli americani a votare la propria ricetta preferita tra le due proposte. Aspetti ludici, ma anche quelli concreti ed impegnati allo stesso tempo, che spinge i mariti a mettersi spesso da parte e rimane nell’ombra, esattamente come ha fatto martedì sera Barack Obama che ha seguito il discorso della moglie comodamente seduto nel divano di casa sua assieme alle figlie Malia e Sasha.

 

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=ZTPdKUA9Ipg&w=400&h=225]

 

Qualcuno di voi ricorda di aver assistito ad un impegno altrettanto decisivo e ad un ruolo così spiccato delle first ladies italiane durante le campagne elettorali nel nostro paese? Anche pensandoci a lungo e in modo approfondito, probabilmente non troverete un episodio che vi sia rimasto impresso nella memoria in cui l’intervento delle consorti sia stato rilevante. Le importanti figure femminili nella politica italiana sono solo quelle che creano scandali o che sono arrivate al potere in modo discutibile e sospetto, mentre le first ladies rimangono relegate nell’ombra, probabilmente a godersi i discorsi dei rispettivi mariti sedute sul divano di casa propria assieme alla prole. Il ribaltamento dei ruoli in suolo americano forse non è solo un segno della modernità e dei tempi che cambiano e si evolvono, dal momento che per fare breccia nei cuori degli elettori le parole autoreferenziali, unite ai proclami elettorali piuttosto ripetitivi e poco personali, probabilmente non sono sufficienti soprattutto per le nuove generazioni. Chissà se la nostra classe politica dominata da una gerontocrazia imperante si è posta come obiettivo principale quello di riformare, non solo la tanto discussa legge elettorale, ma anche le modalità di fare propaganda elettorale. In attesa della decisione sulla data in cui si svolgeranno le prossime elezioni, il tempo stringe e forse anche stavolta saremo condannati a sentire le solite campagne noiose e ripetitive.