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Sono poche le notizie che trapelano: l’obiettivo è mantenere il riserbo sino al 25 settembre, data ufficiale in cui uscirà la prima edizione italiana dell’Huffington Post, testata on-line, che prende il nome dalla sua fondatrice greca, Arianna Stassinopoulos, naturalizzata come signora Huffington negli Stati Uniti. Era il 2005 e la nuova realtà nata nel web, mezzo di comunicazione cui è rimasta fedele, si proponeva sul mercato editoriale americano in netta contrapposizione rispetto ai modelli della stampa tradizionale. Il nuovo sito si sviluppava come un aggregatore di blogger che gestivano in piena autonomia la propria pagina e il proprio seguito. Un modello vincente che ha portato alla crescita incontrastata dei visitatori unici del sito, arrivati ad oggi a 50 milioni e alla continua richiesta di adesione al progetto da parte degli autori che hanno superato quota 3000. Un contributo da parte di diligenti e laboriosi volontari che, grazie al loro lavoro costante, hanno aumentato il traffico in rete, i visitatori e di conseguenza gli introiti pubblicitari. Una collaborazione che ha, dunque, agevolato l’ascesa e ha portato all’acquisizione della testata da di AOL per 315 milioni di dollari
Nel frattempo però il modello Huffington ha fatto scuola e ha portato all’espansione della testata stessa che ha aperto diverse sezioni capitanate al femminile in tutto il mondo (Canada, Spagna, Inghilterra, Francia). L’idea di fare utenti sfruttando la collaborazione a titolo gratuito dei blogger, attirando così introiti pubblicitari e l’attenzione anche di giornalisti di valore e professionalità, interessati ad intervenire nei siti che garantiscano maggiore visibilità, è stato ripreso da parte di innumerevoli gruppi editoriali. Nello specifico nel nostro paese, il modello Huffington è stato assimilato appieno dall’edizione online del Fatto Quotidiano e dall’esperimento della recente testata Linkiesta, due realtà che non attingono dai finanziamenti pubblici. L’assorbimento del sistema Huffington non si è limitato al solo aspetto formale, ma, per quanto attiene l’universo dei media italiani è andato ben oltre, arrivando anche a carpirne la struttura contenutistica.
Il mondo della stampa italiana, infatti, rispetto agli stereotipi europei ha sempre seguito un sentiero a sé. Mentre in Inghilterra e negli Stati Uniti il prototipo del quotidiano si è continuamente distinto rispetto alla stampa scandalistica dei tabloid, mantenendo sempre alto e ricercato il livello delle notizie, perseverando quindi al contempo nel rivolgersi ad un determinato target di pubblico interessato a conoscere le hard news (le notizie incentrate su argomenti di politica ed economia che si contrappongono alle soft news, in genere contenenti tematiche più leggere) in Italia questa netta separazione non c’è mai stata. Come ci ricorda Christian Rocca nel suo blog all’interno del Sole 24 Ore questo è avvenuto perché da una parte il modello del tabloid non ha mai effettivamente attecchito nel nostro paese, dall’altra invece perché lo stile della stampa scandalistica è stato a poco a poco assimilato all’interno delle pagine dei quotidiani generalisti, che hanno in tal modo fatto fronte al costante affanno nella sopravvivenza minacciata dal calo delle vendite. La stampa italiana ha proposto ai propri lettori e, a livello cartaceo, quello che l’archetipo Huffington, di assoluto successo, ha lanciato sul mercato del web americano nel 2005 ponendosi così in antitesi rispetto al giornalismo tradizionale. Forse la stampa italiana già prima del successo dell’aggregatore americano si era posta la domanda più angusta da affrontare e da sciogliere per chi fa questo mestiere: cosa vuole il pubblico davvero? E piuttosto che scegliere tra la risposta del magnate Rupert Murdoch, convinto sostenitore che il contenuto debba rispecchiare appieno la volontà dei lettori (con i risultati a cui purtroppo abbiamo assistito lo scorso anno con lo scandalo che ha travolto la redazione del News of the World per i suoi metodi di lavoro molto discutibili) o quella che invece sosteneva Albert Camus, che oltre ad essere romanziere svolgeva anche il suo mestiere di reporter investigativo per l’Alger Républicane: informare i lettori non vuol dire sempre dare al pubblico quello che vuole ma riscoprire il ruolo didascalico del giornalista nei confronti dell’opinione pubblica, scegliendo e vagliando le notizie da riportare.
Nella sua presentazione durante il premio giornalistico Ilaria Alpi, Lucia Annunziata la designata direttrice dell’edizione italiana dell’Huffington Post ha affermato che il suo metodo di lavoro si discosterà in qualche modo da quello della matrice originaria, cercando di porre come centrale il ruolo delle hard news che saranno frutto dell’attività dei 14 giornalisti di redazione e altri 20 collaboratori esterni. Forse sarà l’unica via d’uscita per cercare di contrastare una concorrenza molto diretta e spietata dei siti web di altrettante realtà editoriali già ben collaudate in Italia.
Forse la domanda che le redazioni emergenti devono porsi per emergere non è solo più cosa vuole il pubblico, ma cosa cerca di nuovo e diverso nel panorama dell’informazione l’opinione pubblica e quali possano essere le strade per carpirne in questo modo l’attenzione. Sebbene l’esperimento Huffington nella sua diffusione capillare in tutto il mondo, in espansione costante oltretutto, sia encomiabile al fine di creare un’informazione diffusa a livello internazionale e meno autoreferenziale, tuttavia non bisogna tralasciare gli interessi dei diversi target di lettori nei paesi d’origine e il loro rapporto con la stampa.
In attesa dunque di conoscere la squadra operativa dell’ex presidente della Rai, vi segnaliamo un esperimento portato avanti dalla giornalista del Secolo XIX, Diana Letizia, la quale ha comprato il dominio web ariannahuffington.it, che prima della sua richiesta di acquisizione era totalmente libero. A questo dominio troverete tutti i particolari della sua iniziativa, volta ad attirare l’attenzione della redazione centrale dell’Huffington Post. Per l’uscita ufficiale invece del sito huffingtonpost.it non resta che attendere il 25 settembre.